L’evoluzione della possibilità di sperimentare dopo il trapasso

Insegnamento filosofico 13
Evoluzione… già, evoluzione. Ma che cosa intendiamo noi per evoluzione, questa evoluzione che viene ogni tanto tirata in ballo e di cui si parla senza sapere con precisione a che cosa ci si vuol riferire?
Sappiamo – perché vi è stato detto di recente – che in realtà non si può parlare di evoluzione spirituale perché lo spirito è nato perfetto; evoluzione non è altro che il rendersi consapevole da parte dell’individuo del proprio essere, e quindi del proprio sentire.
Ma questa evoluzione – ci si potrà chiedere ad un certo punto – avviene soltanto nel piano fisico, quindi avviene soltanto quando l’individualità incarnata è stimolata dalla vita di tutti i giorni, è stimolata dall’ambiente esterno, è stimolata dalla sua stessa interiorità, oppure esiste anche una sorta di evoluzione nel mondo dello spirito? […]
Per evoluzione nel mondo spirituale si intende quindi il fatto che l’individualità appena lasciato il corpo fisico riesce con tempi più o meno brevi e più o meno adatti al livello evolutivo dell’individualità stessa, a mettersi in contatto con la propria coscienza.
Però per capire bene questo, bisogna vedere cosa succede fin dall’inizio.
Prendiamo quindi, per esempio, un individuo che si trova alla sua prima incarnazione umana: l’individuo compie la sua vita e poi, come sempre accade, lascia il corpo fisico.
A questo punto si trova proiettato in un altro mondo, il mondo del piano astrale. A poco a poco si spoglia delle scorie del corpo astrale stesso e si trova proiettato nel mondo del piano mentale. Qui si spoglia a poco a poco delle scorie del corpo mentale ed incomincia a mettere il primo mattoncino del suo corpo akasico che, come sapete, è sempre lo stesso per ogni vita successiva.
Il fatto di spogliarsi dei corpi che ho appena nominato avviene – per questa creatura alla sua prima incarnazione umana – in un modo totalmente inconsapevole, di modo che questa individualità si ritrova nuovamente incarnata senza avere la minima consapevolezza di avere avuto una vita spirituale.
A mano a mano che questa individualità nasce e muore, pone un mattoncino sopra l’altro nel suo corpo akasico (“mattoncini” che altro non sono che comprensioni acquisite attraverso le esperienze da incarnati, ndr) e accade allora che incomincia a prendere, ad avere, una maggiore consapevolezza, cosicché quando – mettiamo – ha messo dieci mattoncini, nel momento in cui essa abbandonerà il proprio corpo fisico si ritroverà nel piano astrale – come voi ben sapete – non del tutto inconsapevole come accade per chi – mettiamo – ha posto soltanto due mattoncini.
A questo punto – cioè nel momento in cui l’individualità ha una maggiore consapevolezza di se stessa – oltre ad essere consapevole di trovarsi su un altro piano di esistenza diverso da quello fisico, ha anche la possibilità di far durare la sua permanenza su questo piano d’esistenza a seconda dei propri bisogni, a seconda delle proprie necessità, e comincia a poco a poco a ricreare attorno a , in questo piano astrale, le condizioni per ritrovare quelle soddisfazioni che non ha potuto o non è riuscita ad avere nel corso della sua vita nel mondo fisico.
Accade così nelle prime esistenze un poco più consapevoli si possono trovare individualità che fanno durare la loro permanenza nel piano astrale per un periodo piuttosto lungo.
Lo stesso accade poi per il piano successivo, per il piano mentale. Però una volta abbandonato il piano mentale – non essendo ancora la sua consapevolezza molto ampia – il suo andare e permanere nel piano akasico resta ancora inconsapevole, sicché dopo aver abbandonato il piano mentale l’individuo si risveglia nuovamente incarnato.
Quando, mettiamo i mattoncini sono diventati venti, l’individuo incomincia a prendere maggiore coscienza e comincia ad essere consapevole anche del suo permanere nel piano akasico.
Questo suo permanere nel piano akasico è quello che gli permetterà, nella vita successiva, di avvertire veramente tutti gli altri come propri fratelli, di avere una maggiore sensibilità, di avvertire i problemi degli altri, di rispettarli al massimo, di essere pronto e disponibile a dare una mano a tutti quanti, a fare, insomma, tutte quelle bellissime, gratificanti cose che da sempre vi sono state insegnate.
Questo è quanto si intende quando si parla di evoluzione nel mondo dello spirito.
Quando l’individuo lascia il proprio corpo fisico e si trova proiettato nel mondo dello spirito, compie una evoluzione a livello di comprensione (come abbiamo detto prima) ma soprattutto di consapevolezza, di raggiungimento di una maggiore consapevolezza.
Egli potrà, nel mondo dello spirito, rivedere la propria vita, sia a livello emotivo sia a livello mentale, per arrivare quindi a comprendere i propri errori allo scopo di non commetterli più.
Vi sono individualità, individui, che si fermano ad esempio nel piano mentale per periodi di tempo molto ma molto lunghi, infatti nel piano mentale è possibile – soprattutto per coloro che sono amanti dello studio – poter conoscere tutte le cose che in vita non si sono, per varie ragioni, potute conoscere, vi è quindi la possibilità di continuare i propri studi, approfondire le conoscenze, fare nuove scoperte, rivolgersi a ricerche desiderate in vita ma non realizzate.
Quindi quello che voi lasciate e che vi sembra venga interrotto verrà senz’altro ripreso, perché non v’è nulla che possa essere davvero interrotto! Vito

Ma la realtà, allora, è rapportata all’evoluzione?
Bene, questa domanda così semplice è giusta ed investe problemi molto alti e complessi; io mi limiterò, questa sera, a rispondere brevemente, lasciando spazio eventualmente in altre sedute successive a questo stesso tema.
La risposta non può che essere positiva: la realtà è necessariamente rapportata a quella che è l’evoluzione individuale.
D’altra parte basta pensare a quanto è stato detto fino ad ora negli incontri di insegnamento: se l’evoluzione di ognuno di voi condiziona la vostra percezione della realtà rendendola soggettiva a voi stessi, è evidente che una maggiore evoluzione vi permette di abbracciare una maggiore realtà e, di conseguenza, è vero anche l’inverso: che l’abbracciare una maggiore realtà significa che s’è raggiunta una maggiore evoluzione. Scifo


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8 commenti su “L’evoluzione della possibilità di sperimentare dopo il trapasso”

  1. Inevitabile chiedermi, “a che punto sarò arrivata?” Poi colgo tutto il limite di questa espressione che denota un’identità in cerca di gratificazioni. Non credo sia importante guardare ciò che si è appreso, ma quanto ancora abbiamo da imparare, cercando di non soffermarci sul già compreso. Mi conforta sapere che ciò che abbiamo acquisito rimane, ma la strada è ancora lunga.

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