L’abitudine, l’insoddisfazione e la loro origine 1

Il tema della riunione di oggi è stato “l’abitudine”, quell’abitudine che ora sconfina nella cristallizzazione, ora sembra trasformarsi in noia, ora diventa un appiglio a cui aggrapparsi allorché si cerca magari di sfuggire una realtà non più piacevole o gratificante.

Altre volte, ancora, diventa un mezzo per riacquistare velocemente un equilibrio che sembrava stesse spezzandosi; tutte queste valenze si possono trovare nell’abitudine. 
Questo perché è un termine molto impreciso, molto vario e che, come tale, ha in tutte le connotazioni possibili e immaginabili se riferito a tutti gli individui, in quanto ognuno di voi porta in sé le proprie motivazioni e le abitudini a cui sottostà sono in realtà figlie di queste motivazioni interiori.

Qualcuno giustamente ha detto, come parole definitive, che importante è ignorare le abitudini che non provocano problemi e, invece, usare quelle che provocano problemi per arrivare più in profondità di se stessi e usarle, quindi, come un trampolino per tuffarsi nel proprio intimo, per cercare di arrivare a comprendere quali sono le spinte, le insoddisfazioni, i perché che fanno sorgere quelle turbolenze interiori che inducono l’individuo a volgersi verso abitudini che finiscono, poi, per dare delle cristallizzazioni. 

Questo certamente è un punto importante da tener presente ed è sempre – come noi diciamo – il “conosci te stesso” che, in qualche modo, riesce a far capolino da ogni argomento che noi, di volta in volta, nel corso degli anni vi andiamo presentando.
Esso, inevitabilmente, è sempre la base da cui partire per arrivare a quei concetti più profondi che coinvolgono non soltanto la vita di tutti i giorni di ognuno di voi, ma anche quel qualcosa di più grande – e in gran parte sconosciuto – che è sommerso dentro di voi e che è vostro compito far galleggiare il più possibile nella vostra coscienza.

D – Ci sono delle abitudini che sono magari delle rotaie della nostra quotidianità, ma che sono anche positive, ci danno sicurezza ma non hanno una connotazione negativa. Certe abitudini invece diverse, cioè il non saper vedere “il nuovo”, quelle sono abitudini che portano alla cristallizzazione.

Vedi, cara, le abitudini – queste rotaie di cui parlavi un attimo fa – hanno la loro funzione se servono principalmente per ristabilire equilibri interiori che rischiano di provocare sofferenza. Le difficoltà iniziano quando queste abitudini, una volta che sono state provate, sperimentate, usate come mezzi utili per trovare questo rallentamento delle tensioni interiori, vengono poi ripetute, reiterate dall’individuo per continuare ad ottenere questa apparente riappacificazione interiore; insomma quando “l’abitudine diventa un’abitudine”, a quel punto diventa veramente pericolosa poiché diventa un appiglio – per buona che possa essere stata in partenza – per non osservare cos’è che fa nascere la necessità di quell’abitudine all’interno dell’individuo

Questo, alla fin fine, non fa altro che riagganciarsi a certi corollari di ciò che abbiamo detto in questi anni, ovvero:
– l’essere sempre diversi ogni giorno,
– il mutare se stessi,
– l’essere pronti ad abbandonare tutto ciò che si riteneva valido;
quindi, in poche parole, l’essere pronti ad abbandonare qualsiasi abitudine, per rassicurante che essa possa essere, perché viene sempre il momento in cui c’è qualcosa nella vita dell’individuo che porta al cambiamento, al mutamento, e quindi le abitudini diventerebbero poi degli anacronismi che vanno certamente con coraggio affrontati e abbandonati. 

D – Mi sembra che quello che trattiene di più dal fare questi cambiamenti, e anche dalla conoscenza di se stessi, sia proprio la paura, e allora mi potresti chiarire meglio come mai l’uomo ha così tanta paura?

Ma non è l’uomo in se stesso che ha paura, è l’Io di ogni individuo che ha paura di essere rivelato nella sua vera natura; come un’ombra fittizia che ha acquistato importanza mentre, in realtà, non ha poi quella così grande importanza che ritiene, cerca, si sforza di far vedere di avere. 

Quello che ha paura e che contrasta il vostro tentativo di andare in profondità non è altro che questo Io, questa – lo ripetiamo sempre – cosa fittizia che nasce spontaneamente, ma che è anche utile e necessaria, ed è giusto che ci sia per trasmettere gli stimoli all’individuo per andare avanti attraverso il contrasto con la realtà, ma che, tuttavia, deve dare il movimento a ogni persona affinché essa trovi all’interno di sé qualche cosa di diverso, di più stabile, di più concreto.

Una delle funzioni dell’Io è anche quella di far arrivare a comprendere all’individuo che ha bisogno di equilibrio, un equilibrio che l’Io soltanto apparentemente può fornire, poiché il suo tentativo di gratificarsi lo mette sempre in condizioni tali da dover affrontare esperienze che gli mostreranno che non è così importante come egli cerca di far credere, e questo porterà, così, a degli scompensi, a degli squilibri. 

E il timore di affrontare questa realtà è ciò che provoca la paura nell’individuo. E’ necessario quindi, per rimuovere questa paura, osservarla dentro di sé, arrivare a comprenderne le motivazioni, arrivare a modificare quei perché che la fanno nascere e, quindi, a stemperarla, un po’ alla volta, modificandola in forme sempre meno paurose e meno difficili da affrontare.

Molto avete parlato della donna; questa donna della favola che vive un rapporto fatto chiaramente di abitudine e che pure, interiormente, non la soddisfa, e – nell’ottica di quello che dicevamo prima – è proprio il suo Io che è insoddisfatto in quanto, checché faccia il marito, ha bisogno di sentirsi amata in modo più palese; quindi vorrebbe che questo presunto amore che il marito nutre nei suoi confronti venisse esternato in modo più evidente, in modo tale da sentirsi gratificata ai suoi stessi occhi. 

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Ecco, così, che arriva a rinfacciare al marito il fatto che egli non le dica mai che la ama, e la cosa continua al punto tale da diventare a sua volta – per assurdo – un’abitudine; quindi un tentativo, in qualche modo, di uscire da una situazione insoddisfacente finisce poi, alla fine, per creare un’altra situazione insoddisfacente, che diventa un’abitudine nella quale poi la donna cristallizza, se ci pensate bene.

Ecco, questo è tipico di un comportamento che molti tra voi tengono: quando vi trovate in situazioni spiacevoli cercate, sì, di uscire da queste situazioni, sottoposti agli stimoli interiori, ma andate, alla fine, a creare nuove situazioni – anche inconsciamente – che cercano di rompere quell’abitudine che in qualche modo vi disturbava, finendo col creare una situazione che non ha risolto i problemi che erano nella prima; anzi, questi si aggiungono ai problemi creati dalla nuova situazione, che diviene, anch’essa, un’abitudine e che, nella maggior parte dei casi, finisce per portare avanti una catena che, se non viene spezzata, genererà nuova sofferenza.

Per questo, fratelli, quando vi accorgete della vostra insoddisfazione, quando vi accorgete che la vostra vita non vi gratifica o “sembra” non gratificarvi o darvi ciò che voi volete, quando sentite quel nervosismo sotto pelle che rende i vostri giorni noiosi, sempre uguali, insopportabili a volte, fermatevi un attimo prima di dare il via a una catena di cause-effetti che vi porterà verso una sofferenza maggiore.

Fermatevi per il vostro stesso bene ed osservate ciò che state vivendo, non proiettando sugli altri le colpe della vostra insoddisfazione, ma cercando dentro di voi i segni di essa in modo tale da poterla risolvere, da poter comprendere cos’è che vorreste veramente, e a quel punto, se davvero volete dare una svolta alla vostra vita, darla nel modo migliore e che meno sofferenza possa poi portare per voi. 

D – Rodolfo, scusa; questo senso di insoddisfazione – come è già stato accennato la volta precedente – deriva sempre da un messaggio che il sentire ci manda?

Senza dubbio il vostro corpo akasico, allorché si trova in una situazione di cristallizzazione, deve fare qualche cosa per smuovervi da quella situazione, altrimenti la sua esperienza risulterebbe inutile, non vi sarebbe nuovo allargamento di sentire, nuova comprensione; ecco così che le vibrazioni che continua ad inviare assumeranno un’intensità tale per cui l’individuo sarà portato a reagire in qualche modo all’interno del piano fisico per uscire da questa cristallizzazione, e questo – come ho detto prima – farà sì che sia l’Io stesso dell’individuo a portarlo ad agire; tanto è vero che, esaminando come vi comporterete, cioè come il vostro Io vi avrà spinto a comportarvi, sarebbe possibile arrivare a comprendere quali sono le vostre motivazioni e qual è la vostra necessità di comprensione.

Perché ricordate – come abbiamo detto ultimamente – che alla fin fine l’Io, questa risultante, quest’ombra sul piano fisico di voi stessi, non è altro che l’esempio di ciò che il vostro corpo akasico non ha ancora compreso e quindi su esso è giusto operare il più possibile. Rodolfo


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8 commenti su “L’abitudine, l’insoddisfazione e la loro origine 1”

  1. Inno all’Io!
    Interessante. Dopo aver ritenuto l’io la causa di tutti i mali, finalmente viene presentato in chiave positiva.

    Imparare sempre più a dare il giusto valore a tutto ciò che costituisce l’individualita’.
    Questa la strada…

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  2. L’Io non va negato, ma va compreso e nella comprensione, in un certo qual modo e misura, è superato. Superato nelle sue pretese di assolutezza e di autonomia, ma è reintegrato nella sua funzione di “spia” della non-comprensione.
    Del resto, se l’Assoluto è presente in ogni aspetto della Realtà, sia essa come Essere o come divenire, come potrebbe un elemento della Realtà, seppur illusorio, essere inutile, dannoso?
    Grazie.

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  3. Essere diversi ognu giorno
    Murae se stessi, essere disposti a cambiarere le proprie opinioni.
    Mi sembrano propositi da fare propri, anche se di non semplice realizzazione

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