Ognuno edifica la propria sofferenza e cerca di liberarsene

Ci è stato chiesto più volte il perché della vita, quale senso cioè abbia l’essere immersi nel mondo della materia, l’essere partecipi del piano fisico, e ancora più spesso che significato ha nascere, morire, rinascere e morire ancora, e via e via e via.
Naturalmente, come mio solito, non intendo dare questa sera una risposta accettabile a queste domande (domande che, d’altra parte, premono un po’ a tutti coloro che si avvicinano a questo tipo di insegnamento), ma vorrei invece prendere spunto da questo fatto per fare alcune osservazioni: se io dovessi rispondere a questo quesito sulla base dell’osservazione compiuta sulla vita, sulla pelle, sul vivere di tutti i giorni dell’essere incarnato, direi che i perché della vita potrebbero essere indicati dall’avidità, dal desiderio di potere e di potenza, dal dar ragione ai propri istinti, dal seguire le proprie passioni, dall’arricchirsi e via, e via, e via… ma questa sarebbe certamente una risposta semplicistica.
Forse un po’ meno semplicistico è invece affermare che tutte queste motivazioni, che a prima vista possono apparire agli occhi di chi osserva il mondo intorno a , possono essere invece ricondotte a qualcosa di più profondo: a una ricerca interiore dell’individuo in cui soltanto esteriormente, soltanto come maschera, tutti quegli elementi che prima ho citato compaiono.
In realtà la principale spinta, il principale perché della vita di ognuno di voi – quanto meno osservando la vostra vita di tutti i giorni – è costituito dal cercare di sfuggire la sofferenza.
Cercare quindi di non soffrire per ciò che gli altri fanno nei propri confronti, cercare di non soffrire per il dolore fisico, cercare di non soffrire per le delusioni che in continuazione si vivono, cercare di non soffrire allorché i figli si allontanano, allorché gli amori finiscono, allorché le famiglie si disgregano, allorché il lavoro non soddisfa…e via, e via, e via.
Se voi osservate attentamente ciò che vivete tutti giorni in ogni attimo, potete sempre scoprire – andando un po’ a fondo in voi stessi e nelle cause che vi tormentano – che ciò che voi desiderate principalmente è riuscire ad evitare, a sfuggire, ad annullare la sofferenza.
Ecco, questo tentativo di vincere la sofferenza, di riuscire ad aggirarla, a stornarla in qualche modo, può da tutti voi essere preso come prima meta del vostro cammino evolutivo. Infatti se tutti voi riusciste ad avere ben presente che desiderate non soffrire, gran parte del vostro soffrire inevitabilmente sparirebbe!
Perché questo? Perché se voi, creature, vi accorgeste di non voler soffrire e davvero vi convinceste fino in fondo che la sofferenza non vi sta bene e che preferite gioire, essere felici, contenti e sereni, allora comincereste un po’ alla volta a rifiutare tutti quei comportamenti, quelle azioni di tutti i giorni che, prima o poi, finiscono col condurvi proprio alla sofferenza. Parlo non tanto delle grosse azioni che potete scorgere leggendo i vostri quotidiani, ma di quelle piccole azioni che tutti i giorni commettete nei confronti di voi stessi e dei vostri simili e che – ripeto – inevitabilmente vi portano ad avere un pagamento in sofferenza e in tormento.
“Certo – direte voi – questo può anche andar bene, però prospetta semplicemente una causa, non dice come eliminare questa causa, come fare a sfuggire veramente questa sofferenza”. È vero, osservare se stessi può anche essere d’aiuto ma, tant’è, v’è sempre quella famosa mente che crea fantasmi su fantasmi e questi fantasmi non smettono mai di sussurrare “fai, fai questo, fai quello”, finendo col far precipitare nella sofferenza; e questi fantasmi che a volte sussurrano, molte volte urlano con tal forza che è quasi impossibile non ubbidire, è quasi impossibile non farsi trascinare ad agire, a commettere quelle azioni.
Alcuni anni fa abbiamo incominciato a parlare dei vari piani di esistenza; abbiamo incominciato a parlare della materia, e per diversi incontri ho tediato gli astanti parlando della materia, della sua composizione, arrivando alla conclusione che tutto il piano fisico che voi conoscete è costituito in realtà da un unico elemento, un’unica particella sempre uguale, arrivando a denominare questa particella “unità elementare del piano fisico”. E se ben ricordo (ma vi garantisco che ho un’ottima memoria!) quel ciclo di insegnamenti era terminato con un’affermazione gettata lì apparentemente a caso e sulla quale non siamo più ritornati, e nessuno – d’altra parte – ha meditato un po’ più approfonditamente.
Il messaggio infatti terminava dicendo che, alla fin fine, se tutta la materia del piano fisico è costituita dallo stesso tipo di materia, non vi può essere e non vi è alcuna differenza tra una pietra preziosa e una pietra senza alcun valore (anche se gli esempi usati non erano proprio questi, ma il paragone, il confronto, non perde nulla della sua validità).
E ancora si affermava che se tutti coloro che ascoltavano arrivavano ad assentire, a pensare che ciò che avevo affermato era un’affermazione, una conseguenza logica, allora bisognava che queste persone stessero molto attente, perché non si rendevano conto, sul momento, del fatto che il loro assentire aveva delle conseguenze ben più grandi, ben più ampie di quanto si immaginassero.
Voi direte: “Il nostro Scifo, come al solito, va per i fatti suoi: parte da un punto, arriva ad un altro e non si capisce più nulla!”
Alla fine, però, vedrete che gli sproloqui che fino a questo momento vi ho portato si fonderanno in uno stesso tema, in uno stesso fiume.

Infatti, ritornando a quanto vi dicevo a proposito della materia, se voi davvero riusciste a convincervi che tutta la materia del piano fisico ha lo stesso identico valore e quindi non vi può essere differenza reale tra un oggetto prezioso e un oggetto giudicato di nessun valore, se davvero riusciste a convincervi fino in fondo del vostro intimo, non soltanto a livello mentale – così come era stato all’epoca in cui quei messaggi erano arrivati – inevitabilmente ciò dovrebbe portare a delle conseguenze.
Sono conseguenze non soltanto a livello mentale, a livello teorico, ma anche proprio a livello pratico di vita di tutti i giorni: infatti con quella convinzione interiore che senso avrebbe accatastare denaro? A che pro, quando accatastare denaro o accatastare mele finirebbe poi con l’avere lo stesso valore, quanto meno ai propri occhi, al di fuori dei condizionamenti sociali?
Che senso avrebbe adornarsi, agghindarsi, vestirsi alla moda e via e via e via, quando interiormente ci si renderebbe conto che un vestito firmato o un vestito non firmato sono esattamente la stessa cosa, al di là dei fantasmi che la mente e la società impongono?
Questi sono solo due esempi, ma potete da soli – immagino e spero – trarre le conseguenze ed arrivare a tutti gli altri possibili esempi di ciò che ho appena affermato, e che lega tutto questo con l’inizio del mio discorso. Lega in modo molto chiaro, molto evidente, perché se voi vi osservate nella vita di tutti i giorni potete vedere che, ad esempio, è proprio la ricerca di accatastare denaro che finisce con il portarvi alla sofferenza, è proprio il desiderio di possedere il vestito firmato, che altri hanno e che voi non avete, che finisce con il portarvi tormenti e problemi di varia natura.
Sono proprio questi elementi quindi che vi danno quella sofferenza che voi, in realtà, proprio nel più profondo del vostro intimo desiderereste evitare.
Come vedete, anche se nel mio solito modo tortuoso, sono riuscito ad arrivare là dove volevo arrivare; ma, prima di lasciarvi per non appesantire troppo la serata, io vorrei aggiungere ancora qualcosa che riguarda ciò che noi veniamo a fare tra di voi, l’insegnamento che portiamo, le parole che vi porgiamo ogni volta che siamo tra di voi.
Ho sentito molti di voi affermare che ciò che noi diciamo è bello, è giusto, è etico, è logico, però tra il parlare ed il fare, il riuscire a fare e mettere in atto, il passo è molto ma molto lungo.
Io invece vi dico, creature, che il passo, in realtà, è molto ma molto corto e il fatto che sembri lungo è un ulteriore fantasma della vostra mente che trova più comodo rifugiarsi in questa scusa piuttosto che cominciare a reagire e a mettere in pratica, non nelle grandi cose con grandi sforzi, ma per lo meno nelle piccole cose che – attraverso scuse e non agire – continuate a non compiere.
Ed il nostro lavoro tra voi, il nostro parlare, non è soltanto un lavoro, un parlare a livello teorico, ma ha lo scopo ben preciso di fornirvi una base per rendere pratico, in atto nella vostra vita di tutti i giorni, ciò che noi diciamo; perché se davvero voi arriverete a credere, a comprendere, ad accettare ciò che noi vi prospettiamo, allora potete stare tranquille, creature, che la sofferenza l’avrete vinta e sarete al di fuori di ciò che tormenta i vostri giorni e le vostre ore; ma su quest’argomento lungo, difficile, e forse anche pesante per alcuni, ci sarà ancora occasione di ritornare. Scifo


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8 commenti su “Ognuno edifica la propria sofferenza e cerca di liberarsene”

  1. Grazie per questo post, illuminante sotto tanti punti di vista.
    Proprio in questi giorni mi accorgo che troppo non agisco perché l’azione rimane bloccata nei pensieri e nei giudizi, negandomi esperienze utili per evolvere.

    Se vuoi cambiare la tua vita, cambiala!

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  2. È splendido Scifo! Il suo tipico “e via, e via e via…” a volte è più esplicito di molte altre parole! Come lui stesso ammette sembra che ad un certo punto perda il filo, in realtà, con una logica ferrea e spiazzante, esprime verità che alla fine risultano inopinabili. Grazie!

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  3. Sostituendo la brama di denaro o il bisogno di vestire firmato, in cui non mi riconosco, con altri bisogni, che invece mi riguardano e sono altrettanto forieri di sofferenza, sento calzante il ragionamento di Scifo.
    Grazie

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  4. Tutto sta nel riuscire ad ascoltare i propri fantasmi…le voci che gridano il divenire affannoso e che portano alla logorazione e ad una vita sofferta…
    Invece di lasciar fluire…

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