D – Sinceramente non capisco perchè le Guide abbiano posto l’accento sulla parola femminicidio, quando invece mi sembra lampante quanto il fenomeno dell’omicidio di donne da parte di uomini stia diventando davvero preoccupante.
A me dà proprio invece l’impressione che sia un problema di rapporti tra uomini e donne, in cui è evidente che un certo tipo di uomo ricorre alla violenza fisica e psicologica e all’omicidio per imporre la propria volontà sulla donna lì dove pensa di non poterla più esercitare. Credo proprio che siamo di fronte ad un evidente divario evolutivo, sono convinta infatti che in generale la donna sia molto più evoluta dell’uomo (con tutte le dovute eccezioni sia fra gli uomini che fra le donne).
Il linguaggio molte volte finisce con il complicare, con la moltiplicazione dei suoi termini, quello che, in fondo è molto semplice. Siamo davvero sicuri che fosse necessario creare un nuovo termine (oltre ai molti che già esistono) per descrivere una particolare forma di omicidio? Allora potremmo continuare a creare termini ulteriori: maschicidio, negricidio, transgendericidio, omosessualicidio e via dicendo!
Io credo che, in fondo, basterebbe il solo termine “omicidio” perché, rendendo la cosa ai minimi termini, i protagonisti sono sempre gli stessi: chi è ucciso e chi uccide, e questo comprende tutte le possibili variabili riguardanti le due figure al centro dell’azione.
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L’assunto etico-morale è che, in armonia con il Creatore della Realtà, la vita è sacra e non può fare una grande differenza il fatto che l’ucciso abbia una particolarità o l’altra: le etichettature poste finiscono col creare di per sé disparità di concezione e finiscono con il fare apparire il concetto di omicidio meno importante da una situazione ad un’altra, perdendo per strada la concezione primaria ovvero – e ci tengo a ripeterlo – che la vita è sacra e che nessuno dovrebbe volerla togliere ad un’altra creatura.
Che vi sia un forte divario evolutivo tra uomo e donna (semmai vi è, anche se non sempre, un diverso modo di interagire con l’esistenza che può essere fortemente dannoso ed egoistico per entrambe le categorie in oggetto), se ci pensate bene, non può veramente essere un’ipotesi accettabile.
Non possiamo dimenticare, infatti, che nel corso di ogni percorso incarnativo non si è mai stati solo uomini o solo donne, ma ogni creatura è stata di volta in volta sia maschio che femmina. Il che significa che ciò che è un uomo è frutto anche delle esperienze che ha affontato quando era donna e viceversa e, anzi, è anche proprio dalle risultanze e dalla sintesi delle esperienze vissute in entrambe le condizioni che l’individuo è quello che è ad ogni nuova incarnazione.
Senza contare che se davvero si pensasse che l’incarnato femmina è più evoluto dell’incarnato maschio questo significherebbe che la stessa individualità esprime a ogni incarnazione un livello evolutivo ben diverso, il che, come sappiamo è un non senso logico, dal momento che l’evoluzione dell’individuo è costante, continua e senza sbalzi di qualità da un’incarnazione all’altra.
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