Dare senza attendersi una gratificazione

Succede a tutti voi nella vita di tutti i giorni di provare a cercare di tradurre in pratica ciò che noi così spesso vi diciamo, di rivolgervi agli altri presentando loro le nostre parole, di cercare di aprirvi agli altri, di cercare di aiutarli, di farvi sentire vicini, e molte volte accade che queste persone verso le quali ognuno di voi a volte dirige il proprio sentire diano una risposta negativa, accade di non ricevere, ad esempio, un grazie per quanto è stato fatto.

Eppure, come qualcuno può dire, il piacere di ricevere un grazie, una gratificazione è un sentimento umano e normale. Tuttavia io vi dico, figli, che è importante riuscire ad andare oltre a questo, è importante per riuscire a dare e a fare sempre di più per gli altri; è importante, poiché riuscire a dare ciò che si sente agli altri senza aspettarsi una risposta positiva, significa aver veramente compreso interiormente che l’importante è il dare e non il ricevere.

Capire questo significa perdere molte delle tensioni che ognuno di voi avverte nel corso delle giornate: molto spesso voi vi adirate con gli altri perché non vi rispondono come sarebbe, magari, anche giusto che vi rispondessero: molte volte tramutate in astio un passo che avete fatto soltanto perché la persona verso cui vi siete rivolti ha rifiutato l’incontro con voi o il vostro aiuto o le vostre parole, arrivando a definirla superba o stupida, o via dicendo.
E tutte queste piccole cose che sembrano inezie si ripetono quotidianamente e più di una volta nel corso delle vostre giornate, cosicché se voi riusciste, figli, ad imparare davvero a dare agli altri non per avere una gratificazione da loro, ma proprio per la gioia, per il piacere di dare, se voi riusciste a imparare questo, miei cari, otterreste il risultato di eliminare dalle vostre giornate gran parte di quelle tensioni che vi opprimono, ricevendo in questo modo gratificazione, una gratificazione che, senza dubbio, è molto più positiva di qualunque parola detta da altri che, magari, la dicono soltanto perché è d’obbligo ringraziare o perché il galateo dice che è giusto farlo.

Agite dunque verso gli altri senza aspettarvi che gli altri vi ricompensino e la ricompensa verrà a voi, immediatamente, e molto più grande di quanto voi avreste potuto immaginare.

Alcune parole del Cristo, parole così belle, così dolci, così piene di Amore e di insegnamento hanno dato dei precetti universali all’umanità, ma come tutte le parole così facilmente travisabili, così facilmente mal comprese e mal interpretate, vengono a volte interpretate adattandole ai propri bisogni personali.
Prendete ad esempio, figli, la famosa frase del “non essere tepidi” e pensate come qualsiasi insegnamento possa avere un valore diverso se viene riferito ed ascoltato da persone di diversa evoluzione.
Cerchiamo di vedere come anche questa semplice frase possa essere adattata al momento evolutivo degli individui.

1- Così per la persona di bassa evoluzione che tende a cristallizzarsi sulle sue posizioni, l’essere caldo o freddo ma non tepido, ha il significato di scuotersi da questa cristallizzazione, agire nel bene o nel male, creare quindi per se stesso delle cause karmiche, affinché queste cause lo facciano uscire dalla spirale di apatia in cui tende a sprofondare.

2- Per la persona invece di un’evoluzione molto migliore, l’essere caldi o freddi ma non tepidi, non significa più agire impulsivamente, ma significa portare avanti le proprie idee con fede, con coraggio fino in fondo, anche con entusiasmo, ma senza mai dimenticarsi che ciò che fa e ciò che dice si riflette anche su altre persone, le quali possono diventare vittime di questo suo essere caldo o freddo, male interpretato.

3- Per la persona invece che è quasi giunta alla fine delle nascite e delle morti, l’essere caldo o freddo ma non tepido assume il suo significato più vero, più profondo, il significato che il Cristo stesso ai suoi discepoli più intimi aveva spiegato: per queste persone infatti l’essere caldo o freddo significa saper dare ai fratelli di minore evoluzione che stanno intorno ciò di cui essi abbisognano, significa saper essere caldi con chi è freddo interiormente, significa saper essere freddi con chi si lascia divorare dal fuoco e non trova pace in se stesso. Moti


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11 commenti su “Dare senza attendersi una gratificazione”

  1. Proprio l’altra sera si è venuta a creare una piccola scena: una signora in difficoltà con l’auto vicino casa. Scena banale, ma data la tarda serata e la via deserta, molto noiosa per questa donna. Ho offerto il mio aiuto e dopo pochi minuti il problema era risolto. L’aver dato un mano, anche se non in una situazione difficile, mi ha gratificato molto. Importante anche pensare alla potenza in prospettiva che quel piccolo gesto può sviluppare nel tempo: Magari un piccolo aiuto disinteressato può far nascere nelle altre persone una predisposizione a fidarsi, ad aprirsi a sentirsi meno soli e risolvere quindi piccoli grandi nodi. Grazie.

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  2. Consiglio decisamente utile, visto che l aspettativa di un grazie di ritorno è sempre presente, anche se non necessariamente si fa qualcosa per gli altri per essere ringraziati. Voglio dire che l intenzione può essere semplicemente quella di aiutare, e poi, a posteriori, la mente può dire: come, non mi ringrazi?

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  3. Ero in anticipo per un colloquio con la mia terapeuta così ho deciso di entrare nella chiesa li vicino. Mi sono seduto e ho pregato…
    Mi sono alzato e ho camminato verso l’uscita, giunto sulla porta ho tirato il grande portone di legno e proprio in quel momento è apparso davanti a me un anziano in carrozzina spinto da un adulto che volevano entrare, così ho tenuto la porta aperta agevolando il loro ingresso.
    Appeno passati ho fatto un passo per uscire ma è arrivato un secondo anziano in carrozzina spinto da una donna; mi sono fermato e ho tenuto la porta aperta anche a loro.
    Un pò scocciato ho cercato di uscire per la terza volta ma si è palesato davanti a me un terzo anziano in carrozzina… insomma… mi sono rassegnato e ho fatto passare anche lui.
    Morale della favola: era appena arrivato un pullman pieno di anziani per la messa delle 18:00 e io ho tenuto aperta la porta a tutti quanti (circa 20 anziani).

    Mentre accadeva tutto ciò ho notato in me una metamorfosi: inizialmente ero stupito, poi seccato, per un attimo ho cercato la fuga, poi mi sono rassegnato, poi osservando la scena dall’alto mi sono sentito orgoglioso, poi felice e in ultimo riconoscente.

    Ho ringraziato quelle persone perchè mi hanno regalato la possibilità di essere utile senza che io la chiedessi, senza che io la cercassi ma tale possibilità mi è caduta dal cielo.

    grazie

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  4. A proposito di scene proprio pochi giorni fa, dopo aver trattato in ambulatorio il figlio della mia dirigente, ricevo da lei molti ringraziamenti con ipotesi di future occasioni di riconoscenza ai quali ho risposto che non era il caso, che non doveva sdebitarsi di nulla…..non credo abbia capito il messaggio, anzi forse le sono apparsa irriconoscente, presuntuosa e ingrata.
    La scena mi ha portato a riflettere sulle varie interpretazioni che i nostri comportamenti suscitano in relazione al sentire di ogni persona.

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  5. Vorrei mettere in evidenza anche un altro aspetto della questione. Certo non discuto sul fatto che il gesto che muove, non debba avere la pretesa di un riscontro, ma quando si evidenzia dall’altra parte un egoismo perpetrato o anche occasionale, per cui l’altro non si pone il problema di dire neanche un grazie, credo sia utile farlo riflettere su quell’atteggiamento.
    Certo dipende dal contesto, ma chi ravvisa un comportamento opportunista, non va subito passivamente, perché se no, in virtù del fatto che mi sento più buono e comprensivo dell’altro, mi allontano dall’altro. Non faccio riferimento alle situazioni in cui, l’aiuto non viene richiesto, ma a tutte quelle situazioni in cui di dà per scontato che io debba dare. A monte non c’è la pretesa che l’altro debba necessariamente comprendere, ma semplicemente sfruttare l’opportunità che è data ad entrambi da quella scena, di comprendere.

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  6. Mi rendo conto che volendo condensare dei concetti in poche righe, il senso di quello che ho scritto non sia chiaro. Se così è, potremo sviscerare meglio la questione nei nostri incontri.

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  7. Di recente abbiamo avuto ricoverata in reparto una paziente con gravi disturbi psichici e di dipendenza da oppioidi; era molto arrabbiata con tutti noi accusandoci di averla trascurata e non compresa, una furia incontrollata la attraversava. Accanto aveva una giovane figlia, che da sola, che accudiva la.madre con grande premura. Era molto spaventata per le condizioni della madre e temeva di non riuscire a gestirla una volta tornata a casa ( il padre era in ospedale a sua volta e non aveva un buon rapporto con la moglie). La mattina della dimissione c’ero io, la madre era fuori di se, ci urlava contro, non accettava nulla né da noi né dalla figlia. Ho chiamato lo psichiatra senza troppa convinzione, giusto per non lasciare la figlia sola a gestire un problema più grande di lei, ma non ha fatto in tempo ad arrivare, la paziente se ne è andata via stracciando la lettera di dimissioni. La vedo allontanarsi nel corridoio sola…..poco dopo torna la figlia , cerco di aiutarla come posso, le diamo dei farmaci per la madre giusto per tamponare la situazione almeno nell’immediato….vivo un senso di impotenza e di compassione insieme. Nell’andarsene la figlia mi chiede se può abbracciarmi mentre io mi affretto a farle le ricette, la sua richiesta mi tocca e stupisce : era la cosa più naturale del mondo ma non me lo aspettavo, se mai era io a dover abbracciare lei , ma in fondo ha poca importanza. Un incontro in umanità che ripaga tante fatiche e colma di gratitudine.

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  8. Ho letto bellissime testimonianze sull’aiuto gratuito. Comprendo quanto scrive Natascia. Direi che l’aiuto gratuito è più facile quando la situazione si presenta per caso e la persona aiutata non la si conosce. Quando invece il rapporto con l’altro è più stretto è sicuramente utile per lui fargli notare ciò che non vede : in questo caso il dare non può essere unilaterale. Per quanto mi riguarda mi accorgo che mi viene molto spontaneo dare in alcune circostanze, più difficoltoso in altre.

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  9. Il dare implica un atteggiamento di volontà o quantomeno un moto che nasce da un’intenzione.
    Farsi prendere, esteriormente può sembrare uguale ma mancando l’intenzione di chi è deprivato e muovendo forze egoistiche da parte di chi sottrae, mette in atto una scena ben diversa.
    Secondo la mia esperienza e comprensione il dare deve essere sempre inserito in una relazione di rispetto reciproco.
    Pernicioso è sempre risultato il dare incurante; altezzosita’ e umiliazione compaiono nelle parti se alla base non c’è un anelito di relazione.

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