Favola della Regina che chiede attenzioni

Un giorno Re Tlav andò a trovare il suo consigliere, un vecchio saggio che aveva tolto praticamente dal mendicare per strada e che aveva voluto alla sua corte per poter usufruire dei suoi consigli.
Questo vecchio saggio, che si chiamava Ahmed, viveva in una piccola casupola fatta di canne di bambù, senza molte suppellettili, senza lastre di marmo, senza cose pregiate; viveva in maniera molto semplice e, intorno a questa piccola casa fatta di canne di bambù, c’era un piccolo giardino che Ahmed curava con amore e con pazienza nelle sue lunghe giornate tranquille.
Un giorno dunque, Re Tlav con la sua signora, che evidentemente era la regina, si recò da Ahmed e lo trovò seduto in riva al piccolo stagno del suo giardino intento ad osservare le ninfee che galleggiavano sull’acqua.

Re Tlav gli disse: «Ho bisogno di parlarti.»
«Certo, mio signore – rispose Ahmed – sai benissimo che io ti parlo sempre molto volentieri; anzi, vi parlo, perché vedo che sei venuto con la nostra regina.»
«Eh sì – rispose il re – infatti è un problema che riguarda principalmente proprio la mia regina.»

Ahmed si alzò, si avvicinò ai due regali ospiti e disse loro:
«Venite con me.» E li condusse un po’ più avanti su un piccolo praticello che stava davanti alla sua casetta, si sedette sul prato e aggiunse: «Signore, se vuoi sederti qui alla mia destra…» e poi rivolgendosi alla regina e indicandole un piccolo monticello di terra disse: «Mia signora, se vuoi sederti qua starai certamente più comoda.» Chinando graziosamente la testa la regina si accomodò.
Poi Ahmed volse lo sguardo verso il re, aspettando che questi gli comunicasse il suo problema.

Re Tlav, un po’ imbarazzato, incominciò il suo discorso.
«Vedi, Ahmed, la mia moglie preferita è una donna molto sensibile e questa sua sensibilità tante volte le procura dei grossi problemi; infatti non capita giorno che passi per le strade della città, veda qualche mendicante, qualche bambino lacero, stracciato, e torni poi al palazzo piangendo in modo tale che nessun gioiello che io poi le possa regalare riesce a interrompere il suo pianto.
Oppure vede un uccellino con un’ala spezzata e questo uccellino colpisce tanto la sua sensibilità che il suo cuore si fa pieno di pena e passa giorni e giorni chiusa nella tristezza per questo povero animaletto così ferito e per quanto io possa cercare di distrarla facendola presenziare a danze e a spettacoli, difficilmente riesco a penetrare questa sua corazza di tristezza e di dispiacere.
Questo finisce con l’essere un problema, anche perché io vorrei che i nostri sudditi, quando vedono la mia compagna, subito si rendano conto di quanto siamo felici, di quanto ci diamo da fare per loro e di quanto siamo l’immagine di ciò che noi vorremmo che il nostro piccolo stato fosse, cioè sempre allegro e felice di fare sempre tutto il possibile.».

In quel momento la regina lanciò un urlo. Si alzò di scatto da dov’era seduta, si tirò su fino alle ginocchia (non di più perché sarebbe stato scandaloso) il vestito ed incominciò a pestare il monticello di terra su cui era seduta. Il re, allarmato, balzò in piedi cercando di capire cosa stava succedendo.
L’unico che rimase tranquillo a tutta quella scena fu Ahmed che cominciò a parlare con voce sorridente: «Vedi, mio signore, se veramente la tua compagna fosse così sensibile come tu dici, non si lascerebbe prendere da un momento di furia come sta accadendo, arrivando al punto di calpestare e distruggere con i piedi centinaia di piccole formiche sulla cui casa, in fondo, era seduta, e perciò era lei dalla parte del torto!
Questo sta a significare che la sua sensibilità in realtà è soltanto superficiale, soltanto apparente e, anzi, io ti posso dire che molto probabilmente le sue pene e i suoi dolori sono ‘aumentati’ dal fatto che tu, vedendola in quelle condizioni, poi farai di tutto per cercare di farla star meglio. Tant’è vero che tu stesso hai detto che per cercare di rallegrarla le regali gioielli, le fai vedere degli spettacoli e via dicendo.
Bene, mio signore: certamente la tua compagna è una buona regina, certamente possiede una certa sensibilità, però non credere che la sua sensibilità sia poi così grande come tu supponi: in fondo ha ancora tanta, tanta strada da fare…».

Il re, stizzito, prese per mano la sua compagna e, senza neanche più volgersi verso Ahmed, se né andò.
Tuttavia, il giorno dopo, sia Re Tlav che la sua moglie preferita, ritornarono da Ahmed portandogli dei doni e ringraziandolo per quanto aveva fatto per loro.


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7 commenti su “Favola della Regina che chiede attenzioni”

  1. Interessante. Fiaba che va lasciata lavorare pian pianino dentro di noi per comprenderla e scoprirla nei vari contesti in cui ci diciamo sensibili. Grazie

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  2. Questa fiaba mi riporta all’intenzione che mi muove e mi spinge quando penso di andare verso l’altro. Troppo spesso l’intenzione delle mie azioni riconduce a me, e sperimento la mia incapacità di mettermi nei panni dell’altro, a non pretendere nulla se non il suo bene. Questo atteggiamento presuppone anche un grande rispetto di ciò che l’altro è, indubbiamente altro da me. Grazie

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  3. Più si procede nel cammino e più l’ego si fa sofisticato per cui il lavoro per smascherarlo non cesserà mai. Anche la vita interiore ha i suoi “reni” che devono funzionare bene…

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  4. Tanti sono i substrati dell’ego. Riconoscere l’intenzione che ci muove è la sfida. Un processo che richiede molta umiltà, attenzione e onestà con se stessi. Non è semplice uscire da certi schemi culturali, che ci portano a classificare le azioni tra buone e cattive, senza tener conto di qual’è l’intenzione che ci muove. Così fare dell’elemosina per es., può placare un certo senso di colpa o farci sentire buoni, ma non ha nulla a che fare col gesto di pura gratuità che dovrebbe sottendervi. Mi accorgo ogni volta che leggo gli insegnamenti delle guide, quanto in realtà lo strato di identificazione sia spesso e quanto lavoro c’è ancora da fare.

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  5. Non so perche ma la prima cosa che ho pensato e’ quella che gli altri si aiutano quando non li assecondi provocando anche reazioni non gradite ma che col tempo portano frutto.
    Questo mi fa riflettere

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  6. Avevo già letto questa favola ma è sempre molto utile rifarlo perché veramente difficile scoprire l’intenzione che veramente ci muove…lavoro costante e incessante!
    Grazie

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