La rabbia 1: l’importanza di esprimerla [A25]

Prima d’incominciare, volevo spiegarvi l’andamento di questa seduta e delle prossime, perché abbiamo deciso di prendere un argomento – in questo caso «la rabbia» – e di fare ciò che si può fare, conoscendo l’Insegnamento, nell’esaminare qualcosa di particolare come questa emozione.

[…] Allora: la rabbia cos’è? Come la classifichereste? Come un’emozione, ovviamente. Come voi sapete, le emozioni si riflettono anche sul fisico, quindi, per manifestarsi all’interno della vita che l’individuo conduce, hanno bisogno del corpo fisico. Questo significa che stando attenti al proprio corpo fisico, alle proprie reazioni nei momenti di rabbia, ci si può accorgere di quello che la rabbia provoca all’interno della fisiologia del corpo fisico. Ecco, partite da questo punto: se voi avete provato la rabbia, secondo voi quali sono gli elementi che si ripercuotevano e come si manifestavano attraverso il vostro corpo fisico.

D – Certo, il sangue ovviamente fluisce alla testa in maniera eccessiva, ti senti la pressione che sale. Qui è difficile, secondo me, distinguere fra aggressività e rabbia perché, a un certo punto, la rabbia ti fa anche essere aggressivo.

Quindi abbiamo già trovato una componente da abbinare alla rabbia, che – secondo il nostro amico – la rende indissociabile, in gran parte, da quella che è la spinta aggressiva dell’individuo. Siete d’accordo?

D – No. Perché l’aggressività è la manifestazione esterna della rabbia. La rabbia non necessariamente si esprime attraverso l’aggressività del comportamento, secondo me.

Io direi che l’aggressività può essere considerata – quando è associata alla rabbia, perché può anche non esservi associata – come una delle maniere in cui la rabbia può manifestarsi all’interno del piano fisico; quindi è una conseguenza della manifestazione della rabbia. Naturalmente, non sempre alla rabbia può seguire una manifestazione aggressiva; è difficile, però, riuscire a comprendere quando l’aggressività in realtà c’è all’interno ma non viene espressa fisicamente. Io direi che, solitamente, la reazione di rabbia è sempre un picco. Voi ricordate cosa sono i picchi?

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I «picchi vibratori» sono i punti di massima vibrazione nell’espressione di un sentimento, di un’emozione, di una reazione di qualsiasi tipo. E la rabbia, per sua stessa connotazione, è chiaramente un picco vibratorio, cioè un’improvvisa esplosione di emozione che arriva a un massimo, per poi decrescere o, al limite, stopparsi completamente nel momento in cui le energie vengono completamente buttate fuori e, quindi, c’è quel momento di stasi che riporta all’attuale equilibrio dell’individuo. (Qui chiaramente parla della rabbia esternata, non di quel rimuginio rabbioso che è più una nota di fondo che un picco. Ndr)

E l’aggressività, chiaramente, rientra nella tipologia del picco, per cui la manifestazione ripete sul piano fisico questo picco attraverso una reazione forte, quindi una reazione aggressiva nei confronti degli altri o, a volte, anche nei confronti di se stessi attraverso qualche forma di autolesionismo.

[…] Io direi che, in realtà, non c’è un modo standard in cui l’individuo esprime la rabbia. Ognuno, ovviamente – e se ci pensate bene non può essere che così, conoscendo l’Insegnamento – esprime qualsiasi sentimento che esprime sul piano fisico attraverso il proprio percorso evolutivo, i propri bisogni evolutivi. Quindi, cosa può accadere?

Che ci sia l’individuo che esprime la rabbia aggressivamente e magari anche con violenza portata all’estremo, arrivando a uccidere un’altra persona per porre fine a quel picco di emozione che non riesce più a controllare, con tutte le gradazioni intermedie fino ad arrivare all’individuo che riesce invece a bloccare al proprio interno la rabbia, a non lasciar trasparire la rabbia che in quel momento lo sta mettendo sottosopra. Ognuno di voi la esprime in modo maggiore o minore, diversamente da come la esprimono tutti gli altri.

[…] Se ci pensate, tra i modi di esprimere la rabbia, per esempio, senza apparire di essere arrabbiati, vi è quello di fare i musi e di far finta che «tanto, non mi importa niente, però io intanto non ti parlo!»; quello di dire, come fanno alcuni: «Sì, sì, fai pure tutto quello che vuoi, mi va tutto bene, io ti seguo, ti aiuto per quanto posso, però poi, appena capita, te la faccio pagare in qualche maniera indiretta!».

A quel punto si scivola nel rancore; sarebbe molto meglio esprimere la propria rabbia e lasciare che si manifestasse cercando di contenerla nei limiti; che si manifestasse e buttasse fuori l’energia del picco vibratorio e così si acquietasse un po’ alla volta, altrimenti resta all’interno e le energie cercano tutti i modi collaterali per uscire, facendo molti più danni che se la rabbia uscisse naturalmente.

D – Ma a me fa un po’ paura quando esce.

Ti ripeto: se tu costringi la rabbia a non uscire ma non sai come scioglierla, la rabbia ti resta dentro e alla fine fa più danni che se uscisse realmente.

D – Somatizzi ancora di più.

Questo è un altro elemento da tener presente, ovvero la reazione psicosomatica della rabbia; cosa può provocare, dal punto di vista psicosomatico, esprimere la rabbia oppure trattenere la rabbia. Anche questo è un argomento su cui pensare, che mi ricorderete nei prossimi incontri.

D – Se io sono arrabbiato con una persona, e non ce l’ho davanti, come faccio a farla uscire?

Ma per lasciar uscire la rabbia non c’è bisogno che ci sia l’altra persona, l’oggetto della rabbia; basta anche dire una sequela di parolacce per scaricare la tensione della rabbia; quelle che voi definite parolacce, per lo meno. Quello delle parolacce è un argomento un po’ particolare, perché voi le definite «parolacce» e non vi rendete conto che nei secoli le parolacce sono cambiate sempre e non sono definibili univocamente in tutte le società quali sono le parolacce e quali sono le parolucce.

Certamente, esprimere la propria tensione attraverso una cosiddetta parolaccia, tale almeno stigmatizzata da un archetipo transitorio che si sta vivendo, provoca un senso di soddisfazione perché l’Io dice a se stesso: «Guarda come sono bravo, vado anche contro le convenzioni e riesco a essere trasgressivo!». E voi sapete che l’Io si pavoneggia in queste cose!

[…] D – Un individuo poi, a lungo andare viene logorato nel fisico dalla rabbia

La rabbia, come dicevamo, è un picco e può accadere qualche volta, qualche raro caso, che la rabbia di una persona duri per molto tempo però, solitamente, con il passare del tempo il picco esaurisce le sue energie e la rabbia un po’ alla volta si stempera; la rabbia, due anni dopo, non è più la stessa di quando è nata.

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4 commenti su “La rabbia 1: l’importanza di esprimerla [A25]”

  1. Ricordo un’adolescenza piena di rabbia, con poca capacità di esprimerlo.
    Ora rari sono i momenti, ma non riesco a contenere è appena esplode, si scioglie.

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