La sensibilità condizionata dall’Io

Quante cose vengono contrabbandate, con molta approssimazione, per sensibilità!
Osserviamo qualche esempio di questa sensibilità, non dico inesistente, ma per lo meno dubbia, tanto per chiarire le idee su alcuni punti che così facilmente sfuggono a coloro che cercano di comprendere qualche cosa del proprio intimo e – magari, perché no! – dell’intimo degli altri.
Come certamente gran parte di voi ricorderà, è stata compiuta un’impresa che dai giornalisti, dai critici e da chi l’ha seguita è stata giudicata un’impresa storica.
No, non si tratta del raggiungimento di Marte, non si tratta neppure della scalata della vetta più alta dell’Himalaya, ma si tratta di un concerto rock!
…Ohibò, sembra impossibile eppure un concerto rock è stato giudicato qualche cosa di storico!
Siccome però non è detto che la maggior parte di chi mi ascolta conosca con precisione ciò di cui sto parlando, penso che sia bene fare un piccolo schema riassuntivo di quello a cui mi riferisco.

È risaputo ormai – grazie ai vari canali di informazione – che la terra africana sta attraversando un periodo veramente difficile a causa della siccità e quindi, di conseguenza, della carestia, della fame, della morte che colpisce, specialmente, le creature più piccole. Il mondo musicale europeo e americano, nella sua consueta sensibilità che dimostra in continuazione riuscendo, ad esempio, a modificare il proprio “look” – come si usa dire oggi – per adeguarlo a ciò che la massa pretende e si aspetta da gente di spettacolo, lancia una proposta: quella di effettuare un grandioso spettacolo, un grande concerto rock al fine di devolvere i proventi in beneficenza a favore di queste popolazioni africane così sfortunate.
Bellissima idea! Tant’è vero che non 10.000 persone, non 1.000.000 di persone ma, secondo i calcoli più o meno gonfiati di chi si occupa di statistiche, circa due miliardi e mezzo di persone hanno assistito a quest’evento “storico”!
Io non voglio entrare, questa sera, nel merito di che cosa vi sia alle spalle di tutto questo e quindi vedere se vi sia stata o meno sincerità nel fare questo spettacolo; non voglio chiedermi se vi erano altri fini o se, addirittura, questi altri fini non erano preponderanti rispetto al desiderio di aiutare, ma preferisco invece soffermarmi sulla sensibilità di quei due miliardi e mezzo di persone che – si dice – hanno osservato codesto spettacolo.

Nel corso di questo lungo spettacolo, durato quasi una giornata intera, è senz’altro capitato ad una gran parte di questi spettatori dislocati in tutto il mondo di essere improvvisamente colpiti dall’emozione, dalla commozione, di arrivare quasi alle lacrime, al pianto, di fronte a una cosa così bella, a un’unione così grande fra così tante persone.
Ma, mi domando io a proposito di questa commozione, quindi di questo ampliarsi improvviso della sensibilità degli spettatori: se invece di essere stato un concerto rock con tante “stelle” del momento attuale o di momenti passati, si fosse trattato di una giornata intera di canti liturgici, che ne sarebbe stato? E gli spettatori sarebbero sempre stati due miliardi e mezzo di persone, o sarebbero stati molto meno? Vi sarebbe sempre stata da parte di questi spettatori la stessa commozione, lo stesso senso di fratellanza oppure, dopo aver ascoltato la prima litania, le televisioni sarebbero state spente? Io sono convinto, creature, che sarebbe avvenuto proprio ciò che ho prospettato come seconda ipotesi.
E se è così, a questo punto mi sembra logico chiedersi: “Ma allora tutte queste persone hanno ascoltato e si sono commosse veramente solo per sensibilità nei confronti del problema che veniva presentato, o invece solamente per il piacere di ascoltare determinate vibrazioni musicali?”.
D’altra parte queste stesse persone che si sono commosse e che sono arrivate anche al pianto nel corso di questo “megaspettacolo” pochi giorni dopo si sono dimostrate completamente indifferenti per una sciagura capitata, magari, a poche centinaia di chilometri di distanza: non vi è stata, per esempio, in Italia, la stessa commozione per quei poveracci travolti dalle acque, non vi è stata la stessa catena di solidarietà, eppure era qualcosa di molto più vicino e quindi di molto più tangibile! Si trattava, per lo meno, di persone che facevano parte dello stesso stato, della stessa nazione, e quindi forse già più sentite vicine di persone di un’altra razza e appartenenti addirittura ad un altro continente.

E questa, secondo voi, può essere veramente sensibilità o, in realtà, è egoismo mascherato sotto le false spoglie della sensibilità? Non voglio dare risposta a questo, ma lascio ad ognuno che leggerà o ascolterà ciò che sto dicendo il compito di dare spassionatamente a se stesso – se non agli altri – la risposta che ritiene migliore.
Assieme a quest’esempio così evidente, così macroscopico, potrei portarne molti altri: basta scorrere i vostri rotocalchi e vedere come in questi giorni, improvvisamente, la sensibilità degli attori di Hollywood sia alla ribalta, come venga la catena di solidarietà innescata con i loro mezzi, con il loro denari, per la ricerca su una malattia che “improvvisamente” si è scoperta esistere in quell’ambiente. Sensibilità, viene detto nei giornali, oh, certo, creature, sensibilità, ma se quella malattia non si fosse presentata così vicina a quelle persone, vi sarebbe stata la stessa sensibilità?
Anche qui lascio la risposta a voi, pur rendendomi conto che non v’è bisogno di ragionarvi poi molto sopra.

Ripeto: gli esempi potrebbero essere tanti, tantissimi: ogni momento delle vostre giornate, della vostra vita, della vostra cultura, della vostra politica, delle vostre ore è pieno zeppo di esempi di sensibilità di questo tipo, ma ciò non sta a dimostrare altro che, tutto sommato, con buona probabilità possiamo avere una certa ragione noi allorché affermiamo che:

la vera sensibilità – tranne in non molti individui che hanno veramente raggiunto una certa evoluzione – attualmente l’umanità non l’ha ancora trovata, e che tuttalpiù è ancora in grado soltanto di riuscire a recepire determinati aspetti della sua sensibilità allorché questi aspetti fanno vibrare qualche cosa di interiore, qualche cosa di intimo che la fa così risuonare col proprio Io e con i propri bisogni.

Al di là di tutti questi discorsi, creature, resta un fatto incontrovertibile, resta un insegnamento, una certezza che viene prima di ogni altra cosa; resta cioè il fatto che,

prima di poter raggiungere la sensibilità verso ciò che è esterno, prima di poter essere sensibili nei confronti degli altri, nei confronti del mondo, dell’umanità, dell’universo, dell’Assoluto, bisogna, è necessario, è essenziale, è primario riuscire ad essere sensibili nei propri confronti.
Riuscire cioè, prima di tutto, a sentire ciò che si è interiormente.

Scifo


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7 commenti su “La sensibilità condizionata dall’Io”

  1. Discorso complesso…anche cogliere un fiore o, a volte, tendere una mano a chi ha bisogno sono gesti di sensibilità condizionata…personalmente oggi mi ritrovo meno altruista e più str…za di quanto credessi…

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  2. Proprio vero! Tutto ha un punto preciso di equilibrio, raggiungere l’equilibrio tra il fuori e il dentro, il troppo e il poco, l’amore e l’egoismo ecc… è il lavoro di tante vite. Mano a mano cadono gli alibi, le maschere, i giudizi. Ci si ritrova soli, col proprio interiore, e non ci sono sconti, scorciatoie, solo la fiducia ci sostiene e quello che prima sembrava appagantci, ora mostra il suo limite. Grazie per queste parole Scifo.

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  3. “prima di poter raggiungere la sensibilità verso ciò che è esterno, prima di poter essere sensibili nei confronti degli altri, nei confronti del mondo, dell’umanità, dell’universo, dell’Assoluto, bisogna, è necessario, è essenziale, è primario riuscire ad essere sensibili nei propri confronti.
    Riuscire cioè, prima di tutto, a sentire ciò che si è interiormente…” Speravo arrivasse a questa espressione di primaria importanza. Poi il resto verrà con naturalezza…

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  4. Diceva un consulente, formatore per aziende che “la cultura è quello che fai e come lo fai quando nessuno ti vede”.
    Portava l’esempio di chi passando con l’auto in una strada isolata di campagna, getta o non getta il pacchetto vuoto delle sigarette.
    Mi sa che c’azzecca.

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  5. Questa frase Samu può anche voler dire che fai un’azione a beneficio di un altro senza che questi se ne accorga nell’immediato e che forse non lo vedrà neanche mai..

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  6. Indubbiamente, la realtà è sempre molto più complessa di quanto può apparire a uno sguardo affrettato. Sta a noi essere vigili nei nostri e negli altrui confronti.

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  7. Posso solo vedere con chiarezza che più vado avanti cercando di vedere meglio e più mi cozzo con il mio egoismo che a volte mi sembra enorme… sono con te Nadia!

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