La vibrazione e la formazione della realtà (IF3)

Insegnamento filosofico 3
Abbiamo iniziato a parlare dei piani di esistenza partendo dall’esame del piano che meglio conoscete perché è in esso che siete abituati ad esercitare la massima forma di consapevolezza, cioè il piano fisico.
Facendo un breve riassunto, avevamo affermato che tutta la materia che compone il piano fisico è, in realtà, composta da un unico elemento che abbiamo denominato “unità elementare”; particella che, nel piano fisico, non è ulteriormente divisibile.
Ovvero, per chiarire meglio che cosa intendo dire con quest’ultima affermazione: scomponendo l’unità elementare del piano fisico, spezzandola negli eventuali elementi costituenti, ciò che si otterrebbe non sarebbe più materia fisica così come voi la intendete, bensì qualche cosa di diverso che sfuggirebbe all’analisi e alla stessa scoperta da parte di qualunque mezzo fisico – per quanto raffinato e sensibile – che possiate creare con la materia del vostro piano di esistenza.
Avevamo anche affermato che, in definitiva, proprio per il fatto di essere totalmente composta dallo stesso unico elemento, tutta la materia del piano fisico ha la stessa natura, la stessa composizione qualitativa, ma non la stessa composizione quantitativa.
Così, se vi fosse possibile scomporre in unità elementari un diamante e una goccia d’acqua, scoprireste che non vi è alcuna differenza tra di essi e che le differenze che notate nella materia più grossolana del vostro piano di esistenza risiedono solamente nel numero, nella quantità di unità elementari presenti in essa.
Se ragionate con attenzione, questo discorso spiega molte cose, tuttavia non riesce a spiegare tutto.
Non spiega – ad esempio – come mai tutta la materia del piano fisico, pur essendo tutta costituita dallo stesso elemento, non ha le stesse caratteristiche e la stessa fenomenologia. È innegabile, infatti, che il fuoco e il ghiaccio hanno due temperature molto diverse tra loro, e che una foglia è verde e il petalo di una margherita è bianco e via e via.
Cos’è, dunque, che provoca queste diverse caratteristiche da punto a punto del piano fisico? La maggiore o minore aggregazione delle unità elementari può dare ragione della diversa densità di materia, della diversa solidità e compattezza che contraddistingue – ad esempio – il legno dal vino e il vino dal fumo, ma non spiega certamente perché la fiamma è luminosa e il marmo, invece, non lo è. Vi deve quindi essere, secondo un semplice ragionamento logico, qualche cosa d’altro che differenzi le varie aggregazioni di unità elementari, fornendo loro quella gran varietà di caratteristiche e di qualità che scorgete intorno a voi.
Se vi dico che questo differenziatore delle qualità della materia è la vibrazione, non faccio di certo un’affermazione eccezionale, in quanto ciò è già ben noto alle vostre scienze fisiche, che hanno individuato i vari tipi di vibrazione inerenti alla materia giungendo – pur con molte approssimazioni, e facendo largo uso di convenzioni di comodo – a classificare le caratteristiche della materia a livello fenomenico in base al tipo di vibrazione che la contraddistingue.
Secondo questo criterio di classificazione appare chiaro che, in ultima analisi, fenomeni come luce, suono, calore, elettricità, magnetismo e radioattività non sono altro che effetti causati da diversi tipi di vibrazione della materia a livelli sempre più piccoli.
Intendo affermare perciò che la materia del vostro piano, di per , se fosse inerte e cioè immobile, sarebbe tutta indifferenziata, tutta identica e senza variazioni – eccetto la sua densità – da un punto all’altro del piano fisico, se non esistesse quella caratteristica – la vibrazione – che con i suoi effetti agisce all’interno di tutta la materia creando le caratteristiche che la differenziano.
Cerchiamo ora di fare un esempio per chiarire il discorso fatto.
Supponiamo che la materia sia la penna e che la mano sia la vibrazione.
Fino a quando la vibrazione – cioè la mano – non agisce sulla penna essa rimane immobile, senza distinguersi fenomenicamente da un’altra penna identica che le sta accanto; ma allorché la mano impugna la penna e la fa scorrere sulla carta, ecco che avviene il fenomeno che fa sì che le due penne si differenzino, in quanto una resta inerte sul tavolo, mentre l’altra scorre sulla carta tracciando segni i quali – a loro volta – variano notevolmente per forma, leggerezza, spessore, inclinazione, a seconda dell’impulso che le fornisce la vibrazione in tutti i suoi punti e ai vari livelli di densità.
Non pensate, comunque, che la vibrazione dell’unità elementare non subisca mutamenti.
Anche supponendo, infatti, che inizialmente le vibrazioni di ogni unità elementare siano identiche, la vibrazione si diversifica a sua volta fino a raggiungere il vostro livello di percezione, in forme notevolmente diverse sia per quantità che per qualità.
Vi è dunque un fattore che modula e modifica la vibrazione, e questo fattore – principalmente – è proprio la maggiore o minore densità – e quindi vicinanza – delle unità elementari.
Ricapitoliamo un attimo quanto ho appena detto: l’unità elementare, vibrando, trasmette la sua vibrazione a tutta la materia fino a che essa raggiunge il livello percepibile dagli organi che nell’essere umano sono preposti a ricevere e a trasformare, secondo certi schemi, il tipo di vibrazione percepita.
Ecco così che la vibrazione partita dall’unità elementare attraversa tutta la materia e – a seconda della sua frequenza – arriva ad essere da voi percepita sotto forma di luce, suono, calore e così via; non solo, ma la vibrazione di ogni unità elementare si combina con quella delle altre unità modificandosi attraverso vibrazioni indotte che si ripercuotono – modificandosi mutuamente – a mano a mano che passano attraverso ai vari gradi di densità e, quindi, di vicinanza delle unità elementari secondo un effetto di risonanza.
Per fare un esempio in modo da chiarire che cosa io intenda per risonanza, voi sapete che il suono può – a una certa frequenza di vibrazioni – provocare la rottura di un bicchiere di cristallo.
Questo è un fenomeno di risonanza: la vibrazione della materia che trasporta quel suono induce un’analoga vibrazione nella materia che compone il bicchiere la quale, se si trova in un particolare stato di densità di aggregazione di unità elementari, risuona a tal punto da provocare la frattura della forma-bicchiere se la materia che la costituisce non è inferiore e non consente, quindi, alla forma-bicchiere nella sua totalità di vibrare in armonia in ogni suo punto.
Questo, semplificato per non confondervi troppo, è un caso di risonanza, ovvero di vibrazione indotta.
Quanto ho appena cercato di spiegarvi è un punto di enorme importanza, in quanto ci servirà in seguito per spiegare da dove proviene la vibrazione prima del piano fisico, cos’è che la produce, cos’è – cioè – che mette in moto tutta la materia del piano fisico a partire dal suo costituente generale, ovvero l’unità elementare. Scifo


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4 commenti su “La vibrazione e la formazione della realtà (IF3)”

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