Il terzo millennio e la tecnologia [A222]

Il mondo del terzo millennio sembra ormai avviarsi in maniera sempre più decisa verso una società basata sulla tecnologia e quest’orientamento ha indubbiamente riflessi profondi in tutte le molteplici strutture che interessano, in maniera più o meno evidente, la vita del singolo individuo ma anche quella più generale e complessa dell’intera umanità.

Il propagarsi degli strumenti tecnologici a un livello sempre più ampio ha portato verso trasformazioni radicali nella gestione dei rapporti individuali: basti pensare a quell’elemento fondamentale delle dinamiche sociali interpersonali che è la comunicazione: l’avvento dei cellulari, di Internet e dei cosiddetti “social”, Facebook, Twitter e via dicendo, ha spostato le possibilità di comunicazione a un livello sempre più virtuale, dove il reale rapporto comunicativo tra persona e persona (con il conseguente impoverimento comunicativo conseguenza della mancanza di trasmissione diretta da individuo a individuo di sensazioni, emozioni e reazioni al processo comunicativo) favorisce l’esaltazione dell’Io in una sorta di delirio individuale di onnipotenza incontrastato dalla visione diretta delle conseguenze derivate dal tipo di comunicazione effettuata, cosa che avviene invece, comunemente, nel corso della comunicazione “faccia a faccia”.

Non si può certamente affermare banalmente che la colpa sia da attribuirsi alla tecnologia, bensì alla maniera in cui essa viene usata: la tecnologia, se adoperata in maniera “etica” non può che portare a un miglioramento delle condizioni di vita delle persone. Il problema, a mio avviso, è che la concezione etica dell’uso degli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia viene a essere ritenuta pressoché priva di importanza e mirata al conseguimento immediato di gratificazioni senza spingere un po’ più avanti lo sguardo e senza ragionare su dove può condurre questa mancanza di prospettiva verso il domani più prossimo, pur tenendo presente che gli elementi in gioco sono numerosi e, di conseguenza, il ragionamento risulta molto complesso, tanto che un singolo mutamento tecnologico può finire col significare l’effettuarsi di profonde trasformazioni in diverse direzioni.

Ma, forse, per cercare di capirci meglio, può essere utile fare un esempio di quanto ho detto fino a questo punto. La messa a punto di alcune nuove tecnologie già da diversi anni permette la costruzione di vetture che funzionano non più con i derivati del petrolio bensì sfruttando l’energia elettrica (e limitiamoci a questa possibilità, anche se esistono tecnologie in via di sperimentazione sull’uso di altre fonti energetiche, anche se non ancora del tutto passibili di produzione su larga scala).

La domanda che molti si pongono è per quale motivo, pur esistendo questa possibilità, essa non venga sfruttata adeguatamente. Le risposte sono molteplici: da quelle più ovvie come le resistenze messe in atto dalle lobbies dei produttori di petrolio ai quali verrebbe a mancare una fonte primaria di cospicui introiti, alla necessità di conversione industriale che dovrebbe venire effettuata e che le classi politiche, concentrate su uno status quo che garantisca a esse i consueti privilegi con il minimo sforzo, preferiscono non affrontare veramente, al di là delle varie dichiarazioni programmatiche, veri e propri slogan più che realtà di intenti.

Eppure, è evidente che il problema dell’approvvigionamento del petrolio prima o poi dovrà alla fine venire seriamente affrontato, dal momento che la fonte di tale materia prima non è inesauribile, considerato anche il lungo periodo di tempo necessario per la sua formazione che contempla un lasso di tempo stimabile in centinaia di anni.

Se non venissero più costruiti veicoli a petrolio ma solo quelli ad elettricità si avrebbero conseguenze di vario tipo sia a livello economico, sia a livello sociale e politico, sia a livello ambientale e individuale.

Vediamo di ragionare brevemente (e, per forza di cosa, superficialmente, sia per non annoiarvi troppo, sia a causa della complessità degli intrecci in gioco) su alcune di queste conseguenze, sottolineando già fino da ora come dal nostro punto di partenza (ovvero la sostituzione dell’uso del petrolio con l’uso dell’elettricità) gli effetti si proiettano e si frastagliano in diverse diramazioni creando meccanismi di causa ed effetto che possono, tuttavia, essere individuati e compresi anche solo con un minimo di processo logico.

È evidente che la sostituzione dell’uso del petrolio con quello dell’energia elettrica cambierebbe drasticamente gli equilibri economici e politici della situazione mondiale, dal momento che i paesi produttori di petrolio vedrebbero crollare la loro potenza economica e verrebbero meno tutti gli intrecci di dipendenza da parte di tutti i paesi che impiegano il petrolio come fonte energetica primaria.

Tale cambiamento degli equilibri economici avrebbe conseguenze non da poco come, ad esempio, la diminuzione dei mezzi economici a disposizione delle correnti cosiddette “terroristiche”, in gran parte sovvenzionate anche dai proventi derivanti dalla vendita del petrolio, diminuendo, così, la loro possibilità di azione. 

Un’altra conseguenza non trascurabile sarebbe la conseguente diminuzione dell’inquinamento ambientale planetario, dal momento che è proprio l’uso del petrolio il principale fattore inquinante dell’atmosfera del pianeta. 

Tale diminuzione, oltre a rendere più vivibile l’esistenza dell’umanità nel suo complesso, avrebbe a sua volta conseguenze economiche importanti come, ad esempio, la notevole diminuzione delle spese sociali e mediche per tutte le malattie (dalle più semplici allergie al presentarsi di effetti tumorali), il che libererebbe notevoli risorse economiche per intervenire a favore degli strati sociali più deboli che solitamente, invece, vengono visibilmente trascurati, se non addirittura ignorati, portando a una maggiore equità sociale.

Ma ci sarebbero anche effetti a un livello inferiore. Per citarne uno la velocità dei veicoli elettrici risulta certamente inferiore rispetto a quella messa in atto dai veicoli basati sul petrolio. Questo porterebbe con buona probabilità a un minor numero di morti sulle strade, a una gestione diversa dei tempi di vita e via dicendo. Non è il caso di dilungarmi oltre su questi aspetti: ognuno di voi, se lo desidera, può trovare innumerevoli effetti benefici conseguenti al cambiamento su cui stiamo ragionando.

Ogni mutamento, in special modo quelli di grande portata, tuttavia, presenta sempre due facce e, accanto ai benefici esistono anche elementi non positivi che ne controbilanciano la positività.

Per esempio, è indubbio che la conversione industriale che sarebbe necessaria attuare avrebbe delle conseguenze occupazionali e che l’intero processo di sostituzione dell’uso del petrolio con quello dell’energia elettrica non potrebbe avvenire istantaneamente ma avrebbe necessità di essere attuato gradualmente e in maniera ben pianificata per ridurre al minimo gli scompensi che qualsiasi grande mutamento socio-economico inevitabilmente porta con

Tutto questo renderebbe necessaria la presenza di una classe politica con basi concettuali diverse, ritornando alla concezione che la funzione di qualsiasi amministratore della cosa pubblica dovrebbe avere come scopo principale non il benessere e l’arricchimento dell’amministratore, bensì il benessere e il soddisfacimento delle esigenze di vita della popolazione che è chiamato ad amministrare, concetto, questo, che è andato degradandosi nel tempo perdendo di vista i doveri e le responsabilità che l’essere amministratori del bene comune comporta.

Non voglio addentrarmi in un discorso etico/filosofico agganciandomi a quanto ho visto che vi è stato insegnato dalle vostre Guide in questi anni di loro interventi, dal momento che reputo che, ormai, abbiate tutti gli strumenti intellettivi e logici per arrivare a comprendere da soli quali possono essere le resistenze e le difficoltà che il desiderio di espansione dell’Io può mettere in atto per contrastare un cambiamento di tale portata. In fondo, non sono altro che lo stesso tipo di resistenza e di difficoltà che mettiamo in atto, ognuno di noi, quando si tratta di affrontare un qualsiasi cambiamento della nostra vita e della società in cui viviamo e facciamo esperienza e risulta essere, alla fin fine, lo specchio, il riflesso e la conseguenza di ciò che ognuno di noi è e, in particolare, dell’incompletezza della sua comprensione. Max

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