Come influisce la vibrazione dell’archetipo sull’individuo [A59]

Chi mi dice cosa abbiamo stabilito a questo punto?
D – Che l’archetipo cambia in funzione delle comprensioni che hanno raggiunto gli individui che hanno creato questo stesso archetipo.

E che non è statico, ma interagisce vibratoriamente attraverso le vibrazioni che riceve e che emana con le persone che sono collegate a lui. Questo significa, quindi, che se le vibrazioni delle persone arrivano a influire sull’archetipo modificando quel tanto o quel poco che permette all’archetipo di sopravvivere, di ampliarsi o modificarsi leggermente, oppure di finire invece con lo sciogliersi, le vibrazioni che invece arrivano dall’archetipo attraversano ogni individuo che a esso è collegato. 

Allora vediamo, dopo aver esaminato gli effetti della vibrazione sull’archetipo, vediamo di osservare gli effetti, invece, della vibrazione dell’archetipo sull’individuo, che forse è quello che ci interessa di più.

[…] Diversi anni fa era stato fatto un tentativo, un esperimento, da un’équipe di parapsicologi cercando di inventare un’Entità; e avevano operato, fatto diverse cose affinché, un po’ alla volta, questa Entità venisse formata, attraverso i vari elementi che i partecipanti a questo esperimento fornivano alla sua supposta esistenza, che in realtà era un’inesistenza. Avete letto niente del famoso “caso Philip”? (Philip Aylesford, Toronto 1972, ndr) Andate a cercarlo; può essere interessante per quello che riguarda gli archetipi.

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E questo per dimostrare – secondo gli scienziati – quanto è facile ingannarsi o ingannare riuscendo a costruire, anche da persone che magari non sono collegate tra di loro, qualcosa che può avere una parvenza di credibilità. E fin qua tutto bene; un po’ meno bene quando, a un certo punto, questo Philip ha preso una vita sua ed ha incominciato a interagire e reagire diversamente da come i partecipanti avevano stabilito o si erano aspettati.

Ora, mi sembra evidente che questa conduzione dell’esperimento aveva portato a che cosa? Alla costituzione di un fantasma mentale; alla costruzione, quindi, in qualche maniera, di un piccolo archetipo collegato a quelle persone, che veniva fornito da esse di tutti gli elementi che creavano una piccola divinità a cui le persone finivano col credere e che, quindi, incominciava ad avere una vita propria prendendo spunto dalle comprensioni degli individui che lo avevano creato.

Questa, senza che gli scienziati se ne accorgessero, se ne rendessero conto, era la creazione di un inizio di archetipo transitorio; che poi, ovviamente, quando tutti gli scienziati han deciso di passare a cose più remunerative, si è sciolto nel nulla e si è dissolto, come tutti gli archetipi a cui nessun individuo viene più a collegarsi.

D – Lo trovo interessante perché ovviamente tu stai dicendo allora che l’archetipo in qualche maniera riflette il sentire del momento, che non è ancora completamente strutturato, ti obbliga a confrontarti con quello che tu ritieni giusto al fine di portare nuove acquisizioni, nuove sfumature di comprensione?

Direi di sì; anzi, arriverei al punto di dire che, dopo 35 anni in cui veniamo a parlare, le persone che hanno partecipato agli incontri avrebbero potuto benissimo aver creato “l’archetipo Cerchio Ifior”, in cui veniva dato vita a uno Scifo, a un Moti, a un Fabius; questo potrebbe significare che in realtà nessuno di noi esiste, ma siamo tutti frutto della vostra costruzione; soltanto che a un certo punto abbiamo preso vita nostra e stiamo facendo quello che vogliamo noi e non quello che volete voi! Forse questo è un elemento che può dirvi che, in realtà, non è andata proprio così!

D – Ma la cosa pazzesca di tutto questo discorso è di come siamo noi a creare la nostra realtà! 

In realtà, se voi riusciste a esserne consapevoli (ecco perché lo spostare la vostra attenzione dal vostro Io alla vostra coscienza) potreste abbastanza facilmente arrivare a rendervi conto in continuazione che quello che vivete non è così reale come pensate di viverlo, ma che è creato in gran parte da voi stessi.

D – Però, scusa, dall’esempio che hai fatto, hai detto che a un certo punto sono venute fuori cose che non si aspettavano, cose diverse diciamo dalle loro credenze che avevano inserito in modo conscio, tutto sommato; invece le cose che sono venute fuori sono la parte inconscia dell’archetipo che avevano creato?

Non dell’archetipo, ma della parte inconscia loro. La loro parte inconscia, di cui neanche si rendevano conto, ha finito per combinarsi con le parti inconsce degli altri, creando dei risultati diversi da quelli che si aspettavano; perché già sarebbe stato difficile comprendere qualche cosa creato dal loro inconscio, se poi ci metti le spinte provenienti dagli inconsci degli altri, che sono estranei, certamente diventa irriconoscibile il risultato!

D – Cosa intendi quando dici “ha preso vita propria”. Cioè, cosa vuol dire “ha preso vita propria” se dipende comunque dalle…

Nel senso che aveva, sembrava possedere una volontà e una decisione autonoma rispetto a coloro che lo avevano creato.

D – Ah, ecco; non che andasse ad attingere a fonti al di fuori del gruppo degli adepti?

In quel caso, no. Voi vi chiederete perché ho detto “in quel caso”…

D – Eh, infatti!

È ovvio che è possibile creare consapevolmente questo tipo di cose, è anche ovvio che è possibile attingere a conoscenze diverse da quelle che comunemente si è in grado di attingere; d’altra parte, per quanto possano esservi molte illusioni, molte panzane, e abbia sempre un caro prezzo per chi la mette in atto, la magia esiste; solo che bisogna saperla usare, bisogna stare attenti a quello che si fa.

Annali 2008-2017

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