Con l’evoluzione delle razze cambiano le ragioni del soffrire [A9]

D – Leggendo i messaggi relativi alle razze e alla nostra evoluzione mi è sembrato di capire che ogni razza corrisponde a un piano specifico e quindi a un tipo di evoluzione legata principalmente a uno dei piani di esistenza: i lemuriani erano molto centrati sul piano fisico, gli atlantidei sul piano astrale, la terza razza è basata sul piano mentale, la quarta sarà invece orientata più sulla coscienza…

Se questo ragionamento è corretto significa che le prossime razze saranno poi centrate sui cosiddetti piani spirituali e quindi mi chiedo, ma cosa se ne farebbero la quinta, la sesta e la settima razza di un io e di un corpo che rispecchia i piani inferiori? Non sarebbero già dei superuomini? O il fine è avere delle entità che, nell’ultima razza, sviluppano il piano più elevato avendo però già all’interno tutta l’evoluzione dei piani inferiori?

Le cose, ovviamente, non sono così semplici. Vi son alcuni punti base da tenere presente. Il fatto che la razza attuale abbia una predominanza nella struttura del suo corpo mentale non significa che non abbia anche gli altri corpi, significa soltanto che il suo percorso evolutivo avrà delle basi di partenza diverse dalle altre razze e che dovrà giungere all’abbandono della ruota del karma lungo percorsi in buona parte diversi da quelli affrontati dalle altre razze. Lo stesso si può dire per le altre razze.

Il fatto che la quinta razza, per ipotesi, parta da una predominanza di uno dei corpi spirituali ancora una volta non significa che non possederà i corpi fisico, astrale e mentale, dal momento che, comunque, dovrà sperimentare sul piano fisico e qui corpi sono comunque indispensabili per trarre il succo dalle esperienze che deve compiere. Possiamo dire che certamente avrà un Io più sottile rispetto alle razze precedenti, ma l’Io ci sarà comunque.

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Non facciamoci trarre in inganno dal termine superuomo: secondo le Guide il superuomo è identificabile con chi è andato ormai oltre alla condizione di individualità con la necessità di incarnarsi ancora, quindi non è applicabile a chi ha ancora esigenze incarnative.

D – Visto che le razze si sovrappongono mi sembra ovvio che ci possano essere dei corpi fisici risultanti dall’incrocio di un genitore di una razza e un genitore di razza diversa, mentre l’entità sarà invece inequivocabilmente di una o dell’altra razza, quindi mi chiedo: ma quale utilità può avere, per una entità, essere legata a un corpo non perfettamente corrispondente alla razza alla quale appartiene? Serve per «accumulare» un certo grado d’imprinting e di archetipi da portarsi poi dietro nell’evoluzione?

Sappiamo che l’evoluzione dell’individualità corrisponde a una «riscoperta» di se stessa. Ora, questa riscoperta deve essere attuata gradatamente e, per essere veramente compresa, deve seguire un iter che gli fissi la comprensione del percorso che gradatamente sta mettendo in atto.

Hai ragione nell’affermare che questo porta a una costituzione di un imprinting di base dell’individualità su cui costruire il proprio percorso (che, peraltro, è sempre strettamente individuale) ma gli archetipi a cui si collega lungo il percorso sono una conseguenza praticamente automatica, un mezzo per interagire con l’esperienza, non un vero «bisogno» dell’individualità.

La loro funzione è quella di fornire dei modelli di reazioni all’individuo incarnato nel vivere le esperienza sul fisico, modelli che gli permetteranno di verificare di volta in volta la propria comprensione, modulata proprio dalle proprie reazioni ai dettami proposti dagli archetipi transitori e dal superamento o dall’accettazione degli elementi proposti da essi.

Il corpo della coscienza confronta le reazioni dell’individuo con le vibrazioni che gli arrivano continuamente dagli archetipi permanenti, e che gli danno la misura di quanto è vicino o lontano dalla giusta comprensione che essi propongono di continuo. Scifo

D – Possiamo dire che certamente avrà un Io più sottile rispetto alle razze precedenti, ma l’Io ci sarà comunque.» Leggendo il passaggio che ti ho riportato mi è venuto da pensare che un’entità che s’incarna con un Io più sottile, nelle prossime razze, soffrirà di meno; partirà, diciamo, più avvantaggiata dal momento che, come ci avete sempre detto, la fonte primaria della nostra sofferenza è costituita dall’Io.
Posto che gli Archetipi Permanenti sono uguali per tutte le razze, mi vien da pensare che un’entità che abbia già di partenza un Io più sottile meglio riconoscerà le vibrazioni provenienti da essi e sarà più avvantaggiata nel consonare con essi a livello vibratorio, rispetto a una, magari della nostra razza, con un Io più «spesso» (passami il termine) che s’impastoia nei meandri degli archetipi transitori a essa coevi.
So che magari da disincarnati, poi, i conti tornano, ma così sembra quasi che l’Assoluto faccia figli e figliastri! Siccome so, sento, non dubito che così non può essere, randella pure ma per favore, se vuoi, chiariscimi il punto.

Direi che il punto nodale per comprendere come non ci siano figli e figliastri sta nella corretta interpretazione del concetto di sofferenza: non vi è una sofferenza maggiore o una sofferenza minore, dal momento che per chi soffre anche quella che può sembrare una piccola sofferenza quella sofferenza ha grande importanza.

Spesso voi pensate, guardando gli altri: «Guarda quello, come può star male così tanto per una cosa così banale», dimenticando che la sofferenza è il sintomo di una incomprensione e tutte le incomprensioni hanno, per la coscienza, la stessa importanza.
In definitiva direi che l’attribuzione di una scala graduata alla sofferenza è messa in atto dall’Io che la crea secondo il proprio metro di giudizio.

Il fatto che una razza abbia di base un Io più sottile, quindi, non significa che soffrirà meno della razza che ha un’Io più consistente, tuttalpiù che soffrirà per cose diverse, magari per delle sfumature di incomprensione più che per delle grosse incomprensioni.

Se hai bisogno di un esempio concreto pensa al caso di quell’entità che soffriva perché aveva rubato un panino non per fame ma per ripicca. All’Io una cosa del genere sembra quasi una sofferenza ridicola, in realtà per quell’entità la sofferenza che provava era grande come quella che avrebbe provato se avesse ucciso una persona. Scifo

[…] D – Poi volevo chiedere se, per una razza, avere la predominanza di un corpo «superiore» rispetto alla precedente (es, corpo mentale, mentre prima vi era la predominanza di quello astrale) possa comportare una maggiore «complessità» nel tipo di esperienze che dovrà vivere, cioè da una parte un Io più sottile, ma, dall’altra, società/rapporti interpersonali più «complessi» (su cui «testare» le proprie comprensioni) che richiedono appunto la predominanza di quel corpo.

La presenza di un Io più sottile richiede, ovviamente, esperienza a loro volta più «sottili»: non si tratta più di comprendere (per fare un esempio classico) che non bisogna uccidere che, in senso generale è ormai compreso, ma le sfumature che completano quella comprensione (ad es. la differenza fra l’uccisione per gelosia e l’uccisione per pietà, come nel caso dell’eutanasia).

Trattandosi di necessità di esperienza più sottili i rapporti società/persona o persona/persona devono necessariamente essere più strutturati e più complessi, e porteranno a un tipo di società a sua volta più densa di sfumature comportamentali e, quindi, di possibilità di esperienza più adatte alla comprensione proprio delle sfumature. Scifo

Annali 2008-2017

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