Domande su carattere e personalità [A225]

D – Se non esistesse l’Io non potrebbe esistere la “personalità”, perché questa è frutto della manipolazione operata dall’Io sul carattere?

Certamente non può essere che così: sappiamo che la personalità espressa dall’individuo incarnato è la maniera in cui egli esprime le peculiarità del suo carattere (che, è bene non dimenticarlo, è determinato geneticamente sulla base dei suoi bisogni evolutivi e sia delle comprensioni raggiunte che di quelle che il suo sentire non ha ancora fatto sue). Questo porta senza dubbio a creare una stretta relazione tra personalità e Io dell’individuo dal momento che entrambi i fattori concernono la sua reattività nei confronti delle esperienze che si trova a dover affrontare nel compiere il suo percorso evolutivo.

D – In effetti non sarebbe stato più semplice dire che l’Io è la parte della personalità che esprime maggiormente le incomprensioni e che limita l’espressione dell’intera personalità (più strutturata) in quanto reagisce in modo impulsivo e veloce, senza passare attraverso l’elaborazione degli stimoli?

Sarebbe stato certamente più semplice, ma quello che dici non esprime in maniera del tutto corretta ciò che avviene in quest’interazione tra Io e personalità. Per prima cosa direi che non è vero che l’Io “è la parte della personalità che esprime maggiormente le incomprensioni”, perché in effetti l’Io esprime in continuazione sia le incomprensioni che le comprensioni dell’individuo (e come potrebbe, d’altra parte, essere altrimenti?).
Aggiungerei che non c’è mai una reazione, per quanto impulsiva e veloce possa apparire a un osservatore, che non derivi da una qualche forma di reazione degli stimoli a cui si viene sottoposti. Gli stimoli effettuano la loro influenza su tutti i corpi inferiori dell’individuo, i cui tempi di reazione sono molto diversi da corpo a corpo e ben più veloci di quanto la percezione dell’individuo incarnato possa riuscire a recepire. Inoltre, la traduzione in reazione sul piano fisico è in realtà la parte più lenta del processo che porta alla reattività, aumentando la sensazione che la risposta sul piano fisico allo stimolo da parte dell’individuo sia immediata, cosa che, in effetti, non è.

D – Se il corpo akasico genera il carattere come strumento per condurre l’esperienza incarnativa, e il carattere genera la personalità per relazionarsi con l’ambiente, dove colloco l’Io? Quale funzione ha, visto che la funzione di interazione interno/esterno è già assolta dalla personalità? 

Come ho cercato di sottolineare in precedenza carattere, Io, personalità e reazione dell’individuo agli stimoli sono parte integrante di un processo in cui tutti gli elementi interagiscono tra di loro contribuendo alla formazione dell’espressione reattiva all’interno della vita sul piano fisico, e ognuno di essi è necessario e indispensabile affinché il processo si compia in maniera completa.

D – Io credo di aver capito che tutti noi incarnati, osservando gli effetti delle tre componenti inferiori che ci riguardano, tendiamo a farlo tramite l’Io, quindi tendiamo a vedere la risultante finale con le interazioni tra le tre componenti. Quindi: le tre componenti si muovono in fasi temporalmente diverse ma il nostro Io le percepisce come contemporanee. In realtà (secondo me) partono ognuna in successione secondo le decodifiche che appartengono a ognuna di loro e sono i loro effetti che si combinano portando al comportamento globale percepito dall’individuo? 

Direi che la tua analisi è corretta. Forse è da specificare soltanto che, come affermi, vi è una successione nell’attivazione delle decodifiche messe in atto che chiamano in gioco via via le varie componenti necessarie allo svilupparsi del processo, tuttavia i loro effetti, a mano a mano che le componenti si attivano per sviluppare il processo, non sono a stanti ma arrivano gradualmente a sommarsi agendo in contemporanea tra di loro fino a sfociare nel comportamento reattivo complessivo. Ed è proprio questo loro sommarsi che permette la completa strutturazione della reazione e il suo manifestarsi all’interno del piano fisico fornendo – come diciamo sempre – la massima gamma di elementi che potrebbero risultare utili all’acquisizione di elementi di sentire da parte del corpo della coscienza.

D – Se l’evoluto diventa a poco a poco svincolato dalle influenze esterne ma subisce solo quella del suo sentire, che fine fa la sua personalità? 

Il fatto che l’evoluto venga sempre più influenzato dal suo sentire piuttosto che dall’influenza esterna non vuol dire che egli, comunque non manifesti una sua personalità: il fatto che sia ancora incarnato significa che il suo sentire non è ancora totalmente strutturato e, di conseguenza, il processo reattivo ha ancora una sua ragione di essere, proprio per permettergli di portare a termine la strutturazione del suo sentire. Di conseguenza anche nell’evoluto, fino a quando è incarnato, esistono ancora carattere, Io e personalità, anche se si manifestano in maniera più aderente al sentire che possiede. D’altra parte, esistono diversi percorsi che l’individuo può compiere per arrivare a una comprensione e questo fatto non è ininfluente dal punto di vista della reattività dell’individuo, dal momento che l’aver seguito un percorso invece che un altro crea al suo interno dei cammini preferenziali nell’espressione delle sue reazioni.

D – Mi sembra logico pensare che se carattere e personalità sono fondamentalmente stabili, l’instabilità dell’Io è dovuta alla molteplicità degli archetipi transitori con cui l’individuo si trova a interagire: infatti, in un ambiente (per assurdo) sempre uguale a se stesso l’individuo reagirebbe sempre nello stesso modo e anche l’Io diventerebbe statico… 

Se è vero che la dotazione caratteriale dell’individuo è stabile non è vero che sia altrettanto stabile la sua personalità, ovvero la maniera in cui l’individuo reagisce agli stimoli. La manifestazione della personalità dell’individuo (e, in fondo, quel suo riflesso che è l’Io) è resa variabile da diversi fattori: prima di tutto, interiormente, dal continuo e graduale ampliamento del sentire dell’individuo a mano a mano che porta avanti il suo processo evolutivo e in secondo luogo, all’esterno, dagli Archetipi Transitori che lo conducono lungo i percorsi di esperienza che ha necessità di sperimentare per ampliare la sua comprensione. Queste considerazioni non possono che portarci ad affermare che l’Io, in quanto risultante dei processi interni dell’individuo – che non si arrestano mai – non può mai essere statico ma è sempre in continua trasformazione, per quanto impercettibile possa essere.

D – La creazione dell’immagine è più funzionale all’Io nei confronti di se stesso, o è più funzionale nei confronti dell’ambiente, e quindi degli altri?

Direi che la funzionalità dell’immagine ha la sua validità e importanza in entrambe le direzioni: l’immagine che l’Io ha di se stesso influenza il suo modo di affrontare la realtà che sta vivendo sul piano fisico ma, d’altra parte, l’immagine di se stesso che proietta all’esterno determina lo svilupparsi delle reazioni che l’esterno ha nei suoi confronti, fornendo, in questo modo, elementi di confronto utili per l’acquisizione di comprensione. Scifo

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