Evoluzione della coscienza (IIF3)

Introduzione insegnamento filosofico 3
Come abbiamo visto in precedenza, la materia dei vari piani si struttura in maniera diversa per formare i corpi che ogni individuo incarnato possiede, sempre diversi e sempre costruiti dal nuovo ogni volta che vi è la necessità di una nuova vita fisica. Quindi, ad ogni incarnazione, l’entità “indossa” un nuovo abito fisico, un nuovo abito astrale e un nuovo abito mentale, diversi da quelli posseduti nelle vite precedenti non soltanto come forma ma anche come struttura e composizione dei vari tipi di materia che li compongono.
Questi tre corpi (che noi definiamo transitori) devono essere rinnovati ogni volta proprio in quanto esauriscono la loro necessità e la loro utilità nel periodo che serve all’individualità incarnata per fare esperienza sul piano fisico e per trarre da questa esperienza ciò di cui abbisogna, in quel momento, per crescere.

Quando l’individuo incarnato giunge alla fine della sua possibilità di esperienza sul piano fisico, ecco giungere per il suo corpo fisico il momento di venire abbandonato dall’individualità, mettendo in moto quelle reazioni fisiologiche che, genericamente, l’uomo chiama “morte”.
Quando il corpo astrale avrà finito di esaminare le emozioni, i desideri e le passioni che avevano suscitato in lui le esperienze vissute sul piano fisico, ecco che anch’esso verrà abbandonato perché ormai inutile, andando anch’esso incontro alla disgregazione.
Quando il corpo mentale avrà terminato di ragionare sui perché di essere incarnato, anch’esso non avrà più scopo di esistere e si scioglierà nel mare della materia indifferenziata del piano mentale.

Questo non significa che nulla resterà all’individualità di ciò che ha vissuto nel corso del suo episodio incarnativo, tutt’altro: mai come da quel momento in poi ciò che ha sperimentato grazie ai tre corpi inferiori sarà importante, perché esso andrà a strutturare nuove porzioni del suo corpo akasico, fornendogli nuovi elementi di comprensione, talvolta definitivi, talvolta incompleti ma, proprio per questa incompletezza, stimolanti verso una nuova incarnazione alla ricerca della pienezza della comprensione.

Il corpo akasico, o corpo della coscienza, è, dunque, permanente in quanto è sempre lo stesso per tutto il tempo in cui l’individualità resta allacciata alla ruota incarnativa.
Con il concetto di “evoluzione della coscienza”, figli e fratelli, noi intendiamo l’intero processo che concorre, tramite l’impiego dei corpi transitori, a far comprendere a poco a poco al corpo akasico la sua appartenenza alla Realtà, la sua reale natura di parte indivisibile dal Tutto, il suo essere contemporaneamente unico e uno con tutte le altre individualità che procedono verso la riscoperta di se stesse.

Dall’osservazione di quanto abbiamo detto sin qui scaturisce evidente il perfetto meccanismo che costruisce la trama del vivere dell’individualità, e il fatto che molti dei perché che assillano l’uomo da sempre trovano in questa spiegazione della Realtà piena soddisfazione non come atto di fede, non come dogma imposto, ma come elaborazione logica nella quale tutto trova la sua perfetta collocazione, la sua evidente necessità, la sua inscindibile concatenazione.
Noi non vogliamo, infatti, che voi crediate a quanto vi veniamo a dire sulle ali di una nostra pretesa realtà di entità disincarnate di alta evoluzione: ben poca cosa risulterebbe essere alla fine, se così fosse, dal momento che basterebbe un qualsiasi vostro risentimento nei nostri confronti per farvi dubitare anche delle nostre parole! Ma se quanto vi diciamo vi appare logico, consequenziale, organico, strutturato, privo di contraddizioni nel tempo, la sua verità vivrà dentro di voi per sempre e qualunque si riveli, nel tempo, il vostro rapporto con noi.

Nulla di quanto abbiamo detto sin qua può essere trascurato: chi ipotizza una possibilità di evoluzione senza il concetto di reincarnazione, ad esempio, non può che dare una visione traballante sul piano della logica e poco credibile dell’intero processo evolutivo. Pensateci un attimo, figli: senza la possibilità di incarnazioni successive chi non arriverebbe fatalmente a concepire la divinità come un crudele burattinaio che dispensa favori o sfavori a seconda di come tira i dadi sull’immenso tavolo del suo gioco cosmico?
Questo è solo un esempio, miei cari, ma se provaste ad eliminare il concetto di reincarnazione dalle vostre concezioni potreste rendervi conto da soli di quanti perché essenziali resterebbero senza risposta e quanti nuovi e insolubili perché si verrebbero a creare.

Non è nostra intenzione, in questa sede, tracciarvi un riassunto del processo evolutivo del corpo akasico, perché risulterebbe di difficile comprensione ai più e, senza dubbio, manchevole, perché è impossibile tratteggiarlo con poche parole. Quello che ci preme farvi acquisire è il fatto che la vostra coscienza si va formando, non è statica, bensì si accresce gradatamente mentre voi vivete, e che è quanto essa ha compreso che segna i vostri ritmi di esperienza, le vostre manchevolezze, i vostri errori ma, contemporaneamente, vi fornisce delle giustificazioni al vostro modo di essere e di agire.
Se vostro figlio non ha ancora imparato che il suo cagnolino sente dolore fisico al suo stesso modo, potete fargli una colpa del fatto che gli tiri con forza la coda? Così vi chiediamo di guardare con occhio benevolo non solo gli altri ma anche voi stessi, ricordando sempre (senza però fare di questo una giustificazione al vostro perseverare nell’errore) che gli sbagli che un individuo commette sono conseguenza di ciò che non ha compreso, e che l’unico appunto che gli si può con ragione fare è quello di non aver lavorato abbastanza attentamente su se stesso, lavoro che, quasi certamente, sarebbe stata l’unica soluzione per non creare sofferenza agli altri e a se stesso.

L’individuo alle prime incarnazioni ha, in partenza, un corpo akasico privo di comprensioni, se non per quegli orientamenti elementari di base che le sue vite nel regno minerale, vegetale e animale gli hanno fornito. Sbaglierà, quindi, con molta facilità ma, altrettanto facilmente e rapidamente, acquisirà le comprensioni principali, quelle stesse comprensioni che formano i comandamenti basilari non solo di ogni religione ma, anche, di ogni vivere in comune con gli altri esseri umani.

L’individuo molto evoluto avrà, invece, un corpo della coscienza assai ben strutturato. Significa forse che egli non soffrirà più o che non commetterà errori? Niente affatto, fratelli e sorelle. Senza dubbio più facilmente le sue azioni saranno rivolte al bene, ma la comprensione della sua coscienza avrà bisogno di essere completata attraverso delle sfumature di comprensione. Così non ruberà mai qualcosa ad un’altra persona, ma dovrà, magari, comprendere che non è ladro soltanto chi svaligia una banca, ma anche chi non paga un sacchetto di plastica in un supermercato.
Non parlerà mai male di un’altra persona, perché avrà capito che, sempre e comunque, questa persona agisce in modo sbagliato per incomprensione di qualche elemento importante ma, magari, dovrà capire che anche non indicare l’altrui merito, quando è il caso, equivale a essere dei maldicenti, e via dicendo.

Poi verrà il giorno in cui tutti, uno per uno, arriverete a terminare la strutturazione del vostro corpo akasico, della vostra coscienza e, allora, il mondo fisico, astrale e mentale non eserciteranno più, su di voi, il loro irresistibile richiamo. Ma sappiate fin d’ora che l’abbandono incarnativo non è la vostra ultima meta: cambieranno gli strumenti, cambieranno le modalità, cambieranno le vie ma la vostra coscienza non avrà finito la sua evoluzione.
Essa si concluderà solamente allorché voi ritroverete quell’unione consapevole col Tutto che è tappa finale del vostro peregrinare attraverso gli incommensurabili scenari in cui viene messa in scena l’eterna rappresentazione del Grande Disegno. Baba


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2 commenti su “Evoluzione della coscienza (IIF3)”

  1. I concetti di evoluzione della coscienza e di incarnazione mi hanno permesso di far pace con ciò che credevo un’ingiustizia quando il catechismo insegnava che avevamo una solo vita da spendere su questa terra. Vedevo infatti Dio come “un burattinaio”, per usare una espressione di Baba, che dispensa privilegi e pene a caso o a piacimento.
    Ora capisco che l’amore dell’Assoluto c’è per tutti allo stesso modo, e che ciascuno di noi ha la sua strada personale per comprenderlo e sentirsi amato.

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  2. L’approccio laico, logico, quasi scientifico che l’insegnamento delle guide ha, è uno dei motivi che mi convincono della loro autenticità. Scevro da ogni ostentazione di spiritualità basata su dogmi o facili consolazioni, la filosofia che mettono a disposizione è volta all’indagine continua di sé. A scoprire i propri limiti e fornire gli strumenti per superarli. A non aver timore di affrontare il dolore, la solitudine o la gioia, perché tutto ciò è il percorso obbligato per giungere a nuove comprensioni. Sento grande libertà, ma contemporaneamente so che qualsiasi decisione prenderò mi porterà prima o poi all’unica meta. Libertà perché non ci sono giudizi o moralismi che mi ingabbiano, ma anzi è attraverso lo sperimentarsi in ogni aspetto umano, da quello più aulico a quello più becero che imparò a conoscermi ed ad aggiustare il tiro. Ma questa libertà in fondo è relativa perché un’unica meta abbiamo davanti ed è così per tutti. Questo che un tempo avrei percepito come un limite, facendomi scalciare, ora mi contiene e rassicura. Mi permette di procedere con fiducia, nonostante i ragli e gli inciampi numerosi.

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