L’avventatezza della mente

L’avventatezza della mente non è una cosa semplice da comprendere, perché per arrivare a definirla nella sua interezza essa andrebbe esaminata nei suoi perché che provengono dai corpi inferiori, ma anche da quelli che provengono dal suo corpo akasico per non andare oltre.

Voi sapete che il corpo mentale dell’individuo è quel corpo che elabora i pensieri, le idee, i ragionamenti di ogni essere incarnato, ed egli riceve più direttamente rispetto ai corpi inferiori (l’astrale e il fisico), gli impulsi che provengono dalla sua coscienza, quindi quegli impulsi che la sua comprensione, o la sua mancata comprensione, inviano verso i corpi inferiori per spingerli verso le esperienze che possano aiutare il corpo akasico a comprendere maggiormente dei particolari importanti, delle sfumature o dei concetti basilari.

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Al corpo mentale, però, ricordiamolo, contemporaneamente arrivano anche le altre spinte delle componenti dell’Io, ovvero i dati sensoriali provenienti dal corpo fisico, e le emozioni che ciò che accade sul piano fisico, dove l’individuo vive, provocano all’interno dell’individuo incarnato.

Ecco che tutti questi elementi arrivano, in qualche momento dell’esistenza dell’individuo, a incontrasi e scontrarsi all’interno del corpo mentale, alimentando pensieri e ragionamenti, incrementando l’arrivo di dati all’elaborazione mentale per poter comprendere, conoscere mentalmente.

Ma, molte volte, questi dati arrivano in maniera talmente elaborata, complessa e incessante da indurre il corpo mentale a pensare di aver raggiunto una soluzione di qualche tipo, mentre, invece, era soltanto una deduzione basata su elementi sbagliati, o addirittura una deduzione incompleta o errata. E poiché ciò che pensa il corpo mentale, nella sua parte inferiore, arriva poi a tradursi in azione all’interno del piano fisico, ecco quindi il comportamento avventato.

L’avventatezza, quindi, può avere molte cause: può essere un’avventatezza spinta dal bisogno di comprensione del corpo akasico che attraverso l’impulso che invia al corpo mentale induce l’individuo ad agire per raccogliere elementi all’interno del piano fisico e, quindi, far ricevere al corpo akasico nuovi fattori da integrare nella sua comprensione.

Oppure può provenire dai bisogni dell’Io, da questo insieme di spinte fisico-astrali-mentali che tendono a falsare l’idea di se stesso che ha ogni individuo, spingendolo impulsivamente a mostrarsi agli altri con delle maschere che lo mostrano diverso da quello che è, in realtà, molte volte cercando di apparire migliore di come egli è, ma così spesso finendo per indossare maschere grottesche che lo rendono più brutto di quello che egli sia.

Fare un’analisi dell’avventatezza, è possibile, ma io ve lo sconsiglio poiché riuscire a comprendere queste pulsioni nella loro estrema complessità (e, poiché gran parte di queste pulsioni provengono dal vostro corpo akasico, difficilmente da voi incarnati possono essere comprese e viste con attenzione), vi porterebbe – quasi sempre – a fare una grande fatica inutile.

Molto meglio allora applicare il conosci te stesso non sull’avventatezza della mente, ma su come questa avventatezza si presenta all’interno del piano fisico, perché – non dimenticatelo – voi siete sul piano fisico perché interagite con gli altri, ed è l’interazione con gli altri che vi fa comprendere voi stessi e vi fornisce all’esterno uno specchio di ciò che voi siete all’interno, cosicché nel guardare come voi agite con gli altri, molto probabilmente potrete trovare la strada per arrivare a comprendere come voi agite con voi stessi. Rodolfo


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3 commenti su “L’avventatezza della mente”

  1. Siamo molto complessi, difficili da conoscere.
    Forse meglio non indagare troppo per farsi delle idee di sé che poi diventano gabbie e magari son pure idee sbagliate.
    Il conosci te stesso è un processo lungo, mai terminabile.
    Ma poi chi conosce chi?
    Mi spiego meglio: chi è il soggetto invitato a conoscere: la coscienza? Dubito perché vi accediamo in parte; la mente? Dubito che un compito così fondamentale sia affidato ad un corpo perituro…

    E chi è il soggetto che deve essere conosciuto? La coscienza, la mente…? Vedi sopra.

    Probabilmente si intenderà che la complessità dell’individuo, intesa come insieme di tutti i suoi corpi, denna conoscere la medesima complessità intesa allo stesso modo.

    Quindi una sorta di autoconsapevolezza, ossia consapevolezza di sé.

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  2. Un invito ad abbandonare quel voler capire “a tutti i costi”.
    Si perché la mente ha un po questa pretesa, la pretesa di poter arrivare dappertutto.

    Anche qui si affaccia quel saper lasciare andare

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