L’osservanza delle leggi

D – In questo mondo ci sono tantissime leggi che gli Stati mettono, più o meno giuste. Il nostro comportamento deve seguire quelle leggi oppure le può anche evitare, contestare?

Questo è un discorso un pochino delicato perché, secondo l’insegnamento delle Guide, la risposta corretta da dare a questa domanda sarebbe che le leggi esistono ma dovrebbero essere seguite nella misura in cui il sentire dell’individuo sente che sono giuste. Questa dovrebbe essere la risposta corretta.

Il problema è che dare una risposta di questo tipo fornisce un’arma, una scusante alla persona perché chiunque allora, a quel punto, sulla base di un’ipotetica evoluzione posseduta potrebbe rifiutarsi di seguire qualsiasi legge.
Le leggi, d’altra parte, sono spesso delle catene, spesso sono ingiuste, però in linea di massima sono, teoricamente, anche se magari sbagliate, fatte per cercare di fornire delle condizioni abbastanza giuste alla popolazione cui sono rivolte.

Pensate – per dire una banalità – al divieto di mangiare carne di maiale dei popoli arabi; sembra una legge stupida, tutto sommato, e invece no, ha una sua logica razionale perché la carne di maiale provoca certe reazioni fisiologiche che in un certo ambiente, con una certa temperatura costante, alta, nel tempo può provocare dei problemi fisiologici. […]

[…] L’individuo con una certa coscienza dovrebbe, intanto, rendersi conto, cercare di capire, documentarsi su quello di cui sta parlando e, in quel momento, quando ha tutti gli elementi per poter decidere, se ha una buona coscienza, una buona evoluzione, potrebbe dire: «Questa legge mi sta bene» o «Questa legge non mi sta bene» e allora deciderà se seguirla o meno; e, a livello individuale, il discorso può anche essere giusto.

[…] Certamente l’individuo con una grande evoluzione può dire: «Io mi sento al di fuori di questa legge e non la seguo, ma nel momento che non la seguo quanti altri, inconsciamente, verranno dietro a me non seguendo questa legge che io non sento e che, tanto, so già che non infrangerò perché, se è una cosa giusta, certamente io comunque non andrò contro questa legge; e se è una cosa sbagliata, non ci posso poi fare nulla, alla fin fine, se non dare il buon esempio?

Quante persone mi verranno dietro soltanto perché, magari, io sono un esempio e loro seguono quello che io dico? E quanto male posso fare col mio comportamento, facendoli mettere in situazioni che non capiranno, in contrasto con le istituzioni, in contrasto con chi sta intorno a loro?».

[…] Una domanda. Io sono un individuo che lavora; faccio già fatica a lavorare perché lavoro ce n’è poco e tre quarti di quello che lavoro se lo porta via lo Stato. È una legge che io ritengo iniqua, non è giusta, quando vedo poi, oltre tutto, che intorno a me si fanno sprechi su sprechi […] E allora ritengo che questa sia una legge iniqua e non la voglio seguire e allora non pago più le tasse.
Supponiamo che uno riesca a fare in modo tale da non essere scoperto dalle istituzioni e quindi non pagarne le conseguenze istituzionali: sarebbe nel giusto o nello sbagliato?

[…] Qua stiamo parlando a livello di coscienza personale, non stiamo parlando a livello generale, e di un caso particolare. Ora, anche se qualcuno ha detto che sarebbe giusto, in questo caso, io dico: sì, potrebbe in teoria essere giusto se non ci fosse il fatto che, magari, quelle quattro lire vengono a mancare a – che ne so io – alla pensione di un’ottantenne che non ha altra sussistenza, per esempio.

[…] E allora, miei cari, noi vi diciamo una cosa: in un caso del genere non potete contestare le istituzioni nel momento che vi mettete da voi stessi fuori legge.
Potete contestare quello che accade nel momento che siete in pace con la vostra coscienza e che nessuno può attribuire colpe a voi. Georgei

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