Modelli morali ed esigenze del sentire

D – Volevo chiederti: noi perseguiamo la nostra personale evoluzione ma la responsabilità di poter indirizzare le nostre scelte in una certa maniera, che comporterà comunque una serie di ricadute, anche negative, qualora noi perseguissimo la nostra felicità, il raggiungimento di certi fini, di certi traguardi personali, come la possiamo gestire?

Guarda, la responsabilità di quello che fate, comunque sia, è sempre vostra in tutti i casi; e in tutti i casi tenete presente che quanto voi fate può avere delle ricadute sugli altri, quindi queste ricadute sono si un problema dell’altro, magari che reagisce alle vostre azioni e quindi ha a sua volta delle responsabilità, però voi avete sempre la responsabilità dell’innesco della situazione. Questo accade comunque. Non è facilmente gestibile questa cosa.

L’unico modo per gestire nel modo migliore le proprie responsabilità ritorna sempre a essere lo stesso, quello di conoscere voi stessi ed eliminare dalle vostre azioni, il più possibile, gli influssi dovuti al vostro Io, ai vostri desideri egoistici; non vi è altra maniera.

D – Sì, certo. È sempre riportarsi alla conoscenza di se stessi. Questo potrebbe comportare una difficoltà tra scegliere l’obbedienza e cadere nella rassegnazione?

L’obbedienza a cosa?

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D – L’obbedienza a certe istanze di tipo morale che abbiamo ormai introiettate e fatte nostre.

Ma non mi sembra che abbiate introiettato tante istanze di tipo morale, se proprio devo essere sincero. Certamente vi sono dei modelli che vengono presentati all’individuo fin dal suo nascere, dei modelli dovuti alle regole della società, dei modelli dovuti ai modelli religiosi, addirittura – come chi segue l’insegnamento sa o forse comincia ad aver capito – anche dei modelli provenienti dai piani superiori, dai famosi archetipi.

Però tutti questi modelli che voi mettete dentro voi stessi, non è che sono diventati vostri, in realtà: sono andati a combinarsi con quelle che sono le vostre esigenze di comprensione, le vostre esigenze evolutive; tant’è vero che, se voi vi osservate bene, non fate altro che andare contro questi modelli che possedete. 

Se… che so io… la religione cristiana vi avesse messo all’interno veramente i modelli predicati dal Cristo… voi sareste tutti santi! Invece nessuno di voi è un santo, nessuno di voi – se soltanto può – non accresce un attimo il suo patrimonio in qualche modo, magari non del tutto lecito; se qualcuno di voi, magari, vede una bella ragazza o un bel ragazzo e – diciamo cosi – “ci prova” anche sapendo che non era il caso di farlo, e via dicendo; tutte queste cose le fate comunque, al di là degli ipotetici modelli morali che avete all’interno.

Questo significa allora che questi modelli che introiettate, sì, esistono dentro di voi come ipotesi ma, poi, vanno a scontrarsi con quelle che sono le vostre realtà, le vostre esigenze; e quindi hanno una validità molto relativa se non, appunto, come esempio a cui fare riferimento per avere un confronto tra ciò che, alla fin fine, quello per voi risulta giusto o risulta ingiusto. 

Ed è questo, poi, quello che più vi provocherà problemi quando abbandonerete il corpo fisico, perché voi sapete che allora vi sarà un certo periodo di tempo in cui osserverete la vostra vita e, all’inizio, lo farete giudicando voi stessi e le vostre azioni in base a questi primi modelli che avete davanti; e già lì comincerete a soffrire, perché vi renderete conto che questi modelli, che magari idealmente alcuni, la maggior parte, ritenevate giusti, voi li avete calpestati, non li avete seguiti, li avete ignorati.

Ecco, quindi, che continuerete questa analisi esaminando i vari modelli, esaminando le cose dal punto di vista affettivo, dal punto di vista emotivo, dal punto di vista razionale, e via dicendo, dando voi stessi un giudizio complessivo sulla vostra vita. E qua è dura!

Voi non ve lo ricordate, ma senza dubbio è un momento duro per ognuno che abbandona il piano fisico, per quanto evoluto possa essere, perché vi sono sempre e comunque delle cose che uno deve comprendere. Anche se è evoluto, per il fatto stesso di essere incarnato, significa che ha ancora qualcosa da comprendere.

D – Quindi rimandiamo a dopo la comprensione delle nostre scelte e delle nostre rinunce.

No, no… Bisogna che chiarisca questa cosa se no non va bene. Rimandate a dopo l’acquisizione della comprensione (la trascrizione della comprensione nel corpo akasico, ndr), la scoperta della comprensione non la comprensione; lo preciso perché non vorrei che alcuni che magari è poco che frequentano gli incontri, pensassero che uno comprende dopo morto; no: la comprensione avviene da vivo sempre e comunque. Se non vi è un corpo fisico esistente all’interno del piano fisico non è possibile ottenere la comprensione delle esperienze. Georgei


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