Nessuno può toglierci la sofferenza

D – Sono stato colpita da una frase che è stata detta all’inizio: che tutto quello che succede è per il nostro bene; quindi anche la sofferenza è un’esperienza a volte necessaria per evolvere.

Quando non abbiamo imparato o capito delle cose in altra maniera allora, l’unico modo per farci capire è la situazione di sofferenza. Fatta questa premessa, siamo in periodo di Quaresima e fra poco si celebrerà la Pasqua, che senso ha il sacrificio di questo grande Maestro che ha sofferto per noi, cioè per i nostri errori? La sua sofferenza in che modo può aiutarci, se dobbiamo essere noi a fare l’esperienza?

Guarda, i grandi Maestri – quando intervengono all’interno del Grande Disegno in modo tale da poter dare un’impronta al Disegno, poterlo dirigere nella direzione in cui è scritto che il Grande Disegno debba dirigersi – principalmente agiscono attraverso l’esempio. Voi siete solitamente più attenti a quello che i Maestri dicono piuttosto che a quello che fanno; ma se prendete proprio il caso – ad esempio – di Cristo, vi renderete conto che con il suo comportamento, con il suo modo di essere ha indicato la via per poter modificare la propria esistenza.

Basta, come citavo prima, la frase “Sia fatta la Tua volontà e non la mia” per dare un’impronta diversa a tutta la realtà dell’individuo, perché significa rendersi conto che quello che è importante, che è veramente importante, non è la sofferenza che si sta vivendo sul momento, non è ciò che desidera il proprio Io in quel momento, ma è riuscire a seguire quella che è la volontà dell’Assoluto; perché è soltanto seguendo fino in fondo la volontà dell’Assoluto che si riesce a trovare quell’equilibrio, quella pace, quella comunione d’intenti che veramente può far arrivare a uscire dalla ruota delle nascite e delle morti.

Ecco, quindi, che l’intervento nelle cose terrene di un Maestro come il Cristo ha avuto principalmente – almeno secondo il mio modo di vedere – l’intento di indicare dei capisaldi verso cui dirigere l’umanità, verso cui dirigere il sentire delle persone; capisaldi che poi sono stati usati, trasformati – come sempre succede – da chi doveva portare avanti questo discorso. Ma non voglio entrare qua nell’annosa polemica nei confronti del Papa o di altre figure simili; diciamo che, comunque sia, al di là di ciò che è avvenuto dopo, che è la trasformazione naturale che avviene quando le cose passano attraverso alle mani e alle menti degli esseri umani, quello che è importante è riuscire a far tesoro non tanto delle parole (che nel tempo sono state anche trasformate, arrivando fino a voi) ma dell’esempio che ha dato quel Maestro; così come altri Maestri prima e qualcuno anche dopo di lui.

  • Letture per l’interiore: ogni giorno una lettura spirituale breve del Cerchio Ifior e del Cerchio Firenze 77, su Whatsapp e su Telegram.
  • Sintesi dell’insegnamento filosofico del Cerchio Ifior: COME LA COSCIENZA CREA LA REALTA’ PERSONALE, qui puoi ordinare il libro. Se lo stai leggendo e vuoi supporto, scrivici.

D – Quindi non è esatto dire che lui ha sofferto al posto nostro, come si ascolta in alcuni…

No, assolutamente. Sarebbe un po’ troppo comodo, mi sembra; se uno ci pensa con attenzione, sarebbe comodo dire come fanno certi presunti maestri indiani: “Siamo venuti per togliervi i vostri peccati, soffriamo noi per voi, vi togliamo il vostro karma” e via dicendo.

Ma, allora, che senso avrebbero avuto le vite di quegli individui fino a quel momento? Nessuno! Mentre invece ha senso dire: “Io sono qua, col mio esempio e con la mia sofferenza vi indico come si può andare incontro alla sofferenza patendo meno”.

Questo certamente è un insegnamento che poi, in realtà, aiuta effettivamente gli altri a non soffrire, perché se uno riesce a dire “Sia fatta la Tua volontà” la sua sofferenza non dico che sparisce – quella fisica, naturalmente – ma quella interiore sparisce completamente, a quel punto; e se sparisce la sofferenza interiore voi sapete che è anche facile riuscire a sentire molto meno quella fisica.

D – Ma allora tutto quello che succede durante la vita di una persona è proprio del suo karma, non è neanche evitabile?

La maggior parte degli avvenimenti non è evitabile, no. Questo però, purtroppo, è un discorso molto complicato da poter affrontare in un incontro come questo. Certamente quello che l’individuo vive nel corso delle sue vite ha un significato, ha un perché; questo significato va ricercato non soltanto nel corso della vita che l’individuo sta vivendo ma anche nel corso delle vite precedenti che ha vissuto; però il filo conduttore di tutte le vite dell’individuo è dato da che cosa?

È dato dalle comprensioni che ha tratto nel corso delle vite. Se c’è qualche cosa che non ha capito in una vita, è necessario che lo capisca nella vita successiva altrimenti non andrebbe avanti e, se questa cosa continua a non essere compresa, ecco che a un certo momento dovrà venire un’esperienza tale per cui l’individuo sarà costretto a osservare questa esperienza, a farla, e quindi a trovarcisi talmente dentro da non poter evitare di farla e, quindi, da non poter non comprendere quello che poteva comprendere prima se solo avesse voluto. Georgei


Print Friendly, PDF & Email

4 commenti su “Nessuno può toglierci la sofferenza”

  1. “….quello che avrebbe potuto comprendere prima, se solo avesse voluto”.
    Queste parole, suonano come schiaffi per me.
    Se da un lato ognuno fa ciò che è possibile in base alle proprie comprensioni, dall’altro c’è la possibilità di evitare certe scene se solo voglia comprendere.
    Difficile capire qual’ è il confine.

    Rispondi
  2. La sofferenza, di ogni tipo essa sia, non si può delegare!

    L’altro cardine che si imprime è che l’esempio, sia individuale sia dell’altro, è il mezzo più efficace attraverso cui viene manifestato l’ essere maestro e l’essere allievo.

    Rispondi
  3. “… quello che è importante, che è veramente importante, non è la sofferenza che si sta vivendo sul momento, non è ciò che desidera il proprio Io in quel momento, ma è riuscire a seguire quella che è la volontà dell’Assoluto…”

    Sia fatta la Tua volontà, non la mia. Mi sottopongo alla sofferenza necessaria all’acquisizione di comprensioni, non fuggo.
    Abbandonarsi alla Sua volontà significa smettere di fare resistenza ai fatti della vita e quindi gradualmente smettere di soffrire.
    Finché la sofferenza è vissuta come un’ingiustizia e non se ne comprende il significato, essa è vissuta con maggior dolore.
    Avere consapevolezza che la sofferenza non è un’ingiustizia, ma ha una funzione cosmica nel grande disegno, aiuta ad accettarne l’inevitabilità e ad alleviarne il peso.

    Rispondi

Rispondi a Natascia Annulla risposta