Essere se stessi e cambiare nei rapporti

Un elemento importante nella costruzione di un rapporto è il sentirsi alla pari.
Più c’è la sensazione, tra due persone, di essere tra di loro alla pari, più è facile che il rapporto duri nel tempo, si costruisca e sia proficuo per entrambe.
Il senso dell’essere alla pari è dato dalla sensazione che ha il componente del rapporto di poter essere stesso così com’è, alla stessa maniera in cui lo può essere l’altro, quindi con la disponibilità ad accettare il bello e il brutto dell’altro, ma anche la disponibilità a mostrare il bello e il brutto di se stesso. Questo è il vero modo di essere alla pari. (Scifo)

Essere, quindi, alla pari significa sapere che, comunque sia, l’altro non cerca a tutti i costi di mascherare sé stesso, ma sa che può presentare anche le sue maschere, i suoi errori, i suoi tormenti, le sue miserie in piena libertà, sapendo – col tempo, col rapporto – di poter essere aiutato ad osservare meglio quali sono le cose da modificare, o da migliorare di se stesso, e sapendo che questo è valido da entrambe le parti.
È, quindi, un continuo scambio, un continuo dare e avere, che è quello che, in realtà, tiene in vita il rapporto. (Moti)

Eh già, creature, perché il rapporto tra le persone certamente ha una base comune di partenza che getta le condizioni necessarie e sufficienti perché il rapporto si possa creare: non è, infatti, che il rapporto possa nascere dal nulla.
Se due persone creano un rapporto, questo accade perché vi sono dei motivi particolari che ne permettono la creazione.
Non stiamo ad allargare troppo la visuale andando a cercare la motivazione di questa possibilità di creazione di un rapporto nelle vite precedenti – anche se chi conosce l’insegnamento filosofico sa che, nel corso delle varie incarnazioni, ci si rincontra molto spesso in gruppi al fine di scambiare esperienze, debiti o crediti karmici -, limitiamoci qui ad un discorso più terra-terra, che potrebbe fare e comprendere chiunque non conosca niente dell’insegnamento filosofico.
La creazione del rapporto avviene nel momento in cui dei bisogni comuni vengono messi a confronto e si riconosce nell’altro la possibilità di essere una chiave di lettura, o di interpretazione per comprendere, chiarire, appagare questi bisogni.
Ora, è evidente che non può bastare semplicemente questo, perché, allora, si tratterebbe soltanto di una cosa prettamente egoistica, punto e basta: “io appago i tuoi bisogni, tu appaghi i miei bisogni”.
In realtà la cosa è più complicata e più sottile: perché il rapporto possa crescere è necessario che venga alimentato cercando di non cristallizzare in sé stessi, cercando di mostrare di volta in volta all’altra persona i propri cambiamenti perché sono essi che danno vita al rapporto, che mostrano che è vivo, che aiuta a cambiare, dando speranza e coraggio all’altro per darsi da fare a sua volta per cambiare anch’esso.
Ecco, quindi, che non è più semplicemente un appagamento di bisogni ma è, invece, un porgere all’altro una forza per arrivare a comprensione e, quindi, a nuova evoluzione.
Il rapporto, perché debba e possa continuare a vivere, ad esistere, non può essere statico; nel momento in cui è statico non esiste più, è soltanto una facciata di comodo perché non si ha il coraggio di andare oltre, o di comprendere che l’altro è cambiato, o che noi stessi si è cambiati.
Questo è un altro punto importante: rendersi conto che la persona con cui si instaura il rapporto è diversa momento dopo momento, non restare fissi sull’idea che si ha di essa, essere elastici nella relazione ricordando che quella persona fra un attimo, un’ora, un giorno, un anno, sarà diversa da quella che abbiamo conosciuto, e non facendo i nostalgici e ricordando “Ah, com’era bello il passato, quando quella persona era così”, perché quella persona non sarà mai più com’era, per forza di cose.
Allo stesso modo in cui voi stessi, attimo dopo attimo, sarete diversi nel corso del tempo.
E, proprio dalla misura in cui voi sarete diversi nel corso del tempo, si può valutare quanto un rapporto è fruttuoso e utile.
L’importante è cercare di “essere ciò che si è”; quindi togliersi le maschere di volta in volta e mostrarsi il più possibile come si è in quel momento; e il “come si è in quel momento” riflette inevitabilmente i cambiamenti che ci sono stati.
Se tu osservi una persona senza le sue maschere, vedi che era così fino a una settimana fa, la settimana dopo era già diversa, e la settimana prossima ti si mostrerà ancora diversa; hai la possibilità di vedere come questa persona è cambiata e, contemporaneamente, come tu sei cambiato nell’osservare i suoi cambiamenti, perché, ricordate, che c’è sempre uno scambio, una reciprocità, comunque sia.
Invece, molte volte, vi immergete nei vostri ruoli di compagno, compagna, padre, madre, figlio e pensate che per avere un buon rapporto con il vostro compagno, compagna, padre, madre, genitori, fratelli, sorelle la cosa migliore sia dire “Sì”, fare la risatina, accontentarsi del quieto vivere e continuare nella routine.
In quel modo uccidete il rapporto; non è quello il modo di costruire una vera relazione.
Il vero rapporto è quello che ti permette di dire all’altro, magari anche arrabbiato, mostrandoti nella tua rabbia, quello che pensi che stia sbagliando, su cui non sei d’accordo.
E il vero rapporto è quello che permette all’altro, che ascolta la tua rabbia, di non lasciarsi prendere dalla rabbia a sua volta, ma di considerare che magari potrebbe esserci qualcosa di vero in quello che dici. (Scifo)


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8 commenti su “Essere se stessi e cambiare nei rapporti”

  1. Per me una conferma! Ho sempre pensato e parlato al mio compagno del rapporto in questi termini! E quando in passato la staticità ha prevalso il rapporto ha iniziato a prendere una via di non ritorno…..Grata di quanto letto!

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  2. Difficile aggiungere qualcosa. Analisi chiara, efficace e completa. Una sollecitazione a non rimanere ancorati ai vecchi schemi e ad osare nuove modalità più consone a ciò che si è conseguito nel sentire. Grazie

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