Essere sinceri con se stessi [A6]

Vi abbiamo chiesto spesso di essere sinceri con voi stessi. Ma vi siete mai soffermati un po’ più a lungo su cosa veramente vi esortavamo a fare? Troppo spesso vi fermate al primo senso, quello più banale, delle parole che vi rivolgiamo, senza cercare di comprendere un po’ meglio e in maniera più articolata quello che vi proviene da noi.

Cosa significa «essere sinceri»? Se analizzate con attenzione le cose che dite quando parlate con gli altri (ma anche con voi stessi) vi accorgerete immediatamente che il novanta per cento di quello che dite non è sincero, e che, d’altra parte, non può essere che così.

Fate una prova: accendete un registratore e poi registrate il racconto di qualche episodio della vostra vita. Poi riascoltate quanto avete detto. Vi accorgerete con facilità che il vostro racconto è stato influenzato dai vostri desideri, le vostre speranze, le vostre aspettative che tendono a rendere l’episodio che avete raccontato falsato dai ricordi che usate per raccontare.

Già osservando le vostre parole che descrivono l’episodio vi accorgerete che non avete raccontato l’episodio ma quello che voi avete notato, quello che vi ha colpito dell’episodio stesso e che avete tralasciato il resto tendendo a mettere in buona o cattiva luce secondo le motivazioni del vostro Io quello che raccontate con la scelta di determinati elementi a scapito di altri.

«È normale» vi sento dire in coro «è colpa della percezione soggettiva della realtà», senza soffermarvi più che tanto sul fatto che, senza dubbio, questo è un meccanismo comunemente messo in atto da ogni individuo incarnato, e dimenticandovi con una certa facilità che la vostra soggettiva percezione della realtà non è la causa, bensì l’effetto.

La causa risiede in voi, nelle vostre incomprensioni, nell’io che le riflette e che cerca come spesso vi ho suggerito di adeguare a la realtà invece di cercare di fare esattamente l’opposto. Perché l’Io dovrebbe fare questo? Perché questo gli permette di spostare l’attribuzione delle responsabilità il più possibile all’esterno di voi stessi, fosse anche soltanto alla vostra percezione sul piano fisico.

Dal punto di vista strettamente logico mi sembra evidente che, esistendo il meccanismo della percezione soggettiva della realtà, nessun essere incarnato sarà mai veramente sincero, pur essendo, magari, veramente convinto di esserlo.

A questo punto le possibilità sono due: o, con un certo gusto del sadico, vi chiediamo di fare qualche cosa che in realtà voi non potete fare, oppure l’ottica nella quale ci rivolgiamo a voi è diversa. Ovviamente è vera questa seconda ipotesi! Vito

Se ci pensate un attimo con attenzione, vi renderete conto che noi non vi abbiamo chiesto di essere sinceri genericamente, e come potremmo chiedervi di essere sinceri nel corso delle vostre giornate se i vostri presupposti nell’introiettare la realtà sono sempre estremamente labili e soggettivi?

Non vi abbiamo neanche chiesto di essere sinceri con gli altri: essere sinceri con gli altri vorrebbe dire avere ormai superato il vostro Io e, se fosse così, non avremmo neppure bisogno di parlarvi di sincerità, perché sareste sempre, spontaneamente e senza mediazioni da parte della vostra mente, veramente sinceri.

Vi abbiamo sempre chiesto, invece, di essere sinceri con voi stessi, perché questo è il primo passo da compere per arrivare a essere veramente sinceri.

Osservate quando siete o dite di essere innamorati: se soltanto vi trovate di fronte all’occasione di parlare dell’oggetto del vostro amore tendete a mentire spudoratamente a voi stessi e agli altri, la vostra obiettività va immediatamente a carte quarantotto, fornite un’immagine estremamente falsa dell’altro, come minimo omettendo le cose che non vi piacciono o vi danno fastidio in maniera di presentare l’altro come un compendio di pregi e qualità positive.

Questo è un argomento sul quale si potrebbe parlare per volumi e volumi: cosa può celare un comportamento di questo tipo? Molte cose, ovviamente: dalla soddisfazione di mostrare agli altri che persona eccezionale si rapporta con voi (cosa che, di riflesso, accresce voi stessi a vostri stessi occhi), al desiderio di avere l’approvazione degli altri per trovare una giustificazione alle cose che nascondete a voi stessi. Ma l’amore, creature? L’amore è un’altra cosa.

Non è fatto di parole, di descrizioni, di pregi o di difetti, è fatto di sentire e il sentire, ormai lo sapete, fluisce senza bisogno di essere ammantato di parole. Chi ripete all’amato mille volte al giorno che lo ama quasi certamente lo fa per rassicurare se stesso sulla verità del proprio amore. Oppure perché è diventata un’abitudine espressiva e, in questo caso, ovviamente, non è più la manifestazione del proprio amore ma, veramente, solo un’abitudine, quindi priva di un reale significato profondo.

Chi tra voi non è d’accordo su queste mie parole pensi a quante volte nel corso della sua vita si è dichiarato innamorato e si chieda come mai quegli amori non esistono più, spesso sostituiti da rancore e disinteresse. Se fosse stato veramente amore, anche nel momento che, per esigenza di esperienze, le persone coinvolte hanno prese strade che le hanno portate lontane, il legame non si sarebbe mai spezzato ma si sarebbe, tuttalpiù, trasformato in un altro tipo di amore, diverso, ma non per questo meno sentito. Scifo

Ma, allora, cosa significa «essere sinceri con se stessi» visti tutti gli ostacoli che si frappongono tra voi e la vostra sincerità?

  • Significa osservare se stessi mentre si sta vivendo e restare attenti a quello che si dimostra con gli atti, più che con le parole.
  • Significa accorgersi di quando s’imbelletta o si rende drammatica oltre il lecito le situazioni che si vanno ad affrontare.
  • Significa avere il coraggio di ammettere con se stessi che quello che si sta facendo o dicendo non è vero, senza per questo farsi soverchiare dai sensi di colpa, bensì ricercando nella propria obiettività la radice comune dell’amore, quell’amore che fa dire semplicemente e con grande serenità (Moti):

Io ti amerò per come sei
non per come vorrei che tu fossi,
e vorrei che anche tu mi amassi
per le mie bellezze
ma anche per le mie incomprensioni.

Se ti vedrò, se mi vedrai,
se ci vedremo il più possibile così come siamo
io sarò la stampella che ti sorreggerà
nel tuo cammino verso il cambiamento,
e tu sarai lo specchio
che mi mostrerà incessantemente,
con fermezza ma con costanza,
quello che devo trasformare in me,
lasciandomi aiutare per poterti aiutare.

Così, guardando con attenzione
dentro ai miei occhi,
riconoscerò finalmente me stesso
senza più sentirmi solo, perduto, incompreso,
tradito, deluso, abbandonato, frustrato,
impaurito, ferito, spezzato. Il poeta

Annali 2008-2017

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