Il nucleo del somatismo: la tecnica delle parole associate [A111-soma5]

D – In presenza di un somatismo comportamentale l’utilizzo dei chakra diventa molto più complicato. Il mio ragionamento si blocca nel momento in cui devo trasportare un comportamento che ho magari da anni, e associarlo a qualcosa che riguarda un mio chakra.

Nel somatismo fisico io ho l’aggancio che mi viene dato dall’organo fisico, e quindi, tramite quello, riesco a risalire dal somatismo alla fonte del mal di testa; per esempio, tramite lo schema riesco a capire che può riferirsi a un determinato chakra, quindi l’energia maggiormente coinvolta dal mio somatismo è quella legata al corpo mentale. Però mi risulta più difficoltoso applicare lo stesso procedimento quando si tratta di somatismi comportamentali.

Infatti vi avevo anticipato che quando si è in presenza di sintomo fisico, tutto sommato, il percorso è relativamente semplice e facilmente individuabile, visto che si è in presenza di qualche cosa di reale, di concreto, di facilmente osservabile nella sua estrinsecazione. Così come avevamo anticipato che per quello che riguarda i somatismi di tipo comportamentale, le cose risultano più complesse e, come giustamente cercavi di dire tu, è difficile per i somatismi comportamentali riuscire a riferirli ai chakra.

Questo significa che la strada da percorrere, perlomeno per quello che riguarda la partenza dell’esame del sintomo, debba essere diversa, anche se, secondo me, diversa solo fino a un certo punto. Vediamo se qualcuno ha una intuizione per capire quale può essere il punto di partenza.

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[…] D – Forse capire se è di natura emotiva o razionale.

Bravo. Quindi in caso di somatismo comportamentale si può fare, in realtà, lo stesso percorso che abbiamo esaminato fin qui, senza necessariamente dover fare riferimento a quanto detto sui chakra; infatti, basta osservare voi stessi dal momento in cui siete diventati consapevoli che un vostro comportamento somatico, quindi ripetuto, vi dà sofferenza, dolore, dispiacere, e vi induce delle reazioni che vi disturbano. Osservate queste vostre reazioni e incominciare a chiedervi che cosa c’è in esse di fisico, di emotivo, cosa c’è di razionale.

Il fatto di osservarvi e di porvi queste domande non fa altro che ricondurre, con altri termini, al discorso fatto sui chakra. Infatti, nel momento in cui vi rendete conto che gran parte del somatismo comportamentale che mettete in atto coinvolge principalmente la vostra sfera emotiva, è chiaro che questa sfera emotiva fa riferimento principalmente ai tre chakra centrali, e quindi da lì potete andare avanti lungo il vostro percorso.

Voi direte: “ma non è sempre così semplice riuscire a trovare le diverse componenti di un comportamento che può creare problemi, altrimenti cercare di risolvere il somatismo sarebbe quantomeno più facile! Possibile mai che non esistano dei modi per cercare di avere qualche elemento in più, perché ci sembra che questo somatismo comportamentale possa veramente essere ostico da decifrare?”.

In effetti, tecniche ce ne possono essere tante, ma ce n’è una semplicissima, molto semplice che si può applicare da soli o facendosi aiutare anche da un’altra persona, senza avere la necessità di grandi basi culturali o teoriche, armati anche soltanto dal vostro buon senso e dalla vostra buona volontà: una volta che avete individuato il vostro comportamento, cercate tre definizioni del vostro comportamento, una definizione che riguardi il vostro comportamento fisico, una che riguardi il vostro comportamento emotivo, una che riguardi il vostro comportamento mentale; che so io: “sudo”, “divento ansioso”, “il cervello va in confusione”, per dire tre cose, una fisica, una emotiva, una mentale.

La tecnica delle parole associate

E già a questo punto, intanto, senza che voi ve ne rendiate veramente conto, avrete messo in moto il meccanismo che focalizza la vostra osservazione e la vostra attenzione su qualche aspetto del vostro somatismo. Però, se volete, potete fare anche qualcosina in più: nel momento che avete trovato questi tre aspetti del vostro somatismo, cercando possibilmente di condensarli con una parola, scrivete le tre parole su un foglio e poi (lo potete fare da soli o facendovi aiutare da qualcuno di vostra fiducia) fatevi dire uno alla volta i tre termini che avete estratto, e rispondete immediatamente alla parola con quello che vi viene in mente, qualunque cosa essa sia, anche la più stupida e assurda.

È una tecnica semplicissima (ben conosciuta in psicologia e, in particolare, nella psicologia proiettiva del profondo) che risulta facilissima da usare e da applicare anche senza un profondo livello di conoscenza della teoria su cui si basa. Quello che è essenziale, per i nostri scopi, è la rapidità con cui la risposta alla parola-stimolo deve essere data, perché, grazie a essa, è possibile evitare gran parte (anche se non tutte) delle barriere che l’Io altrimenti porrebbe coi suoi meccanismi di difesa e di censura.

Questo significa che le risposte, per quanto assurde possano sembrarvi sul momento, osservate con attenzione, possono aiutarvi a indicarvi la direzione in cui dovete guardare. Vi sembra complicato?

D – Allora, io scrivo queste tre cose, e dopo?

Supponi che trovi, “sudore”, “ansia”, “confusione”. Viene detto “sudore” e tu, il più velocemente possibile dici quello che ti viene in mente. E così via per le altre parole. Comunque, basta che andiate a cercare su internet “associazioni verbali” e troverete facilmente spiegazioni su questa tecnica, il che, tutto sommato, male non vi può fare.

Limitare le barriere dell’Io

D – Esiste un modo per togliere le barriere che l’Io, sapendo quello che si sta cercando di fare, tenderebbe ad attivare?

Certamente, l’Io tenderebbe a barricarsi, ma voi – non dimentichiamolo – non siete il vostro Io e voi volete (o per lo meno “vorreste”) risolvere il vostro sintomo; senza dubbio l’Io ha paura di affrontare il significato del sintomo, tuttavia si rende conto dei benefici che tutto questo gli può portare rendendolo più forte e più stabile di come si sentiva prima, e, reagendo a questa dicotomia paura/rafforzamento, tenderà a limitare l’innalzamento delle sue barriere. Col risultato che non vi ostacolerà più di tanto, a meno che non andiate a toccare nuclei per lui particolarmente difficili da accettare.

Ricordate, d’altra parte, che se il somatismo arriva alla vostra coscienza, questo significa che in parte è riconosciuto dal vostro Io, quindi più facilmente questi permetterà che voi cerchiate di scoprire qual è il nodo dolente che sta al vostro interno, mettendo in atto quel meccanismo di cui vi abbiamo parlato più volte e che vi porterà a poter lavorare con l’Io invece che contro l’Io.

D – Nel momento in cui rispondiamo alle parole-stimolo, dobbiamo mantenerci focalizzati sul nostro somatismo oppure lasciare le associazione totalmente libere.

Dovete cercare di non pensare, e cercare di rispondere in maniera talmente veloce da non aver il tempo di pensare; potete fare prima delle prove, con delle parole diverse, anche senza senso, per abituarvi a rispondere immediatamente con quello che vi passa per la mente in quel momento.

Annali 2008-2017

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