La felicità: accettare il proprio corpo fisico (1f)

Voi siete abituati ad andare a cercare la felicità lontano e all’esterno, in ciò che vi presenta l’esistenza: osservate ciò che nel corso delle vostre giornate turba la vostra tranquillità e cercate di modificare lo stato di cose che intorno a voi non vi soddisfa o non vi si confà.

Ciò che noi vi diciamo non è di agire sul mondo esterno, ma di cercare quell’equilibrio, quella felicità che dagli altri o dal mondo pretendete, all’interno di voi.
Sì, lo so, che questo “ricercare all’interno di se stessi la felicità” non è un insegnamento facile e totalmente comprensibile, eppure vi assicuro che è possibile seguirlo.

Come farlo, da dove partire? Questo voi chiedete insistentemente perché, indubbiamente, tutti voi desiderate, sperate, cercate la felicità, e vi trovate impotenti ad osservare dentro di voi cercando di applicare quel “conosci te stesso” che più volte vi abbiamo proposto, brancolando in quel marasma di dubbi e di incertezze che trovate al vostro interno e che non riuscite a sciogliere.
Da dove partire, dunque, qual è uno degli elementi più validi e principali da cercare per arrivare a conoscere se stessi e, quindi, arrivare un passo in più accanto alla felicità? Rodolfo

Il problema dunque, non è quello di modificare il mondo a immagine e somiglianza di ciò che l’individuo desidera, in modo che egli si senta appagato, gratificato, ma è quello di modificare se stessi in funzione del proprio desiderio di felicità.

Come sottolineava il fratello Rodolfo, tutti voi conoscete l’insegnamento del ‘conosci te stesso’, tutti voi animati di buona volontà e di buone intenzioni vi siete messi più di una volta a cercare di conoscervi ed il buio non si è dissipato, anzi il più delle volte il buio è diventato ancora più profondo, lasciandovi immersi in una sensazione di impotenza veramente difficile da accettare e naturalmente, in questo modo, aumentando la vostra infelicità.

Cerchiamo, allora, di fornirvi questa sera un piccolo bandolo della matassa affinché voi afferriate questo bandolo e, aggrappandovi ad esso ed arrampicandovi lungo esso, riusciate un po’ alla volta a trovare tutte le altre matasse che sono al vostro interno.

La prima cosa da fare, da cercare di fare, quanto meno, è riuscire ad accettare se stessi, La vostra infelicità, creature, così come quella di quasi tutti gli uomini, nasce soprattutto dal fatto che non vi accettate come siete.
Non è una cosa nuova neppure questa!

Voi vi rendete conto di non accettarvi, qualche volta almeno. Tuttavia è ancora troppo vago: questo perché vorreste partire, per l’accettazione di voi stessi, non dalla vostra fonte, non da ciò che più vi è vicino, bensì dalla parte che mostrate agli altri.

Mi spiego meglio. Per incominciare ad accettare se stessi è necessario, prima di tutto, accettare il proprio corpo fisico.
Pensate di accettare il vostro corpo fisico, creature?
Se così fosse, al di là di quelli che possono essere i problemi di salute, le cure dietetiche non sarebbero così di moda.
Se così fosse non vi preoccupereste in continuazione di come siete vestiti.
Se così fosse vi basterebbe pettinarvi al mattino senza pensare ad acconciature da parrucchiere.
Se così fosse vi accontentereste di un vestito semplice anziché di un vestito firmato.
Se così fosse non vi mettereste, che so, ombretti, rossetti, fondo tinta e via e via e via, perché se vi accettaste come siete non avreste bisogno di mascherare il vostro viso per apparire migliori di come siete. Giusto?

Invece, sempre, l’individuo tende a coprire ciò che pensa non vada bene fisicamente per se stesso. Ora, con questo, certamente non intendo dire che ognuno di voi debba andare in giro nudo per le strade, in modo da dimostrare di non avere problemi con il proprio corpo fisico!
Anche perché – ricordatelo sempre – l’insegnamento va visto sempre in una duplice ottica: quella che riguarda l’individuo e quella che riguarda gli individui che gli stanno intorno.

Tuttavia è necessario, appunto, riuscire ad accettare il proprio corpo fisico, così da non sentirsi in imbarazzo se sudano le mani quando si stringe la mano ad una persona, ad esempio; non sentirsi in imbarazzo se, per qualche motivo, non si riesce a camminare come una indossatrice… sentirsi, quindi, a proprio agio, perché sentirsi a proprio agio nei movimenti significa essere sicuri che il proprio corpo fisico è esattamente come c’è bisogno che sia, e che nessun corpo fisico è più bello o più brutto di un altro, al di là di quegli schemi ideali che variano, così come variano le culture nel corso dei secoli.

D’altra parte basta vedere l’evoluzione dell’ideale tipico della bellezza nel corso dell’ultimo secolo per vedere come si è passati da una bellezza prosperosa ad una bellezza molto magra nel breve volgere di pochi decenni, e questo vi indica che non vi è una vera “bellezza in ”, dell’oggetto, ma la bellezza sta in chi guarda l’oggetto.

E se voi vi rendeste conto che il vostro corpo è bello quanto quello degli altri, incomincereste intanto col togliervi la goffaggine, col non provare invidia per i corpi degli altri e riuscireste anche a non mettervi in competizione con l’altrui essere fisico.
E se riusciste a fare questo sarebbe già un passo avanti nell’accettazione di voi stessi. Scifo


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6 commenti su “La felicità: accettare il proprio corpo fisico (1f)”

  1. Non è semplice sfuggire ai condizionamenti di una società che ci vuole tutti “fighi”. Per quanto possa essere marginale il bisogno di riconoscimento, è facile cadere nel giudizio, personale prima di tutto, che ci porta a sentirci inadeguati e che ci porta a nascondere i nostri difetti. Mi chiedo anche, se la ricerca estetica (quando non si esagera!), non sia anche simbolo di rispetto per sé e di quell’aspirazione al bello, insito in ogni essere umano (tenuto conto che il concetto di bello, è molto soggettivo). Credo che questo secondo aspetto abbia radici più profonde del semplice bisogno di piacere. Tutti noi siamo attratti da ciò che è bello. Importante, credo sia, non lasciarci condizionare dalle lusinghe di un mondo incentrato sull’esteriorita’ e superficialità, ma cercare il bello che immancabilmente ognuno di noi ha.

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  2. Penso ad amici portatori di handicap fisico e mi domando quanto possa essere difficile per loro accettarsi. Osservo però che a volte sembrano più pacificato rispetto ad altri normodotati. Accettare sé stessi presuppone un buon livello di disidentificazione. Grazie.

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  3. “se riusciste a fare questo sarebbe già un passo avanti nell’accettazione di voi stessi”
    Quanto è vero! E comunque questo non contrasta, come dice Natascia, con la nostra ancestrale ricerca del bello, intesa per me come armonia delle forme, che va al di là della evoluzione del concetto di bellezza.

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  4. Personalmente non mi lascio condizionare dalla forma estetica, ma certamente, come scrive Natascia il concetto di bello, di armonia è insito in noi e ciascuno è bene che sappia trovare e/o accettare il bello in se stesso.

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  5. Questione annosa l’accettazione del proprio corpo fisico… eppure sono sempre più consapevole della funzione che riveste dal punto di vista delle comprensioni da acquisire in questa esistenza.Osservo i passi in aventi per scorgere compassione…

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  6. Il corpo fisico è un costituente dell’essere e ritengo che anche attraverso esso si esprima il grado di evoluzione della persona, nel senso che la parte esterna parla di quella interna. È l’espressione del bello che abita il nostro profondo, ognuno con le sue particolarità, nell’armonia del tutto.
    Questa è la vera bellezza!!
    Di questo post terrò a mente che la bellezza sta negli occhi di chi guarda….

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