La motivazione che ci spinge ad aiutare gli altri

D – Quando aiutare qualcuno è un bene, o si fa un bene, o quando aiutando qualcuno si fa un male alla persona che si vuole aiutare?

Vedi, è molto difficile rispondere a questa domanda perché le risposte possono essere tantissime, a seconda delle diverse situazioni, dei diversi casi.

Vi sono casi in cui la persona aiuta un’altra persona per motivi egoistici, magari perché si aspetta qualche cosa in cambio, non soltanto per togliere l’altro dalla difficoltà e allora, in quel caso, secondo la propria coscienza, uno dice: «Ma allora è giusto che io aiuti se lo faccio in maniera egoistica? Non sarebbe meglio che riconoscessi il mio egoismo e non dessi questo aiuto?». Io direi che la regola principale da seguire è che, comunque sia, uno deve cercare di fare quello che sente di fare.

D – Qual è l’intenzione effettiva che muove l’aiuto, in questo caso?!

Diciamo che quello è addirittura dopo; prima cercare di sentire quello che uno sente interiormente di fare, quale che sia il motivo per cui sente di farlo.
Se un individuo sente di aiutare un’altra persona, bene, a quel punto non si stia a chiedere se l’altra persona verrà veramente aiutata o meno ma cerchi di aiutarla; poi, il riesaminare i motivi del suo desiderio di aiutare sarà un compito suo, sarà ciò che lo aiuterà a comprendere quell’esperienza che ha vissuto e, quindi, ad acquisire evoluzione.

Tenendo presente il fatto che l’individuo che viene aiutato, comunque sia, non è detto che accetti il vostro aiuto. Quante volte voi porgete la mano e la mano non viene accettata? Quindi il vostro dare, il vostro essere sempre disponibili, essere pronti a dare nel momento che sentite di farlo è una cosa che «per voi» è molto importante, per l’altro individuo può essere importante se veramente ha bisogno di quel tipo di aiuto, se sente che quell’aiuto gli è utile.

Pero può accadere – e questo tenetelo presente, per evitare poi amare delusioni, o cocenti delusioni – che l’altro individuo può aspettare, può intendere come «aiuto» tutt’altra cosa da ciò che voi gli offrite e, quindi, non essere riconoscente per la vostra offerta d’aiuto; ma l’importante – ripeto – non è tanto chiedersi se l’aiuto sortirà un effetto o meno, quanto dimostrarsi disponibile verso l’altro; il quale – ripeto – se sentirà che voi potete aiutarlo, a quel punto si mostrerà a sua volta disponibile, altrimenti tutto finirà così.
Certamente non dovete imporre il vostro aiuto a una persona che non vuole essere aiutata!

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D – Amare gli altri, che sono i nostri fratelli, ma l’amore è un sentimento. Se questo sentimento non c’è, come lo si può sollecitare, come si può imparare ad amare?

Ah, vedi, cara, imparare ad amare è la cosa più difficile che possa esistere nel corso del cammino evolutivo; tant’è vero che occorrono diverse, parecchie decine d’incarnazioni per incominciare ad avere un barlume di quello che sia il trasporto d’amore. Ecco, per imparare ad amare l’unico modo possibile è quello, appunto, di compiere il proprio cammino evolutivo.

È una cosa che si impara poco alla volta, attraverso i piccoli particolari, le piccole rinunce, i piccoli sacrifici, anche le piccole e grandi sofferenze, arrivando ad aggiungere volta per volta un mattoncino a quanto si è compreso, vita dopo vita, attimo dopo attimo; è l’unico modo in cui si può veramente imparare ad amare.

Quello che fa quasi rabbia – sotto un certo punto di vista – di tutta la situazione è che quando ognuno di voi, e di noi, avrà imparato ad amare, dopo aver passato tutte le varie valli di sofferenza, di dolore, di tormento, e così via, ecco, in quel momento avrà compreso cos’è l’amore e in quel momento non si incarnerà più, non si presenterà più sul mondo fisico per mettere in atto – con le altre persone sul piano fisico – quell’amore che sentirà dentro di .
Questo, perché quest’amore gli avrà fatto comprendere che non sarà più necessario espletarlo attraverso la materia, ma dovrà essere qualche cosa che si rivolge a ben altra sottigliezza di materia.

D – Quindi ognuno ama secondo la propria evoluzione?

Certamente; tant’è vero che l’amore è sempre meno egoistico avanti che si va nel tempo, avanti che si compie il proprio cammino.

D – La domanda precedente può essere rivolta anche per la fede. E’ giusto?

Direi di sì, in buona parte, direi di sì; anche se forse la fede è qualche cosa di un pochino più rarefatto, perché l’oggetto della fede alla fin fine è un’ipotesi, mentre nel rapporto d’amore c’è sempre una persona verso cui è indirizzato, quindi sembra qualcosa di più diretto, di più materiale, di più tangibile.

Avere fede, invece, nel senso diciamo religioso della parola, ipotizza la presenza di un Essere superiore, un Essere creatore; e questo Essere superiore, questo Essere creatore si può soltanto intuire per brevi momenti ma non si può mai sentirlo tangibilmente, o avere la certezza che esista; quindi, forse la fede è qualche cosa che esiste in maniera larvata già all’interno del corpo astrale e deriva forse addirittura, come spinta, da quella che è la «vibrazione prima», dalla Scintilla. È qualcosa, insomma, che fa un po’ «da filo» per tutte le «perle» dell’incarnazione, del cammino evolutivo.

D – Tempo fa ho letto una frase che mi ha colpito molto che diceva di vivere la propria vita per gli altri. Mi puoi dire la tua opinione?

Ah, sarebbe bello riuscirci, sarebbe bello che tutti voi ci riusciste, ma se c’è qualcuno tra voi che ci riesce «che scagli la prima pietra», potrei dire, sicurissimo di non attirare nessuna pietra! Certamente questo, diciamo, più che un messaggio che dice ciò che «devi» fare, va interpretato (come un po’ tutti questi tipi di messaggi) come l’indicazione di una meta.

D – Ah, come una meta finale.

Certamente. Anche quando le Guide principali parlano del «vero amore», quel vero amore non è che pretendano che adesso voi lo possediate! Possono esserci dei momenti in cui «per sbaglio» riuscite a esprimere questo vero amore, ma questo vero amore riuscirete a raggiungerlo soltanto quando sarete al momento adatto per raggiungerlo, quindi ancora fra diverse vite, chi più e chi meno. Non dovete prendere l’insegnamento etico-morale come un comandamento per ciò che «dovete essere ora»; è invece un’indicazione per ciò che «sarete certamente in futuro». Questo, senza dubbio, è un motivo di speranza; non un comandamento, un imperativo. Georgei


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5 commenti su “La motivazione che ci spinge ad aiutare gli altri”

  1. “Cercare di fare quello che interiormente si sente di fare”

    Sacrosanto!!
    Ma per fare ciò occorre un’attenzione, una vigilanza, una consapevolezza, una lucidità senza fine!

    Ad ogni attimo si ricomincia il lavoro da capo, ad ogni attimo si abbatte e si ricostruisce il tempio!!

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  2. Se qualcuno ha bisogno del nostro aiuto e siamo nella condizione di poterlo dare, non ha importanza la motivazione che ci spinge a farlo, tanto anche in un’azione che sorge gratuita, finchè siamo incarnati, l’io chiede comunque la sua parte, anche se marginale. Come le Guide dicono, intanto aiutiamo, poi analizziamo il nostro comportamento.

    Per quanto riguarda l’Amore man mano che si evolve si comprende che non è un sentimento ma la “natura” intrinseca dell’Essere, pertanto è l’Essere stesso.
    Nel divenire si declina come affetto, amicizia, tenerezza, innamoramento, compassione, amore umano.

    Per quanto riguarda la fede, non direi che il suo oggetto è un’ipotesi
    poichè se l’Essere fosse tale, cadrebbe ogni discorso evolutivo, non si amplierebbe il sentire, non si giungerebbe ad “amare”. Dell’Essere si fa esperienza,o si coglie in sè e fuori di sè. L’Essere rimane un’ipotesi per chi ancora non è “pronto” a scoprirlo.

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  3. Sempre, anche nel gesto d’amore verso l’altro, la scena è per noi, perché si possa analizzarla e comprenderla.
    Ecco che cade ogni pretesa al proprio senso di utilità, cioè ogni rafforzamento dell’Io.

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