La nuova nascita e il condizionamento del karma (IF8)

Insegnamento filosofico 8
Di recente qualcuno tra voi voleva sapere se le incarnazioni precedenti influenzano l’ultima incarnazione ed eventualmente quali tracce lasciano sull’ultima vita di un individuo, come possono condizionarlo e via dicendo.
Ad ognuno di voi può essere capitato di sentire un’attrazione particolare per qualche paese, di sentire quasi il bisogno fisico di recarsi a visitare certi posti, o di avvertire internamente una repulsione per certi luoghi o per determinate epoche del passato. Questi, spesso, sono segni che quei luoghi o quelle epoche sono stati teatro di un’incarnazione di quell’individuo nel corso della sua evoluzione, incarnazione vissuta felicemente o infelicemente.
Accade che quando l’ultima incarnazione ha dei punti di contatto, come carattere, con quelle vite trascorse in altri luoghi e altre epoche, è facile che avvengano dei passaggi di emozioni, di sensazioni, di ricordi provenienti da quella vita del passato.
Questo sta a significare che le vite passate pongono le basi di quella che è ora la vita, e le pongono in modo così complesso che è molto difficile poter dire ad ognuno di voi quale vita attualmente stia influenzando ciò che vivete. Tutto questo in qualche modo coinvolge, ricorda, quella che viene generalmente definita come legge del karma, ovvero la famosa legge di causa ed effetto, per la quale un’azione compiuta in una vita passata può portare a una reazione nella vita successiva.
Attraverso queste reazioni, sia piccole sia grandi (non pensate, infatti, che il karma sia solo fatto di grosse malattie, di grosse influenze), si può affermare che ogni giorno che vivete, ogni attimo che vivete, è nato dall’effetto di tutto ciò che avete subito o attuato, positivamente o negativamente, giustamente o sbagliando, nelle vostre passate esperienze.
Naturalmente adesso mi sto riferendo soltanto alle vite umane, ma per farvi comprendere che la cosa è molto più complessa, vi ricordo che non soltanto le vostre precedenti vite umane hanno posto in essere ciò che ora voi siete, ma anche tutte le altre incarnazioni vissute come animali, come piante, addirittura come minerali. Perché dovete considerare tutte le vostre incarnazioni, tutte le incarnazioni di un individuo, non come ognuna a stante, ma come una catena che lega molti anelli l’uno all’altro e che non può essere rotta, altrimenti la catena non avrebbe più significato. Moti

Se voi osservate un bambino nei suoi primi mesi di vita, per non dire addirittura nei suoi primi anni di vita, potete vedere che questo piccolo essere ha bisogno di attraversare determinate esperienze al fine di imparare a non commettere più certi errori. Infatti il bambino, solitamente (e direi addirittura sempre) nei suoi primi mesi di vita, ha la tendenza – per esempio – a cadere.
Se voi osservaste quante volte nel corso del suo primo anno un bambino cade, vi spaventereste al pensiero di quante volte è stato vicino a morire, di quante volte i genitori si sono spaventati o preoccupati inutilmente per queste cadute; ma in realtà è sempre ben difficile che accada qualche cosa di grave, tranne casi limite. Queste cadute potrebbero sembrare degli errori, errori di comportamento dovuti all’inesperienza del bambino, errori di attenzione dovuta all’inettitudine di genitori disattenti, ma in realtà hanno una loro funzione ben precisa, ovvero quella di far imparare al bambino che non è ancora padrone del suo corpo, del senso dell’equilibrio, delle distanze, delle proporzioni, affinché in seguito – allorché le sue capacità percettive e reattive si sono sviluppate maggiormente – non commetta più quel tipo di errori e passi ad altre esperienze.
L’esempio del bambino è molto significativo per spiegare e per dare un’idea un po’ più aderente alla realtà del cammino evolutivo che un individuo compie nel corso di varie incarnazioni.
Il cammino di un’individualità, il cammino di un’anima – come molto spesso si è soliti dire – comporta una specie di evoluzione da uno stadio infantile ad uno stadio più maturo, e i passaggi da uno stadio di «sentire» e di evoluzione sempre più grandi, molto simili al percorso compiuto da una persona dal momento in cui nasce al momento in cui muore.
Cioè vi è la necessità di compiere determinate esperienze al fine di prendere le misure dell’esistenza, prendere le misure del suo sentire, affinare i suoi strumenti, ed ottenere un’evoluzione maggiore. Ecco quindi che, per imparare – ad esempio – a non uccidere, è necessario sempre, e dico sempre, passare attraverso all’omicidio, perché soltanto dopo aver fatto un’esperienza di quel tipo in prima persona (e molto spesso dopo averla ricevuta da altri, sempre in prima persona) si arriva alla fine a comprendere che quel tipo di azione, quel tipo di esperienza, non bisogna più compierla.
Può colpire il fatto che stiamo parlando di omicidio, ma questo in realtà è valido per qualunque altro aspetto dell’evoluzione dell’individuo, da quello più grande come può essere appunto l’omicidio, a quello più semplice come può essere ad esempio quello di portare via una penna lasciata incustodita in un ufficio postale, atto che sembra insignificante: anche la morale comune, in fondo, non è certo pronta a stigmatizzare un comportamento del genere!
Ma, d’altra parte, ricordate anche che la morale comune non è la morale dello spirito, e che l’individuo che alla sua morte osserva poi le sue azioni è sempre un giudice molto severo ed osserva non soltanto le azioni gravi, molto gravi, che ha fatto, ma anche quelle piccole.
E questo perché, in realtà, per poter procedere non basta superare le azioni gravi, ma bisogna, un po’ per volta, superare tutte le proprie percezioni, affinare tutti i propri aspetti del sentire, fino ad arrivare ad un sentire più completo, un sentire che – ripeto – non è fatto soltanto dalla comprensione dei grossi errori compiuti, ma anche di quei tanti piccoli errori che, molte volte, son di più difficile soluzione degli errori grossi, perché sfuggono facilmente all’attenzione ed è più facile ignorarli, cercando di dimenticarsene. Scifo

Nascere significa semplicemente ritrovarsi nuovamente nel mondo fisico per proseguire il proprio cammino spirituale. La nascita nel mondo della materia significa, quindi, riprendere un qualcosa che era stato interrotto, riprendere un qualcosa di incompiuto; non incompiuto per cattiva volontà, ma soltanto e semplicemente per avere il tempo necessario di meditare e ripensare a tutto quello che si era fatto fino a quel momento.
Così, se un individuo vede interrotta la propria vita in un momento culminante, in un momento importante per la sua esistenza, non si rammarichi di quella morte improvvisa (almeno tale, apparentemente, può sembrare) poiché ciò che ha lasciato, verrà presto ripreso, proseguito, portato a termine.
Il vero senso della nascita sta dunque in questa possibilità di continuare le proprie esperienze, di poter giungere, gradatamente, lentamente (d’altra parte per comprendere un concetto, una realtà, è sempre necessario procedere con una certa calma, una certa cautela) alla comprensione della Realtà, di quella Realtà che, una volta compresa e assimilata, non richiederà più all’individuo di rivestirsi di nuova materia e di ritornare nel mondo degli uomini.
La nascita e tutte le conseguenze che essa comporta, è ancora una volta il segno della continua presenza di quell’Amore che sempre e ovunque ci segue. Fabius

Che cosa accade allorché l’entità nel piano akasico deve incarnarsi? Succede che la sua coscienza cade totalmente in uno stato di torpore; figurativamente – e in modo tale che la similitudine possa tornare utile nel prosieguo – si potrebbe dire che l’entità si avvolge in se stessa chiudendosi come in un guscio, e in questo guscio si addormenta aspettando, poi, di risvegliarsi in un nuovo corpo.
Com’è che avviene la discesa all’interno del nuovo corpo?
Ritornando alla nostra similitudine, l’entità incomincia a sprofondarsi verso i piani inferiori, e via via che sprofonda in questi piani attraversa i vari sottopiani di ogni piano e, ad ogni sottopiano che attraversa, riunisce attorno a sé una certa quantità di materia di quel sottopiano, ricoprendosi di involucri su involucri di materia e, naturalmente, la materia che raccoglie non è raccolta a caso.
Arrivato al piano fisico, questo guscio incomincia a mettersi in contatto – a stringere gli allacciamenti, se così si può dire – con quella prima piccola parte del suo corpo che si va gradatamente ingrandendo.
Non si può affermare, infatti, che fin dall’inizio l’entità sia completamente presente ed identificata con il corpo di cui usufruirà, ma questo contatto si farà via via più stretto, non soltanto durante i primi nove mesi di esistenza (ché, anzi, quelli sono quasi una cosa a sé) ma dal momento della nascita in poi, perché è da quel momento che tutti i vari corpi incominceranno ad avere contatti sempre più complessi con il corpo fisico fino ad arrivare, finalmente, al momento in cui l’individuo con tutte le sue possibilità fisiche, astrali, mentali, sarà sostanzialmente completo e avrà, quindi, la possibilità di capire tutto ciò che vorrà capire di se stesso e dell’esistenza che condurrà.
Incomincerà, cioè, a rendere veramente utili le sue sofferenze, le sue gioie, le sue ricerche, i suoi dispiaceri, la sua solitudine, i suoi rapporti, e incomincerà quindi a trarre veramente dalla sua vita ciò che più gli serve, ovvero l’esperienza e la conoscenza di se stesso. Scifo


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7 commenti su “La nuova nascita e il condizionamento del karma (IF8)”

  1. Questo tema così come il prepararsi alla morte mi commuovono.
    È evidente come sia un tutt’uno.
    Vivere bene, al meglio delle proprie comprensioni, prepararsi al distacco per rimettersi poi lo zaino in spalla in una nuova incarnazioni .
    Gratitudine per il Cerchio Ifior.

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  2. Il susseguirsi naturale del ciclo morte/vita, fino a raggiungere l’unità. Porre attenzione ad ogni passo, affinché l’apprendere possa essere meno faticoso. Grazie alle guide, per avermi fatto comprendere qual’è l’orizzonte!

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