L’interpretazione della propria vita dopo la morte (IF6)

Insegnamento filosofico 6
Da quando il fascino delle dottrine orientali ha invaso il mondo occidentale, si fa un gran parlare di karma e questo termine, codesta parola, viene il più delle volte usata veramente a sproposito, anche perché le persone che la usano non sono a conoscenza del reale significato del termine.
In realtà il termine karma significa semplicemente «azione»; quindi, con karma si dovrebbe indicare tutto ciò che fa parte dell’attività, del movimento, dell’azione, della vita stessa.
Ma più che analizzare il karma sotto questo punto di vista, vorremmo questa sera addentrarci in un altro argomento inerente sempre il karma e cioè: in quale modo il karma può influire sulle valutazioni che l’individuo fa sulla propria esistenza, allorché si ritrova nel mondo «spirituale»?
Mi spiegherò meglio: l’individuo, dopo la morte, si trova, prima o poi, a dover fare un’analisi della propria esistenza. In che modo, quindi, la conoscenza di queste dottrine della teoria karmica, può influire, può facilitare la comprensione, può aiutare l’individuo nella valutazione di se stesso e della propria esistenza?
E ancora, una volta lasciato il mondo fisico l’individuo risente ancora di questa legge, è sottoposto ai suoi effetti, subisce insomma ancora l’influenza della legge karmica? Vito

Nel corso della serata ho sentito parlare di percezione soggettiva della realtà, quindi di mondo dell’illusione, di illusorietà percepita da ogni individuo.
Normalmente – leggendo il nostro o l’altrui insegnamento – si arriva a concepire che in effetti l’individuo incarnato, all’interno quindi, del mondo fisico, ha la una percezione largamente illusoria di ciò che vive e di ciò che lo circonda; però raramente le persone si pongono il problema di quanto sia illusoria la percezione dell’individuo allorché abbandona il veicolo fisico, tant’è vero che, specialmente in ambiente medianico, si tende a considerare ogni comunicazione (vera o presunta tale) come detentrice di Verità.
Bene, creature, è ovvio che non è vero: ciò è una conseguenza logica di tutto l’insegnamento che in questi anni io o altri abbiamo svolto.
Infatti, l’individuo che abbandona il veicolo fisico, come voi sapete, si trova subito dopo ad esser vivo all’interno del piano astrale, ma il fatto che egli sia vivo su un altro piano di esistenza non significa assolutamente che egli sia migliore, che egli sappia di più, che abbracci maggiori Verità.
In realtà l’individuo che entra nel piano astrale, allorché lascia il piano fisico, porta con tutte le idee, i preconcetti, la conoscenza, i pregiudizi, i condizionamenti che possedeva da incarnato; si porta con sé, quindi, tutto ciò che era suo come modo d’essere nel piano fisico.
Ecco perciò che ha le stesse idee, gli stessi giudizi o pregiudizi, gli stessi errori concettuali, le stesse conoscenze e, naturalmente, anche la propria tendenza a percepire illusoriamente la realtà che vive, ed il fatto che questa realtà faccia parte del piano astrale, e non più del piano fisico, non cambia per nulla la situazione.
Se, come è stato detto prima, il termine karma significa azione e quindi abbraccia tutto ciò che l’individuo compie, ecco che l’individuo che lascia il piano fisico, assieme alle sue illusioni porta con sé anche quello che è il suo karma.
Con questo non intendo affatto dire che l’individuo, all’interno degli altri piani di esistenza, tra un’incarnazione e l’altra, può assolvere il karma che ha accumulato (questo è un discorso che affronteremo un’altra volta), ma intendo dire che gli effetti karmici che hanno strutturato il suo modo di essere nella vita che ha appena abbandonato si fanno sentire ancora, come effetto, in ciò che egli si trova ad essere all’interno del piano astrale.
Ecco, quindi, che la sua attenzione nel momento in cui giudica la propria vita appena terminata, sarà puntata su particolari aspetti che sono quelli che l’individuo – per rispettare il suo karma – dovrà attentamente osservare, riconoscere e comprendere, in modo da prepararsi al passo successivo, costituito dall’incarnazione seguente.
Voi, quindi, potete immaginare che l’individuo, allorché si troverà ad osservare, a interpretare, a giudicare la propria vita, non osserverà fin nei minimi particolari tutto ciò che ha vissuto, ma compirà inconsapevolmente una sorta di selezione tra le azioni che ha compiuto, scegliendo quelle che in realtà potrà arrivare a comprendere.
Certo, le azioni che ha compiuto in vita si rifletteranno poi nelle vite successive come karma, però di quelle non si renderà conto fino a quando la reazione che ha mosso non gli si presenterà in un momento in cui sarà in grado di comprenderla.
Quando, qualche tempo addietro, all’interno del Cerchio capitava abbastanza sovente (con gioia di alcuni e meno gioia di altri) di presentare a mo’ di esempio dell’insegnamento, delle identificazioni, vi è stato il caso di un’entità che era stata fatta intervenire a sua insaputa, facendo presentare, tramite lo strumento, una parte, dei brandelli, delle briciole di quello che era il giudizio che essa stava compiendo sulle proprie azioni commesse in vita, e vi è stata più di una persona che è rimasta sorpresa nel sapere che questa entità era da qualche tempo ferma ad osservare l’episodio del furto di un panino in un panificio.
Certo: il furto di un panino, considerando tutti i furti che vengono commessi nella vostra società, non è poi una gran cosa e in apparenza sembra che non debbano esserci seri motivi per soffermarcisi più che tanto in un’analisi di vita, tanto più che, sicuramente, in una vita un individuo ha certo compiuto qualcosa di ben più grave di quello che può essere il furto di un panino.
Invece, ripeto, da quei dialoghi risultava evidente che quel tale Filippo (come lo avevamo chiamato per convenzione) si era soffermato in particolare proprio su quell’episodio e che su quell’episodio tendeva ancora a soffermarsi. Cosa v’era, dunque, di così grave nel furto di quel panino?
Il fatto era che quel tal Filippo non possedeva una grande evoluzione, era quindi in una fase di incarnazione in cui aveva bisogno di comprendere i fattori basilari dell’evoluzione e della consapevolezza: ecco, quindi, che aveva compiuto una cernita tra le varie azioni compiute in vita e, tra queste, vi era quel piccolo furto che gli poteva offrire – attraverso l’analisi dell’episodio – la comprensione di alcuni aspetti che non aveva ancora compreso.
L’amico Filippo, infatti, si era soffermato sul furto di quel panino ed era giunto poi a delle conclusioni che erano semplicemente queste: egli aveva rubato quel panino non per bisogno, non perché aveva fame, ma semplicemente per fare un dispetto, una malignità e questo, al suo livello evolutivo, costituiva veramente un grosso ostacolo, un grosso blocco, un grosso nodo da sciogliere.
Certo, nella sua vita successiva, avendo compreso l’episodio di cui parlavamo, non gli capiterà più di compiere un tal tipo di azione, perché da quella piccola azione ha già tratto i frutti che poteva trarre. Ecco così che anche quella piccola azione ha fatto sì che egli potrà, nella sua vita successiva, compiere un piccolo salto di qualità ed affrontare poi nuove analisi di se stesso più complicate, più ampie, più difficili.
Tutto questo discorso, creature, per farvi comprendere quanto complessa e difficile è la teoria che noi andiamo enunciando: se per un piccolo episodio (apparentemente insignificante) come quello di cui parlavamo, è stato necessario ritornare per più volte, pensate voi a quanto si potrebbe parlare, e per quanto tempo, a proposito di un omicidio, o di altro ben più grave del semplice furto di un panino!
D’altra parte, nell’analisi che l’individuo compie dopo la morte, l’omicidio – in realtà – è quasi sempre uno dei fattori che vengono esaminati fin dalle prime incarnazioni; questo perché il togliere la vita ad altre persone è il fattore che più immediatamente bisogna comprendere, e che più immediatamente l’individuo deve cercare di risolvere, tant’è vero che, col passare del tempo – se voi notate – (anche se l’apparenza può sembrare diversa a causa del diffondersi delle notizie) gli omicidi non sono più frequenti come erano in passato.
Certo, la nuova razza che è incarnata assieme alla vecchia razza ha ancora bisogno di fare l’esperienza dell’omicidio; tuttavia, invece, la vecchia razza ben difficilmente commetterà un omicidio, ben difficilmente toglierà la vita ad altri esseri umani e vi garantisco che, se anche lo facesse, certamente vi potrebbero essere buone possibilità che alla base vi sia una motivazione, un’intenzione altruistica, anche se facente parte di un altruismo non proprio ben compreso.
Potrebbe trattarsi, ad esempio, di omicidio compiuto per non vedere soffrire un’altra persona a causa di una malattia inguaribile, o per salvare un innocente e via e via e via. Scifo


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8 commenti su “L’interpretazione della propria vita dopo la morte (IF6)”

  1. Si apre un orizzonte molto vasto. Fino ad ora, probabilmente avevo un po’ semplificato la questione. Mi rendo conto che lo studio è necessario, anche se, più mi addentro alle questioni filosofiche e più mi si ingarbuglia il cervello.

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  2. Il lento processo della comprensione…
    Ci sono sfumature diverse da quanto avevo colto attraverso l’insegnamento del CF77
    grazie

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Rispondi a Roberta I. Annulla risposta