La morale, la conoscenza, l’accettazione di sé

Diffidate di chi dichiara immorale qualcosa, amici, perché quasi sempre la sua dichiarazione nasconde il fatto che egli compie proprio gli stessi atti, o che li compirebbe se solo non avesse paura di venire scoperto.
Diffidate di chi è convinto che compiere un’azione ritenuta immorale mandi dritti all’inferno, perché non è certo agire nella moralità il non compiere un’azione solo per il timore di essere puniti.
Diffidate anche di chi chiude gli occhi inorridito nello scorgere la pagliuzza nell’occhio altrui, perché, con buona probabilità, le sue palpebre si abbassano per non mostrare la trave che gli trafigge le pupille.
E mi scusi il Maestro per la mia poca originalità nel dire queste parole! Zifed

Tu che scopri i tuoi impulsi e te ne vergogni,
tu che ti nascondi agli occhi della tua società,
tu che ti nascondi ai tuoi stessi occhi
lasciando che agiscano, indisturbati e incontrollati,
mal celati e mal compresi, nella profondità del tuo essere,
condannandoti così da te stesso non appena essi esplodono in te;
guarda ciò che fai di te stesso
e trova in te il coraggio di togliere dal tuo intimo la parola “morale”
sostituendola con fa parola “consapevolezza”.
Solo allora potrai essere come la candela
che non si vergogna di poter essere accesa e di poter essere spenta,
ma accetta la sua realtà
trovando così la trascendenza. Labrys


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7 commenti su “La morale, la conoscenza, l’accettazione di sé”

  1. Mi evoca l’immagine di Adamo che dopo aver mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male si nasconde e si vergogna della sua nudità

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