Per gestire un picco di rabbia devi averlo compreso 11 [A35]

D – Leggevo in un libro che il nostro cervello apprende attraverso l’imitazione determinati comportamenti, determinate risposte comportamentali a delle situazioni che si trova a vivere. Il bambino da piccolo vede come reagisce la mamma di fronte a una determinata situazione e poi rimette in atto.

Mi arrabbio e continuo ad arrabbiarmi, i miei figli vedono che di fronte a determinate situazioni io rispondo con rabbia e, di fatto, io sto trasmettendo questo tipo di modello comportamentale. Loro risponderanno così. Come faccio a interrompere questa cosa? Capisco che dovrei risolvere la mia rabbia…

Credo che tu legga troppo, comunque. Ti infarcisci troppo la testa d’idee altrui e, alla fine, ti sembrano tutte giuste, cosicché non riesci a cavar fuori un’idea originale tua.
Per il discorso che facevi, non è così semplice come l’hai fatta; perché, sì, certamente il genitore propone dei modelli di comportamento ai figli e così diventa un modello, che lo voglia o no: il modo in cui reagisce alla rabbia può essere un modello, ma non è assolutamente detto che il figlio poi lo metta in atto!

D – Ma se io non gli offro un’alternativa?

Ma non ci sei solo tu, c’è tutto il resto del mondo intorno, ce ne sono centinaia di alternative, migliaia, milioni! Certamente i genitori sono importanti, ma non sono poi così importanti da determinare in assoluto tutto quello che capita al figlio.

Ricordate che il figlio ha una sua interiorità, un suo carattere, una sua personalità, un suo modo di reagire, che certamente possono essere influenzati dalla personalità e dal carattere, dalla reazione dei genitori, ma non è detto che queste reazioni dei genitori diventino anche loro, siano fatte proprie da parte loro, perché i bisogni dei figli sono diversi da quelli dei genitori, l’evoluzione dei figli è diversa da quella dei genitori, i bisogni evolutivi dei figli sono diversi da quelli dei genitori; quindi le reazioni sono, comunque sia, diverse.
Se fosse così come hai detto tu, vorrebbe dire che tutti i figli che hanno dei genitori che si arrabbiano, sono altrettanto aggressivi; mentre non è assolutamente vero, questo.

D – Ricapitolando un po’ per mia immagine: la rabbia non è negativa, ma è talmente utile che permette che vengano a galla degli elementi dell’individuo che altrimenti non verrebbero facilmente. Quindi la rabbia è un qualcosa di strutturale all’individuo che può essere assimilabile a respirare, un qualcosa che non dobbiamo dargli una connotazione negativa ma qualcosa funzionale all’evoluzione. Poi hai detto che la rabbia si può attenuare se capisci il motivo della rabbia; allora mi stavo chiedendo: non è la rabbia che si può attenuare, ma quella motivazione che scatenava la rabbia, se è compresa, non scatena più la rabbia in quella maniera, ma magari si libera in un altro aspetto della vita.

Se è compresa, non si scatena più.

D – Per quella particolare motivazione, però.

Sì, per tutto quello che riguarda quella particolare motivazione. Non si manifesterà più in quelle condizioni, però potrà manifestarsi per i “perché” interiori collegati a questo sentimento in altre situazioni.

D – Io dicevo che posso riuscire a tenere la rabbia fuori dalla mia portata se riesco a capire tutto quello che mi scatena, cioè secondo me potrebbe essere che non si manifesti più in nessun modo, e invece no? Non è così?

Se nel tuo carattere c’è una predisposizione alla reazione rabbiosa e se la tua personalità è strutturata in maniera tale che questa predisposizione alla reazione rabbiosa sia “normale” per te, capirai certamente il motivo, puoi capire uno dei motivi della tua rabbia però, allorché ci sarà l’occasione, la tua reazione sarà comunque rabbiosa.

D – E il meccanismo vale non solo per la rabbia ma per tutti gli altri…

Certamente. Ricordate che quello che noi stiamo dicendo è per tutte quelle che voi chiamate comunemente “emozioni”.

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D – La rabbia è la reazione più comune che conosciamo, ma un’altra reazione così tanto comune quale può essere per una cosa che ti tocca?

Beh, la violenza, per esempio.

D – Ma non è sempre una manifestazione legata alla rabbia?

Beh, non è detto. Ci sono persone, per esempio, che picchiano i figli con freddezza. Queste sono reazioni violente al di fuori della rabbia.

D – Nel momento in cui noi acquistiamo consapevolezza, quello che immagino io è questo: capiamo qual è la causa scatenante la nostra rabbia, la sede del groviglio; la guardiamo, non per questo l’abbiamo risolta…

Voi volete continuare a parlare di queste cose in maniera teorica, cerchiamo invece di parlarne in maniera pratica, parliamo della vita di tutti i giorni. Tu ti arrabbi perché tua figlia non studia e allora le molli una sberla perché non ha studiato!

Partiamo da un esempio di questo tipo; non dico che sia così, eh, per carità! Non sempre, almeno. Questa è la situazione pratica in cui esce fuori questa rabbia per cui un ceffone arriva a chi deve arrivare. È chiaramente un picco emotivo che è uscito fuori; la rabbia non è della figlia, la rabbia è tua; Allora, secondo te cosa giustifica la reazione rabbiosa?

D – La determina la mia incapacità di gestire diversamente l’emozione che mi procura il sapere che quella lì non studia; e questa emozione non è unica, ma è una quantità di emozioni che guardo tutte (racconto lungo)…

Tutto bello e giusto quello che hai detto, però noi stiamo parlando di un picco; e il picco, quando esce fuori, non ti permette di fare tutti questi ragionamenti!

D – Ma mi devo fermare prima!

Ma per fermarlo prima, devi averlo compreso.

D – Quello che mi chiedo è: come faccio a incanalare in modo tale che non arrivi alla sberla; modificarlo strada facendo, non dico scioglierlo, ma modificarlo pian pianino?

Creatura mia, in una situazione di questo tipo, tu sai che quando vedi tua figlia che non studia, questo ti provoca una reazione che arriva alla rabbia e le conseguenze, poi, si sa quali possano essere; Quindi tu sai qual è l’elemento esterno scatenante e se ritieni che non sia giusto reagire così nei confronti della ragazza, allora puoi intanto fare qualche cosa perché l’elemento esterno scatenante non ti scateni niente.

No, non capisci, vero? Se tu sai che Giulia non sta studiando la cosa ti fa arrabbiare terribilmente, e quando tu ti arrabbi non sai come puoi reagire; può esserci un momento in cui sei buona e non hai altre tensioni e allora fai la brava mammina; ma se è in un momento in cui le tensioni si accumulano dentro di te e arrivano al picco, tu le fai uscire tutte e ti scarichi e chi ci rimette è lei – che avrà anche le sue responsabilità e le farà anche bene prendere una sberla ogni tanto – però, se diventa un’abitudine, anche le sberle non sono più educative ma abitudinarie, non servono più a niente.

Una sberla all’anno a volte può far pensare di più che una sberla tutti i giorni, no? Allora, se sai che è così, perché non cerchi di eliminare questa possibilità dei picchi di rabbia facendo in maniera tale che non si ponga il problema del fatto che lei non abbia studiato. Tu dirai “Ma per far questo, devo…”… Devi?

D – Forse può essere l’aspettativa che ha il genitore.

O forse può essere la proiezione che ha il genitore. Chiediti: “Se la bocciassero quest’anno, perché mi darebbe così fastidio la cosa?”

D – Allora, ci sono tutta una serie di mie aspettative, sicuramente, però poi tutto sommato mi spiace anche per lei e quindi mi sento terribilmente frustrata. È come se non riuscissi a comunicare con lei, non riesco a farle capire quello che sto dicendo, o forse non riesco a capire quello che lei mi dice. A volte mi sembra di stare su due pianeti diversi, e questa cosa…

E tu pensa che sei solo all’inizio dell’adolescenza! Effettivamente siete su due pianeti diversi, in questo momento. Bisogna che tu abbia pazienza e aspetti che prenda la sua astronave e arrivi sul tuo stesso pianeta.

D – Ma intanto non sarebbe mia responsabilità, mio dovere, sostenerla, aiutarla? Non riesco a capire come sostenerla e aiutarla. Non riesco a trovare una sintonia, e questo è frustrante!

Non c’è un metodo unico per poter fare una cosa del genere, lì bisogna che la tua sensibilità di madre e di donna riesca a trovare di volta in volta la maniera per reagire; che non dovrà essere sempre la stessa, comunque. Cioè non puoi dirti: “Io, d’ora in poi, in queste situazioni così, mi comporterò sempre in questo modo”; non va bene, perché non saranno mai le stesse situazioni.

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