Sensi di colpa: il corpo akasico non emette giudizi [sf5]

Molte volte vi diciamo di non giudicare gli altri: prima di guardare all’esterno, a quello che fate agli altri, dovreste imparare a osservare quello che fate a voi stessi; e voi stessi siete i primi, in realtà, che operate dei giudizi negativi su di voi.

Sono questi giudizi negativi che voi stessi – o, meglio, il vostro Io – emette su voi stessi, quelli che danno il via alla nascita dei sensi di colpa e a tutti i problemi che poi provengono da questi sensi di colpa.

Quindi, osservare se stessi emettendo “un giudizio” sulle proprie azioni significa già in partenza viziare la propria osservazione dal proprio punto di vista soggettivo, facendo così in maniera tale da mascherare quelli che, magari, possono essere i problemi veri; perché magari l’Io, nell’osservare, si ferma a quello che più lo colpisce, tralasciando quello che preferisce tralasciare.

È necessario, invece, abituarsi – nell’osservare se stessi – a osservare tutti gli elementi spassionatamente, dando a ognuno – da quello apparentemente più importante a quello meno importante – la stessa forza, la stessa capacità di portare comprensione di tutti gli altri.

D – Ma se uno riesce in qualche modo a non emettere dei giudizi, quindi a non associare troppe emozioni a ciò che vede di , l’informazione arriva al corpo akasico più o meno pulita, ma il corpo akasico emette un giudizio, cioè dà un rimando agli altri piani di esistenza in base a un giudizio che riesce a dare lui o vale lo stesso principio?

Il principio è esattamente lo stesso. Il corpo akasico non emette giudizi; il corpo akasico si può dire che in qualche maniera è un ricevitore delle comprensioni. Ora voi direte: “Ma come è possibile che il corpo akasico sappia quando una comprensione è giusta o quando una comprensione non è giusta?”, perché è qua che forse sta il punto principale del discorso.

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Se il corpo akasico – come abbiamo detto una volta – “non fa” niente di particolare, con nessuna intenzione particolare, ma semplicemente aspetta il ritorno dell’esperienza in modo da avere i tasselli da mettere a posto nel disegno che si sta creando alla riscoperta della propria comprensione, allora come è possibile che sappia dove inserire i tasselli?

Ci deve essere un termine di paragone, un termine di confronto, qualcosa che gli dica: “In questa direzione va bene” o “Quest’altra è sbagliata”; “Questa comprensione effettivamente si va a inserire nel modo giusto”, oppure: “Stai sbagliando e stai inserendo una comprensione nel posto sbagliato, e questo porterà dei problemi”.

Per spiegare questo bisognerebbe andare molto lontano e tornare a quei benedetti archetipi che così faticosamente stiamo cercando di farvi comprendere. Brevemente, questa sera, posso accennarvi che il termine di confronto del corpo akasico per sapere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato di ciò che riceve, non sono altro che le vibrazioni degli archetipi permanenti.

L’adeguamento della comprensione con quello che proviene dall’emissione degli archetipi permanenti gli fa percepire la giustezza o l’erroneità di quella comprensione che pensa di aver raggiunto; e, quindi, se la sta posizionando all’interno del corpo akasico stesso nella maniera giusta.

Voi direte: “Questa è una cosa che sfugge abbastanza, non si capisce come possa funzionare questa cosa”. In realtà, per spiegarvela c’è un modo molto più semplice di quello che può sembrare; limitiamoci al livello vibrazionale: voi sapete che tutto è vibrazione, voi sapete quindi che anche la comprensione stessa, allorché arriva al corpo akasico, non è altro che un tipo di vibrazione particolare, con tante altre piccole vibrazioni che formano una costellazione di vibrazioni che sono la comprensione.

Ora, essendo una massa di vibrazioni composita, l’insieme di tutte queste vibrazioni appartenenti alla comprensione chiaramente cosa dà? Dà una vibrazione particolare, specifica, tipica di quel tipo di comprensione.

Ora, quel mediatore fantastico che è il corpo della coscienza percepisce questo tipo di vibrazione e cosa fa? Immediatamente fa riferimento alla vibrazione che gli arriva dagli archetipi permanenti: se le due vibrazioni consuonano vibrazionalmente, ecco che può essere sicuro che la direzione della comprensione, se non tutta la comprensione di quella vibrazione, è giusta; altrimenti “sa” – non perché dà un giudizio sulla comprensione raggiunta, ma per una discordanza di vibrazione – se quella comprensione è giusta o sbagliata. 

In realtà – come dicevo – questo qua è un modo per farvi comprendere certe meccaniche, ma non è certamente, ovviamente, né così facile né così semplice da spiegarlo, però penso che questo esempio vi possa aiutare a comprendere.

Dal ciclo Sfumature di sentire 2002-2007

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2 commenti su “Sensi di colpa: il corpo akasico non emette giudizi [sf5]”

  1. Per sapere se una comprensione è raggiunta il corpo akasico confronta le vibrazioni che gli giungono dalle azioni dell’individuo con quelle degli archetipi permanenti che hanno la stessa vibrazione.
    Spiegazione chiara.

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  2. Approfondimento interessante e una prospettiva nuova sulla coscienza. L’insegnamento di CI ci porta a “identificarci” con la coscienza. Molte volte si è ripetuto che siamo coscienza in atto, Centro di Coscienza ed Espressione, dando dei connotati antropomorfi alla coscienza stessa. Qui ci viene detto che la coscienza è essenzialmente un meccanismo, per quanto complesso.

    “il corpo akasico si può dire che in qualche maniera è un ricevitore delle comprensioni”.

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