Il Dio di Mosè: desiderio e concupiscenza (2m)

Spesso vengo definito da chi parla di me come “Scifo l’ironico”, e siccome il tema che sto trattando ultimamente è un tema abbastanza delicato (chi segue i nostri discorsi saprà che stiamo parlando dei dieci comandamenti) non vorrei che questa ironia venisse male interpretata, magari tenendo presente quella che è l’etimologia di partenza della parola ironia.

[…] In realtà, in origine, ironia (che non viene dal latino come sarebbe facile pensare accomunandolo con ira ma viene invece dal greco) è una parola che significa “mascherare” in quanto la persona che parla in modo ironico secondo questa etimologia è una persona che tende a mascherare dietro ad un atteggiamento o un comportamento ciò che non dice apertamente.

Ora siccome, appunto, l’argomento che stavo trattando è un po’ delicato – come sempre quando ci si addentra nei dogmi religiosi delle varie religioni – vorrei specificare che la mia ironia non tende a mascherare nulla, non tende a voler dissacrare ciò di cui sto parlando ma, quasi sempre, è uno strumento da me usato per tenere catturata la vostra attenzione che, altrimenti, così facilmente si dimostra labile e pronta ad andare per i fatti suoi.

Naturalmente parlare dei dieci comandamenti potrebbe risultare noioso, alla fin fine, ecco allora che un po’ di ironia stuzzica l’intelletto, acuisce l’attenzione e, perché no, dà quel briciolo di divertimento che anche nell’insegnamento più pesante e astruso, non guasta mai ma, anzi, aiuta a seguire ciò che si va dicendo.

Chiarito questo, ritorniamo a quel quadro – forse anche un po’ desolante – che esce fuori dal piccolo esame, superficiale in realtà, del Dio mosaico attraverso le parole della Bibbia.
Come al solito tenderò a mettere in luce gli aspetti più interessanti perché poi vi sarebbero anche altre cose che taccio che, però, sono talmente ovvie e talmente banali che è persino inutile parlarne.

Non desiderare la casa d’altri”, “non desiderare la donna d’altri”, “non desiderare il bue degli altri”, “non desiderare nulla di ciò che gli altri possiedono”; voi ridete, miei cari, ma questo dimostra quanto siete ignoranti, in realtà, in quanto siete fermi al decalogo convenzionale che vi viene insegnato durante il vostro catechismo e che è ridotto in maniera davvero semplicistica. In realtà, se qualcuno di voi si prende la briga di andare a consultare la Bibbia certamente troverebbe che nelle leggi, nei dieci comandamenti (dieci a posteriori diciamo) ricevuti da Mosè vi era anche questo comandamento frazionato in questo modo e proprio in questa successione. Quindi: prima di tutto salvaguardiamo la casa… e coi tempi che corrono è molto valido anche oggi; poi, tutto sommato, una donna fa sempre comodo; il bue è essenziale perché serve ad una molteplicità di cose, e gli altri oggetti, visto che li abbiamo, teniamoli per noi, non desiderarli tu, perché non è il caso.

Io vorrei sottolineare una cosa: questo, in realtà, al di là della mia ironia, è un insegnamento giustissimo che va completamente in linea con l’insegnamento etico che noi da anni vi andiamo portando; quello su cui non sono d’accordo, invece, è il fatto che questo comandamento sia stato troppo generalizzato e semplificato nella pratica religiosa odierna, anche soltanto per il fatto di aver usato la parola “desiderare”, in realtà, il termine originario è diverso da “desiderare” non è “desiderare” è “concupire” ed è una cosa decisamente diversa. Il termine desiderare ha una connotazione che può essere sia positiva che negativa, desiderio può essere utile per incentivare, per spingere l’individuo verso un raggiungimento di qualcosa di migliore, così come può essere, invece, un freno per l’evoluzione dell’individuo, ed è quindi un termine il più generico possibile.

Anticamente era stato usato, invece, l’analogo del vostro concupire, che ha una connotazione invece prettamente negativa, in quanto è sottintesa la sfumatura di desiderio di appropriazione di qualche cosa che appartiene agli altri e, quindi, in un certo qual modo, un desiderio di sottrarre qualcosa agli altri.

Vedete, quindi, che basta la sostituzione di un termine con un altro per dare, in realtà, a chi voglia andare in fondo ai ragionamenti, un significato diverso anche ad un comandamento come questo, in apparenza, abbastanza semplice.

Veniamo poi a qualcosa che, forse raggiunge il culmine di questo Dio mosaico, mosaico nel senso di Mosè, naturalmente, ché lui stesso nel presentarsi a Mosè si definisce iroso e vendicativo.
Questo Dio, alla fine di questa serie di comandamenti, ordina, comanda, di non costruire immagini, di non costruire altari né d’oro, né d’argento, di non dare forma alla pietra per rappresentare lui stesso, in quanto il fatto stesso di passare con lo scalpello sulla pietra snaturerebbe l’immagine di Dio, per arrivare al massimo chiedendo sì di innalzare altari per onorarlo, per sacrificare su di essi tutti gli animali possibili e immaginabili, ma si raccomanda di costruire questi altari senza gradini.

Vediamo se qualcuno tra voi mi sa dire perché?
Ohibò, che questo Dio di Mosè sia un po’ strambo? Se capitasse tra le mani di uno psicanalista moderno, certamente riuscirebbe a dargli spunto per molte teorie e molti saggi critici. Ma il Dio di Mosè spiega anche il perché, nella sua bontà infinita non dice soltanto “non costruite altari con gradini” ma aggiunge e qua non riesco a capire se con ironia o seriamente “affinché nel salire verso l’altare non scopriate le vostre nudità.”!

Se proprio volessi essere ironico, e lo voglio, un Dio positivo e desideroso di insegnare al suo popolo avrebbe, invece, di fare una critica distruttiva, insegnato al suo popolo a costruirsi le mutande! Ma poiché non posso, non oso, non voglio pensare che veramente un Dio che ha avuto l’ardire di crearci tutti nudi fin dalla nascita, si possa veramente preoccupare per il sacerdote che sale sull’altare e corre il rischio di mostrare le sue nudità, non posso far altro che pensare che questa sia un’aggiunta a posteriori al corpo della Bibbia, magari voluta da qualche “bacchettone” desideroso di diventare un fustigatore di costumi per l’eternità.
Avete qualche commento da fare, forza ironizzate anche voi se ve la sentite?

D – Come mai nell’ambito religioso c’è sempre stata questa paura del sesso?

No, un momento, figlio, non c’è stata la paura del sesso, in quanto in ambito religioso il sesso viene sempre praticato: c’è la paura di dar mostra di avere bisogni sessuali da parte delle persone religiose, in quanto il fatto di dimostrare o di far pensare di avere una attività sessuale – sapendo quale peso costituisce di solito per le persone normali in tutta la loro vita dall’adolescenza in poi e, forse, anche prima – toglieva a loro quella parte di aura di santità che faceva il loro gioco, al fine di dimostrarsi migliori degli altri. Però la storia di Roma mostra e insegna quanto il sesso, in realtà, fosse presente in tutti i secoli, in tutte le epoche, in tutte le chiese, e soltanto per l’esterno veniva poi condannato, forse sotto la spinta dei sensi di colpa di “chi predica bene ma razzola male”. Scifo


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4 commenti su “Il Dio di Mosè: desiderio e concupiscenza (2m)”

  1. La proibizione di farsi una rappresentazione del Divino è un segno di grande saggezza. Se la mente va a cercare un’immagine per l’Ineffabile lo snatura e rischia di cadere nell’ateismo o, all’opposto, nell’integralismo o in un infantilismo spirituale. Sento che il Dio Creatore della Cappella Sistina, mirabile dal punto di vista artistico, ha prodotto molti danni: immagine di un Dio – Giove che scaglia fulmini non aiuta a conoscere l’Assoluto di cui siamo parte. Immagine parla di un’identità, di separazione.

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  2. Concordo con il commento di Paolo. Divertente l’ironia di Scifo, ma che gli Ebrei hanno dato forma a quell’ “immagine ” di Dio appartiene all’evoluzione storica (nel divenire)della concezione dell’Assoluto. Separare il loglio dal grano, il racconto con le aggiunte umane dal contenuto profondo e simbolico del messaggio.

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  3. Sono stato incerto nel decidere di pubblicare questo materiale di Scifo sul Dio di Mosè.
    Alla fine, dopo averlo emendato delle parti prolisse e non significative, ho deciso di pubblicarlo considerandolo una lettura leggera per i giorni di canicola.
    Cionondimeno, non ripeterei la scelta: un cultore della Cabalà, o un biblista, sorriderebbero dell’ingenuità dell’analisi di Scifo.

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  4. .”… un cultore della Cabalà, o un biblista, sorriderebbero dell’ingenuità dell’analisi di Scifo.” Concordo.

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