La decodifica diversa delle emozioni in archetipi differenti [A55]

[…] Prendiamo un tipo di emozione, per esempio la paura, e cerchiamo di capire se l’emozione che si trasforma in paura come voi la conoscete, si manifesta diversamente a seconda dei gruppi sociali, quindi a seconda degli archetipi a cui gli individui sono collegati.

C’è chi risponde aggressivamente, c’è chi fugge, c’è chi si blocca, ci sono tutte queste possibili diverse reazioni alla paura.

[…] Prendiamo ad esempio, per usare due estremi comportamentali, un gruppo di naziskin o un gruppo religioso, la reazione alla paura dei naziskin molto probabilmente sarà, nella maggior parte dei casi, quella di reagire aggressivamente, di rispondere attaccando, in modo da nascondere a se stessi e agli altri il fatto di avere paura. Invece all’interno del gruppo religioso la reazione sarà magari quella di cercare di mitigare questa paura nel tentativo di fare la cosa migliore per poter stemperare la situazione.

Quindi, l’emozione di partenza all’interno dei corpi astrali è la stessa, la risposta alla percezione della vibrazione dell’emozione “paura” sarà diversa, a seconda dei modelli presentati dall’archetipo i quali influiranno in maniera evidente sull’espressione di quella particolare emozione.

D – A me viene da pensare che la differenza tra i diversi gruppi potrebbe essere ciò che scatena la paura. Magari un tipo di vibrazione che in un gruppo non suscita nulla in un altro invece suscita paura..

Certo questo può anche essere vero, ma da cosa dipende? Da quello che dicevamo prima: cioè che se in un gruppo gli aderenti non hanno necessità di sperimentare quel particolare tipo di esperienza, allora la vibrazione emozionale che attraversa quel gruppo avrà meno importanza di altre vibrazioni emozionali, per cui non scatenerà reazioni molto forti: verrà percepita ma non avrà una grossa influenza.

D – Riguardo all’espressione delle emozioni pensavo a gruppi sociali molto diversi da noi, magari non necessariamente occidentali, pensavo alla manifestazione del dolore magari nei paesi arabi, rispetto a come invece è più contenuto da noi…

Ma certamente, andare per estremi talvolta è un metodo utile. Pensiamo alla manifestazione del dolore in un popolo amazzonico per esempio, in cui il dolore pur essendo avvertito come in tutte le altre civiltà, non viene manifestato ma viene in qualche maniera sublimato attraverso il contatto con la natura, cosa che voi occidentali non avete o avete perso nel tempo. E allora cosa fate? Manifestate il dolore, il più delle volte, o con reazioni eccessive di tipo vittimistico, oppure cercando di mettere in luce il fatto che voi siete forti e non siete succubi di quello che è il vostro dolore.

Ma questo discorso in realtà non è poi così facilmente generalizzabile, perché se parliamo di espressione del dolore basta guardare all’interno del vostro paese e vedere come la manifestazione e reazione emotiva del dolore sia diversa nell’esaminarla nel nord e nel sud dell’Italia. Apparentemente la manifestazione del dolore a settentrione è molto più fredda, molto più distaccata; apparentemente ancora, la manifestazione del dolore nel meridione è molto più insistita, molto più “sceneggiata” rispetto a quella del settentrione. Però qua stiamo parlando non della percezione, della ricezione da parte del corpo astrale dei vari individui del dolore, bensì della sua manifestazione esteriore. Si tratta di cose diverse.

Però, fossi in voi, a questo punto mi sorgerebbe una domanda: “mi sembra che ci siamo votati più che altro a considerare la manifestazione della reazione emotiva all’interno del piano fisico o, meglio, come si esprime la reazione all’interno del piano fisico; senza dubbio, sotto questo punto di vista, gli archetipi transitori sono quelli che guidano il gioco, perché danno i modelli di reazione, indicano quali sono i fattori ai quali si può o non si può reagire e, addirittura, in che modo si può o non si può reagire a quei fattori, indicando così quali dovrebbero essere le caratteristiche base delle varie reazioni emotive tipiche di quel gruppo.

Però questa è la manifestazione esterna: quando restiamo all’interno del corpo astrale dell’individuo, la ricezione del dolore, ad esempio, è la stessa per tutti ed è diversa solo la manifestazione, o è anche diversa la ricezione dell’emozione del dolore?

D – La ricezione cambia in base ai bisogni evolutivi non in base all’archetipo, secondo me l’archetipo influenza solo la manifestazione.

Senza dubbio l’archetipo influenza la manifestazione dell’emozione, ma, indirettamente, influenza anche la percezione del dolore.

Perché “indirettamente”? Perché il fatto di essere collegati allo stesso archetipo significa una certa comunanza dei bisogni evolutivi quindi, se vi è una certa comunanza nei bisogni evolutivi, vi è anche una certa comunanza di percezione di determinati elementi; bisogna, di conseguenza, che la percezione di questi elementi necessari all’evoluzione degli aderenti a quell’archetipo, siano in una gamma abbastanza vicina, vi sembra?

Questo significa che i corpi astrali delle persone appartenenti allo stesso archetipo, possono percepire l’emozione della paura recependo in maniera simile quel tipo di vibrazione; questo non significa, ovviamente, che la percepiscano tutti allo stesso modo essendo modulata dai loro personali bisogni evolutivi, quindi con particolari sfumature che interessano soltanto la loro particolare percezione.

Ecco, quindi, che tutti possono percepire l’emozione della paura, però ogni individuo la percepisce in maniera diversa, soggettiva, personalizzata, e questo porterà poi all’interpretazione personale dei dettami dell’archetipo portando a una reazione emotiva che a sua volta avrà particolari sfumature personali di soggettività.

Gli archetipi transitori servono per decodificare, interpretare quelli che sono i propri bisogni evolutivi? Servono all’individuo per sperimentare, all’interno di un gruppo, le situazioni che possono offrire la possibilità di comprendere quegli elementi che i propri bisogni evolutivi richiedono.

D – Ci può essere un contrasto tra il modo in cui percepisci l’emozione e il modo in cui l’archetipo vorrebbe che si manifestasse, per cui da un lato l’archetipo ti chiede una manifestazione eclatante, dall’altro però non stai provando nulla che sia così eclatante?

Certo che ci può essere. Quand’è che ci può essere?

D – Quando non sei più collegato a quell’archetipo?
D – Oppure quando ti stai scollegando?

Giusto, bravo! Quando si arriva quasi alla fine della necessità di appartenere, di far parte, di essere associato a quell’archetipo, a quel punto si ha sperimentato quello che l’archetipo poteva offrire; a quel punto la sperimentazione è terminata, e quindi la reazione a quello che l’archetipo prima suggeriva come modello sarà certamente diversa, perché nel corso della sperimentazione la comprensione dell’individuo sarà aumentata.

D – In pratica, da incarnato nel mondo fisico, un conflitto di questo tipo, come si manifesta? E come se io sentissi ancora di rispondere in un certo modo, però in realtà non ci riesco più?

No, io direi che si manifesta in una maniera molto diversa: ovvero nel tentativo, fino a quando non si è abbandonato del tutto l’archetipo, di far comprendere agli altri le stesse cose che si sono comprese attraverso la sperimentazione dell’archetipo. Ecco che allora si tende, all’interno del gruppo, a diventare una sorta di leader spirituale del gruppo che indica la strada e questo, ovviamente, comporta, alla lunga, dei problemi. Scifo

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