L’abbandono di un archetipo transitorio [A56]

Nel momento in cui appartenete a un archetipo transitorio e lo avete sperimentato quasi tutto, attraverso questa sperimentazione sarete arrivati a comprendere quello che dovevate comprendere, ma quasi del tutto, perché non avete ancora abbandonato del tutto l’archetipo.

Ora vi trovate in una situazione in cui voi avete sperimentato quello che l’archetipo ha permesso di sperimentare, l’avete conosciuto, l’avete compreso e quindi vi risulta possibile rendervi conto della giustezza e degli errori che questa sperimentazione ha potato con .

A quel punto vi trovate nella situazione di poter essere in grado di essere da guida agli altri per arrivare a comprendere, a finire la loro sperimentazione magari senza attraversare gli stessi errori dolorosi come magari avete fatto voi. Ovviamente, questo comporta dei problemi, principalmente di due generi.

Uno è la reazione del gruppo, che non avendo ancora attraversato lo stesso tipo di esperienze, non riesce facilmente ad accettare che l’altro individuo abbia compreso qualcosa che lui non ha compreso, e quindi ci può essere una reazione di allontanamento o di esclusione della persona dal gruppo.

L’altro problema è invece nella reazione dell’individuo che sente il peso della responsabilità: se non vi sono altre comprensioni collaterali che lo spingono verso la condivisione con gli altri della propria comprensione, questi tende ad allontanarsi dal gruppo per non farsi peso, per non caricarsi sulle spalle la responsabilità che il suo maggior sapere, che la sua maggior comprensione gli porta come dote.

“Ma – voi direte – che funzione ha tutto questo”? Semplice, ha la funzione di aiutare l’individuo ad abbandonare l’archetipo; attraverso questa doppia spinta, attraverso questo doppio meccanismo, l’individuo che avrà sperimentato l’archetipo cui era aderente perderà la spinta del bisogno evolutivo e finirà con l’allontanarsi dal gruppo e collegarsi a un altro tipo di archetipo.

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[…] Quindi, quando si parla di un archetipo transitorio, della costituzione o dell’aderenza a un archetipo transitorio, si considera il fatto che si viene a creare un ambiente – ecco perché avevamo parlato di ambiente l’altra volta – in cui vengono messi in atto episodi evolutivi di un insieme di persone, e questo comporta un mettere in atto tutte le sue componenti, altrimenti non sarebbe un mettere in atto i bisogni evolutivi bensì qualcosa di estremamente frammentario e, come tale, di poca utilità.

Voglio dire che all’archetipo transitorio reagiscono sia il corpo fisico, sia il corpo astrale, sia il corpo mentale dell’individuo che è collegato a esso, e che l’archetipo ha la portata data dall’atmosfera creata dai vari corpi degli individui appartenenti a quell’archetipo.

Ora una situazione – come dicevamo prima – di rifiuto o di allontanamento, ovviamente, vale per tutti i corpi dell’individuo, ha delle ripercussioni su tutti i corpi dell’individuo; quindi, se fisicamente si manifesta attraverso l’allontanamento dal gruppo fisico, dal gruppo sociale, supponiamo, per quello che riguarda invece il corpo mentale l’allontanamento avviene attraverso l’abbandono di certi schemi di pensiero per seguirne altri.

D – Quindi anche i ragazzi a scuola: c’è quello che viene emarginato, ma non è detto che venga emarginato per chissà quali ragione, potrebbe essere emarginato anche per questo, può essere rifiutato dal gruppo perché magari inconsapevolmente lui deve trovare la strada per superare l’archetipo?

Le spiegazioni in questo caso potrebbero essere molteplici. Potrebbe essere una situazione analoga, ma potrebbe anche essere che in realtà quel ragazzo che vive in una situazione di non appartenenza al gruppo sociale all’interno del piano fisico, in realtà non sia che soltanto che in minima parte collegato a quell’archetipo come interesse evolutivo e quindi si trovi disorientato dall’avere il contatto con persone che hanno modelli di comportamento, modelli archetipali diversi da quelli che a lui servirebbero.

Prendi l’esempio di A., un tipico adolescente: è evidente che i modelli che seguono gli altri ragazzi con cui lui cerca in qualche maniera di avere dei contatti non sono i modelli che gli servono, che gli interessano in maniera particolare.

Questo perché? Perché, evidentemente, non ha bisogno di sperimentare quel tipo di esperienza; questo fa sì che egli, inevitabilmente, per forza di cose, non possa essere altro che un individuo che si unisce a quel gruppo perché ha bisogno di relazionarsi, ma non ne fa parte veramente, cosa che gli altri percepiscono e alla quale in qualche misura reagiscono.

Il risultato è che il gruppo non lo accoglie veramente al suo interno ma tende a emarginarlo e, contemporaneamente, il ragazzo vive nel gruppo ma non ne condivide veramente l’archetipo, quindi avvertirà un profondo disagio e poca spinta a cercare di inserirsi maggiormente.

D – Che utilità può avere per un individuo il dover per forza interagire con archetipi in cui poi non si riconosce. Nel senso che un archetipo ti fornisce dei dettami di comportamento ma se un individuo non li sente si trova a essere un alieno.

Ha una funzione, un’utilità importantissima, veramente importante, perché indica all’individuo che cosa gli interessa veramente e che cosa no: se l’individuo riesce a stare attento a quali sono le sue reazioni nei confronti delle persone appartenenti a un altro archetipo, può comprendere quali sono veramente i suoi bisogni.

D – Quindi viene instradato verso la sua strada, attraverso una via diversa rispetto a quella della similarità?

Certamente, d’altra parte poi gli opposti, alla fine coincidono, lo sapete. Dire sì o dire no molte volte finisce con l’essere la stessa cosa, e in questo caso il discorso è lo stesso: fare un’esperienza attraverso l’esperienza diretta o attraverso il suo rifiuto finisce con l’essere sempre un modo per interagire comunque con l’esperienza (il sì o il no ti conducono comunque, alla fine, all’esperienza che ti è necessaria, ndr).

Vedete, la bellezza del disegno che è stato creato è proprio questa: ovvero il fatto che ogni elemento che è presente nel disegno non può essere esaminato a sé stante, preso e sviscerato, estratto dal contesto, perché è perfettamente incastrato nel disegno, e ogni suo elemento è funzionale affinché tutto il resto del disegno possa esser dipinto, altrimenti si disgregherebbe.

Questa è l’estrema bellezza della creazione dell’Assoluto, ma porta anche un’estrema difficoltà nel poterlo comprendere, in quanto è complicato riuscire a tener conto di tutti gli elementi che bisognerebbe tenere presenti per poter veramente comprendere qual è la Realtà.

Purtroppo i corpi inferiori degli individui, come voi sapete, hanno delle grosse limitazioni: c’è chi ha il cervello, il terminale del corpo mentale diciamo così, più vivace, chi ce l’ha più lento, chi è più portato per il ragionamento matematico, chi è più portato per il ragionamento astratto e tutto questo risulta sempre essere un frazionamento della percezione del disegno.

Ciò significa che, in realtà, per quanto noi possiamo venirvi a parlare, a raccontare, a spiegare, voi non riuscirete mai veramente a percepire sia attraverso le nostre parole, sia attraverso il vostro ragionamento che qualche collegamento, o una parte di quella che è la Realtà.

Questo non significa che la Realtà non possa essere percepita nella sua interezza: la Realtà sarà percepita nella sua interezza attraverso il sentire e sarà tutta un’altra cosa.

Lo scopo di questo enorme e complicato disegno, di questa enorme e complicata trama è proprio quello di permettervi di aumentare sempre di più il vostro senso del corpo akasico, ovvero il vostro sentire e, quindi, di arrivare un po’ alla volta ad allargare questo sentire e a percepire tutta la grandezza del disegno fino a riconoscervi nel disegno stesso.

Questo è l’unico vero modo in cui è possibile a ognuno di voi, come parte del Tutto, di percepire il Tutto. Non vorrei che con questo vi demoralizzaste o che pensaste che tutti gli anni passati a venire sentire parlare noi, a sentire gli sproloqui di Scifo, siano stati anni buttati via, perché non è così; in realtà, se siete qua è perché avevate bisogno di sentire questi discorsi e perché, attraverso questo archetipo che tutti assieme abbiamo creato, voi potete sperimentare una piccola porzione della comprensione del grande disegno, e poi da questa, un po’ alla volta, ampliarla per arrivare alla comprensione del Tutto. Scifo

Annali 2008-2017

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2 commenti su “L’abbandono di un archetipo transitorio [A56]”

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