L’archetipo nel suo aspetto “bene” e nel suo aspetto “male” 3 [sf26]

Dai ragionamenti fatti in precedenza eravamo arrivati a individuare alcuni presupposti essenziali per poter cercare di determinare il concetto bene/male:
1) La connotazione bene/male ha valore assoluto soltanto se è rapportata ai dettami dell’analogo archetipo permanente. 

Per dirla in maniera più comprensibile: ciò che, in senso assoluto, può essere determinato come bene o come male trascende necessariamente la relatività ed è stabilito in modo univoco e fisso dalla vibrazione appartenente all’archetipo permanente bene/male.

2) Ogni connotazione bene/male attribuita in un’ottica diversa non può essere che relativa all’ottica di chi attribuisce la connotazione e, di conseguenza, essere – tuttalpiù – un aspetto molto aleatorio (proprio a causa della sua intrinseca relatività e soggettività) e riduttivo del concetto di bene/male in senso assoluto.

E, ragionando sulla domanda “qual è il massimo bene per il corpo fisico dell’individuo” eravamo arrivati a considerare che:

3) Il massimo bene per il corpo fisico dell’individuo è individuabile nel suo trovarsi nella condizione ideale per portare a termine il compito per cui è necessaria la sua esistenza, ovvero permettere all’individuo incarnato di immergersi nella materia del piano fisico e di interagire con essa in maniera tale da poter acquisire, attraverso i processi tipici dell’esperienza, il maggior numero di elementi utili per consentire all’intero “individuo” – di cui il corpo fisico costituisce, per altro, solo un aspetto – di procedere nel suo percorso evolutivo aggiungendo sempre nuovi frammenti di comprensione che lo portano, in maniera sempre più decisa e diretta, verso la riunione con il Tutto.

Era rimasta per il momento senza risposta la domanda: “come mai l’individuo incarnato spesso manifesta una noncurante indifferenza (quando addirittura non rasenta l’autolesionismo) verso il benessere della propria fisicità?”.

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Come avevo detto c’è una grande quantità di risposte che è possibile trovare, la maggior parte delle quali, purtroppo individuali, cioè dipendenti dal cammino unico e peculiare che ogni essere percorre nel suo tendere al ricongiungimento con Colui che È; è quindi difficile – se non quasi impossibile – fare delle osservazioni in merito senza parlare di ogni singolo caso.

Ma è veramente impossibile trovare qualche elemento che possa essere considerato valido per ogni individuo incarnato al di là del percorso fatto e dell’evoluzione raggiunta? Ombra

Un elemento in comune fra tutti gli individui incarnati è rintracciabile non tanto nella situazione in se stessa nel corso della quale l’uomo tenta di applicare la “sua” concezione di bene/male, bensì proprio nel fatto che egli cerchi di dare una connotazione bene/male a un determinato elemento dell’esperienza con cui si viene a trovare a contatto.

Mi sembra che sia molto facile rendersi conto che la concezione di bene/male dell’essere umano sia molto diversa da epoca a epoca, da ceto sociale a ceto sociale, da uomo a uomo e, addirittura, da momento a momento all’interno di uno stesso uomo.

Ciò non toglie, però, che non è mai esistito né mai esisterà un essere incarnato che, nel corso della sua esistenza, non qualifichi certi elementi come “bene” e certi altri come “male”. È comune, quindi, la spinta a cercare d’individuare ciò che è bene e ciò che è male.
Perché ciò accade?

Non dovrei neanche porvi questa domanda, perché la risposta è di una semplicità estrema: ciò accade perché la vibrazione dell’archetipo permanente, come avevamo affermato, è costante nel suo richiamo, è sempre presente in tutto il Cosmo soggetto alla sua vibrazione e non ha mai un cedimento o una variazione d’intensità, ma possiede una forza tale che tutta la realtà che attraversa tende – spesso in maniera totalmente inconsapevole ma non per questo meno decisa e determinata – ad adeguarsi a essa, “sentendo” che soltanto adeguandosi nel modo più perfetto a essa riuscirà a trovare quel giusto percorso che la porterà alla meta così poco compresa quanto tanto agognata.

Tutto questo insieme di considerazioni, però, all’osservatore attento potrà sembrare qualcosa che non solo non spiega la domanda che ci eravamo fatti (ve la ricordo: “perché l’uomo, spesso, tende a maltrattare il proprio corpo fisico, pur essendo esso indispensabile alle sue esperienze evolutive?”) ma sembra addirittura, dal punto di vista logico, contraddire tutto quanto siamo andati affermando a questo punto.

Se, infatti, il massimo bene per il corpo fisico consiste nell’essere nelle migliori condizioni possibili per poter fare esperienza e l’uomo incarnato cerca di adeguarsi costantemente ai richiami dell’archetipo permanente corrispondente, perché alcuni tendono a essere distruttivi nei confronti del proprio corpo, spesso addirittura in maniera letale? Vito

Facciamo una prima osservazione cercando di sottolineare un punto che – intrisi come siete di moralismo a buon mercato e di “buonismo a oltranza” – vi lascerà perplessi se non addirittura oltraggiati o sconcertati: non stiamo parlando dell’archetipo permanente del bene, toglietevi dalla mente questa concezione, perché non corrisponde alla realtà!

Stiamo parlando dell’archetipo permanente bene/male, quindi di un archetipo riguardante, a prima vista, quella che è una apparente dicotomia o dualità che, invece, al di fuori della percezione soggettiva e della relatività non esiste affatto: il bene e il male non sono due concetti separati e opposti, ma sono un unico concetto complementare e nell’archetipo permanente sono presenti – come avevamo già detto, se non vado errato – tutte le variazioni di percentuale tra il bene e il male ma la somma delle due percentuali tende a manifestare sempre il cento per cento della vibrazione emessa dall’archetipo permanente.

Immagino che per voi sia abbastanza difficile capire questo concetto, dal momento che è così difficile anche per me trovare le parole adatte per riuscire a farvelo comprendere, anche perché siete abituati dai condizionamenti che influiscono sulla vostra vita a considerare il bene come la meta da raggiungere e il male come la cosa da evitare.

Il fatto è che l’archetipo permanente che stiamo esaminando non vi sussurra in continuazione: “tendi al bene e rifuggi il male”! Questo lo dicono le vostre religioni o le regole delle vostre società. Vi dice, invece, di arrivare a consonare con la totalità della vibrazione dell’archetipo bene/male, qualunque sia la percentuale di bene o di male che vi troviate a sperimentare.

Questo perché la somma dei due elementi finisce col dare comunque cento, ma questo significa qualcosa di più di una semplice operazione matematica, di un semplice mutare di percentuale tra i due fattori: significa, invece che se, nelle vostre esperienze, raggiungeste – per assurdo – il cento per cento del male ciò non vorrebbe dire che siete totalmente malvagi ma vorrebbe dire che, avendo compreso il cento per cento del concetto di male avrete, di conseguenza, compreso anche il cento per cento del concetto di bene, trascendendo la dualità e vibrando all’unisono con la vibrazione emessa dall’archetipo permanente bene/male.

Mi rendo conto che questo discorso, dal vostro punto di vista, possa sembrare molto pericoloso in quanto può servire all’individuo per cercare di giustificare di fronte a se stesso o agli altri qualsiasi “azione malvagia” si trovi a compiere.

Ma vi ricordo che stiamo parlando in termini assoluti, in termini, quindi, di adeguamento della vostra coscienza all’Assoluto stesso e nell’Assoluto, per sua stessa definizione, non è presente solo il bene nella sua forma più estesa ma è presente anche la totalità del male, ed essi sono due elementi non antitetici ma complementari, necessari per comprendere la Realtà.

Ritornando alla nostra domanda di partenza la risposta che è possibile dare è, in fondo, abbastanza semplice: se il massimo bene per il corpo fisico costituisce la sua condizione ottimale, grazie alla quale è possibile usare al meglio tutti gli strumenti che si possiedono e, perciò, ricavare i migliori frutti dall’esperienza che si sta vivendo, essere autodistruttivi o, addirittura, distruggere il proprio corpo fisico significa ugualmente ricavare il massimo dall’esperienza che si sta vivendo; in parole povere:

una grande bontà fa procedere nell’evoluzione l’individuo allo stesso modo di una grande malvagità: da entrambe le situazioni egli può ricavare il cento per cento della comprensione richiesta dall’archetipo permanente bene/male pur percorrendo due vie apparentemente inconciliabili ma che, in realtà, gli daranno la comprensione non di un solo polo della vibrazione emessa dall’archetipo permanete, bensì di entrambi i poli e, in conseguenza di ciò, la sua vibrazione sarà pienamente consonante con l’archetipo stesso. Scifo

Naturalmente, per necessità di spiegazione, chi mi ha preceduto ha usato la tecnica dell’assurdo per spiegarvi dei concetti di base: sapete benissimo che nella realtà non esiste l’individuo che sia al cento per cento aderente con il bene o al cento per cento aderente con il male e, non solo: in base a quanto abbiamo detto ciò non sarebbe neppure possibile, dal momento che comprendere il bene al cento per cento significa comprendere al cento per cento anche il male.

Come accade, allora, che questo benedetto corpo fisico, pur così evidentemente necessario e indispensabile all’essere umano non solo ai fini evolutivi e per fare esperienza, ma anche semplicemente per vivere i suoi giorni venga con tanta facilità vessato e menomato da comportamenti nocivi?

Più dettagliatamente: se è vero – com’è vero – che l’archetipo permanente sia nel suo aspetto “bene” che nel suo aspetto “male”, stabilisce che il corpo fisico è, comunque, indispensabile alla comprensione della Realtà da parte dell’individuo, come può accadere che la vibrazione che l’archetipo permanente in continuazione e con estrema costanza trasmetta non induca l’individuo a tenere il proprio corpo fisico come se fosse la cosa più preziosa che possiede, quindi da proteggere e da salvaguardare da ogni possibile danno? Ombra

 È importante ricordare che le vibrazioni emesse con costanza e uniformità da un archetipo permanente in tutta la realtà del Cosmo costituiscono una sorta di “canto delle sirene” che indica la via da percorrere e le mete da raggiungere per ogni individuo incarnato.

Il problema è, però, che, non essendo ancora state raggiunte, queste mete non sono comprese dalla coscienza, dal sentire dell’individuo, né appaiono chiare alla consapevolezza dell’uomo immerso nella materia del piano fisico, ma risuonano come un richiamo subliminale a cui l’individuo non può sottrarsi, dal momento che le vibrazioni dell’archetipo permanente sono così forti e sottili da pervadere tutta la materia che riveste l’individualità incarnata.

Questa non può sottrarsi al “canto delle sirene”, in quanto esso non è qualcosa di veramente esterno, bensì qualcosa che è strettamente intessuto con il suo essere e, perciò, gli appartiene, e, se ci pensate bene, quanto ho appena detto richiama con evidenza il concetto che più volte nel tempo vi abbiamo presentato, ovvero che non vi è nulla da scoprire, in realtà, da parte dell’individuo, ma che si tratta “solamente” di acquisire la consapevolezza di ciò che egli già possiede al proprio interno.

Senza alcun dubbio potreste affermare che quanto abbiamo appena detto significa che gli archetipi permanenti, alla fin fine, si rivelano non essere altro che degli ennesimi condizionamenti (i primi e i più imprescindibili) che condizionano il cammino evolutivo di ogni individuo, e non si potrebbe non dirvi che avete ragione!

Inoltre, i concetti che vi ho appena esposti potrebbero anche dar fastidio a quelli tra di voi che sono strettamente legati all’idea della propria supposta libertà e che si ritengono fautori e difensori a spada tratta del libero arbitrio dell’uomo.
E, tutto sommato, ancora una volta non potremmo fare altro che dire che avrebbero ragione, almeno dal loro punto di vista.

D’altro canto io penso che non sia concepibile, a nessun livello, una costituzione della Realtà priva di qualsivoglia condizionamento: a ben veder l’esistenza stessa dell’Assoluto può essere concepita, in questa visuale, come condizionante in maniera determinante dell’intero esistente e quindi, a maggior ragione, del modo in cui l’individuo conduce il proprio percorso evolutivo… Scifo

Dal ciclo Sfumature di sentire 2002-2007

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1 commento su “L’archetipo nel suo aspetto “bene” e nel suo aspetto “male” 3 [sf26]”

  1. Cresciuti con l’idea che Dio è buono, così come nella bibbia viene fatto affermare a Gesù, contro ogni evidenza empirica constatabile ogni secondo, restiamo un po’ sballottati e sgomenti dalle affermazioni delle guide.

    Ma tanto eravamo già sballotrati e sgomenti dall’assurdita’ dell’enunciazione di Gesù, o meglio a lui affibbiata da chissà quale testimone e poi traduttore, per cui è nella nostra condizione umana quella di essere sgomenti.

    Uso il plurale maiestatico ed esprimo un po’ di rabbia per tutti sti sballottamenti che forse fa bene chi non segue nessuna via ma tira a campare per come può. Ma anche lì non c’è gran margine di scelta.

    Bene, buon natale, nel senso che le giornate si allungano dopo il recente solstizio.

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